mercoledì 31 luglio 2013

PROSEGUE "L'INTENSA ATTIVITA' LEGISLATIVA" IN PARLAMENTO

 A.C. 1023
BURTONE: "Istituzione della Giornata in ricordo delle persone decedute o rese disabili a causa di vaccinazioni" (1023)

Stampato il 30-07-2013

A.C. 1103
CECCONI ed altri: "Istituzione della Giornata nazionale della consapevolezza sulla morte perinatale" (1103)

Stampato il 31-07-2013

CONCETTO UNIVERSALE E CONCETTO OPERATIVO, IL LINGUAGGIO DELLA PUBBLICITA' E LA POLITICA DEL CONSERVATORISMO

Con l'approssimarsi del nuovo millennio fino ad oggi, si è dato adito ad un nuovo totalitarismo che si discosta da quelli di stampo fascista, nazista o stalinista. Potrà sembrare un giudizio pungente e forse un po' esagerato, ma viviamo in un totalitarismo impercettibile che richiede un notevole sforzo intellettuale e critico per poter essere decodificato fino alle sue ramificazioni determinanti, inoltre ha una configurazione che lo contraddistingue da quelli precedenti, perché ha mutato i mezzi di repressione, molto più sottili, sprezzanti della violenza fisica e agenti come delle eminenze grigie, ma nel contempo si profila, ricalcando i vecchi totalitarismi, come una forma di amministrazione totalizzante e pervasiva con un unico fine. Quest'ultimo è perseguito da un governo oligarchico borghese che mira a uniformare tutte le diversità e le contrapposizioni alla propria ideologia di carattere capitalistico, non tollerando e sottoponendo ad autorepressione "anomalie" e "aberrazioni" da un comportamento, un modo di pensare e di parlare omologati. In questo articolo verrà esaminato un aspetto del totalitarismo in questione che riguarda l'utilizzo funzionale e metodico che questo nuovo "Sistema" o "Potere" capitalistico, come lo definirebbe Pasolini, fa del linguaggio (deformandolo), oltre ad identificare delle eventuali connessioni col nuovo modo di fare politica oggi, in particolare in Italia.
Immanuel Kant, nella sua opera "Che cosa significa orientarsi nel pensiero", pubblicata in risposta alla polemica avviata da Jacobi sul panteismo nel 1785, tratta della libertà di pensiero in relazione alla libertà di comunicare:

"Alla libertà di pensiero si contrappone in primo luogo la costrizione sociale. In realtà si è soliti dire che un potere superiore può privarci della libertà di parlare o di scrivere, ma non di pensare. Ma quanto e quanto correttamente penseremmo, se non pensassimo per così dire in comune con altri a cui comunichiamo i nostri pensieri, e che ci comunicano i loro ? Quindi si può ben dire che quel potere esterno che strappa agli uomini la libertà di comunicare pubblicamente i loro pensieri, li priva anche della libertà di pensare, cioè dell'unico tesoro rimastoci in mezzo a tutte le imposizioni sociali, il solo che ancora può consentirci di trovare rimedio ai mali di questa condizione."

Dunque questo passo deve essere contestualizzato nel periodo storico in cui Kant viveva, caratterizzato dal cosìddetto "Dispotismo Illuminato", una forma di governo di carattere assolutistico mitigata da una sorta di paternalismo che concedeva ai sudditi un limitato margine di libertà di pensiero ed espressione, chiedendo in cambio che non fosse messa in minima discussione la monarchia. Ebbene Kant percepisce queste concessioni come precarie, in quanto è consapevole che, qualora i sudditi stessi dovessero trascendere il contesto inoppugnabile entro il quale sono garantite queste libertà, il despota non esiterebbe un momento a revocarle inesorabilmente, privando anche lui stesso della possibilità giuridica e pratica di esercitare la sua attività di filosofo.
Per kant, se non possiamo comunicare ("mettere in comune") i nostri pensieri, sollecitandoli al fecondo dinamismo proprio del dialogo, allora questi rimangono statici e rigidi, senza una vera e ricca articolazione, pertanto oggi possiamo attualizzare questa "costrizione sociale" che impedisce la comunicazione, non concependola solo come una proibizione fisica dell'atto del parlare, bensì come un'esasperazione della comunicazione medesima, intesa nella sua forma svilente di trasmissione di messaggi pubblicitari, e inoltre come una deformazione di quella facoltà fondamentale che ci permette di esprimere i nostri pensieri tramite proposizioni, il linguaggio (la parola). Tralasciando temporaneamente il linguaggio pubblicitario, che costituisce una delle cause della degradazione della parola, la domanda è in che senso questa nuova forma di "costrizione sociale" snaturi la parola stessa.
Aristotele per primo distingue la dialettica dall'analitica, concentrandosi maggiormente sulla definizione della proposizione formale in tutte le sue parti costituenti, pertanto chi meglio di lui ci può appoggiare nell'illustrazione del cambiamento in cui è incorsa la parola all'interno della proposizione, quindi nel tracciare il nuovo ruolo che ha assunto il concetto all'interno della frase.
Il Capitalismo si contraddistingue principalmente perché privilegia la sua propaggine economica, servendosi della cultura e della politica, per esempio, come sovrastrutture per legittimare il suo dominio e il suo controllo totalitario; dunque la parola non fa eccezione, la frase formalmente è l'unione di un soggetto e di un predicato e, secondo Aristotele, si fonda sui principi di non-contraddizione, di identità e del terzo escluso, in più, il sillogismo ne riflette l'articolazione in un ragionamento che connette varie proposizioni formali che si distaccano totalmente dalla materia e che, partendo da premesse certe, pervengono a conclusioni altrettanto certe.
Per Aristotele la proposizione unisce un soggetto e un predicato formali, tuttavia la separazione che opera fra analitica e dialettica non può sussistere, perché indubbiamente, quando noi pensiamo, rappresentiamo nella nostra mente qualcosa di reale e materiale che Aristotele stesso separa dal pensiero formale (la logica) e che certamente instaura delle relazioni con i nostri concetti i quali, tramite le parole, riescono a rappresentare ciò che percepiscono dall'esperienza sensibile. Di conseguenza, il soggetto corrisponde al concetto che successivamente si identifica con le relazioni che i predicati o attributi gli assegnano, mantenendo allo stesso tempo una certa estraneità da questi, in virtù del suo carattere di sostanza che funge da sostrato delle relazioni stesse e che trascende i loro significati specifici. In breve il concetto all'interno di una proposizione è identico rispetto ai suoi predicati e attributi e nel contempo differente, perché trascende il suo significato specifico (valenza denotativa), comprendendo organicamente in sé una moltitudine di significati altri (valenza connotativa). In conclusione il concetto, di norma, dovrebbe essere "universale", quindi comprensivo di più significati, e non "operativo", ovvero funzionale e ridotto univocamente ad una sola valenza imposta dal "Sistema" che così ha stabilito.

Per esempio la frase "la crescita è fondamentale per l'Italia", calata nel contesto in cui di solito viene ascoltata in TV (contesto economico, è spesso abbinata a produttività, occupazione, PIL e ad altri innumerevoli e sterili indici economici), collega al concetto "crescita" il predicato "fondamentale". Se analizziamo il concetto di "crescita", ci accorgiamo che ad esso viene affibbiato un univoco significato di "sviluppo economico", scartando il suo significato transitivo, comprensivo di valori come la crescita culturale, politica, sociale, spirituale, esistenziale ecc.

Herbert Marcuse, nella sua opera "L'uomo a una dimensione", sottolinea quest'uso studiato del linguaggio mutilato della comunicazione menzionando gli universali, ovvero quei concetti astratti di vitale importanza per una filosofia critica, come "Io", "Coscienza", "Mente", "Volontà", "Dio", "Spirito" ecc., che impegnano l'uomo ad interrogarsi continuamente sul loro significato e sulle loro molteplici caratteristiche. Se la filosofia in passato, quindi l'uomo in generale, si interrogava sulle varie sfaccettature di significato di questi termini, adesso si è preferito accantonare questi concetti per sostenere un linguaggio comunicativo-pubblicitario che uniforma politica e marketing, all'insegna dei concetti operativi che condensano in sé un significato unico e strumentale. Tutti i concetti di cui ci avvaliamo sono concetti menomati, perché operativi: hanno in sé il significato pragmatico e strumentale, già precostituito dalle élite di interessi costituiti che si servono della politica e della propaganda pubblicitaria per manipolare i cittadini-sudditi, asservendoli al sistema del feticismo della produttività e del lavoro massacrante e alienante. Ci propinano un concetto falso e univoco di "crescita" economica, pertanto viviamo in un mondo ad una dimensione "economica", per l'appunto,  che non controlliamo e che ci appare inoppugnabile, oltre che incomprensibile.

Non dobbiamo permettere a slogan pubblicitari-politici, come "il lusso è un diritto", "l'uomo è una macchina" o "crescita, lavoro e produttività", di precluderci il nostro diritto ad un modo di pensare, di parlare e comportarsi alternativo, così come dobbiamo ritagliarci uno spazio privato di riflessione, al riparo da pubblicità, TV, computer, videogames ecc., che ci permetta di pensare e articolare concetti universali e di prefiggere fini personali che siano diversi da quelli di un sistema che divulga e instilla, violentemente e in maniera impercettibile, i suoi concetti mutilati e univoci di "crescita", "lavoro", "vita", "famiglia", "felicità", "comportamento", "parola", "pensiero" e così via, e propone inoltre fini come un lavoro stabile, monotono, produttivo e ben retribuito, una famiglia convenzionale devota al consumo, rapporti sociali formali, una vita appartata e in docile conformismo con il diktat dell' ideologia capitalistica. L'astrazione, come componente essenziale del concetto e nel suo doppio valore ideale e storico, è uno dei segreti per mantenere una certa libertà di pensiero, oltre che d'espressione, perché Kant ha ragione quando sostiene che senza la libertà d'espressione, quindi senza la possibilità di comunicare i propri pensieri, noi siamo dei bruti al servizio di un sistema che vuole prostrarci.

"Gli oggetti eterni sono... per loro natura, astratti. Per "astratto" io intendo che quel che un oggetto eterno è in sé -come dire la sua essenza- è comprensibile senza riferimento a qualche esperienza particolare. Essere astratto significa trascendere l'occasione particolare dell'avvenimento presente. Ma trascendere un' occasione presente non significa essere staccato da essa. Al contrario, io tengo per fermo che ogni oggetto eterno ha la sua propria connessione con ogni occasione particolare, connessione che io definisco il suo modo di penetrare in quell'occasione. Lo status metafisico di un oggetto eterno si può quindi definire dicendo che esso rappresenta una possibilità per un'attualità. Ogni occasione attuale si caratterizza secondo il modo in cui dette possibilità si sono attuate in quell'occasione."
La Scienza e il Mondo Moderno, Whitehead

                                                                                                                              Ugo Giarratano

martedì 9 luglio 2013

DALLA RICHIESTA DI SPOSTAMENTO DELLE SPOGLIE DI VITTORIO EMANUELE III NEL PANTHEON ALLE CONSULTAZIONI ONLINE PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

Purtroppo la valutazione critica del costituzionalista Gustavo Zagrebelsky è esatta: in Italia il Parlamento sta assumendo sempre di più un ruolo marginale, venendo di fatto esautorato da un governo (PD-PDL) che sta spingendo la nostra Repubblica democratica verso una vera e propria "deriva oligarchica". L'esecutivo sta acquisendo un graduale e ascendente predominio rispetto al Parlamento, ricorrendo spesso ai decreti-legge che sono emanati dal Consiglio dei Ministri e richiedono la convalida del Parlamento al termine di 60 giorni e ai decreti legislativi che invece sono autorizzati dal Parlamento preventivamente e mirano a risolvere una problematica urgente con delega all'esecutivo. Dunque il fatto che questo ricorra ai decreti legge o ai decreti legislativi non è motivo di critica, ma il loro utilizzo frequente e incline a soverchiare il potere del Parlamento lascia perplessi ed è sicuramente sospettoso: il Presidente del Consiglio Letta ha dichiarato più volte che, visto l'impedimento avanzato dalla Corte Costituzionale in merito all'incostituzionalità dell'abolizione delle province, il governo prossimamente darà la delega alla Commissione Affari Costituzionali per la discussione di un disegno di legge che depenni dalla Costituzione la parola "province", com'è possibile che l'esecutivo possa raggirare la Corte Costituzionale, nonché l'istituzione della "separazione dei poteri", in maniera così sfrontata e senza che questa susciti la pubblica indignazione ? Inoltre il governo sui generis Letta prossimamente emanerà un decreto legge per una rapida approvazione dell'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, sopperendo ad un'eventuale operazione di ostruzionismo del Parlamento che viene definito da Letta stesso "lento"(http://tiananmen84.blogspot.it/2013/06/disegno-di-legge-sull-abolizione-del.html, ricordiamo  che molto astutamente l'abolizione totale del finanziamento dovrebbe entrare pienamente in vigore dal 2017, nel frattempo i partiti possono usufruire dei compensi erogati dai privati oltre ad una percentuale in progressiva diminuzione del normale finanziamento pubblico).
A darci l'illusione di partecipare all'iter delle riforme costituzionali, che si sta svolgendo in totale contravvenzione alla Costituzione che prevede la normale procedura dell'articolo 138, http://www.senato.it/1025?sezione=139&articolo_numero_articolo=138 (la commissione di esperti non eletti dalla cittadinanza, di chissà quale affiliazione politica o di altra specie, in questo momento sta discutendo delle eventuali riforme costituzionali senza che noi cittadini vi abbiamo dato la delega) provvede l'apertura del sito www.partecipa.gov.it che permette a chi volesse di interloquire tramite computer, attenzionando eventuali spunti di riflessione per il cambiamento della Costituzione. La democrazia nasce sicuramente come governo del popolo e per il popolo, tuttavia questo non deve implicare che il popolo, in quanto formato per la maggioranza da massa acritica, sia in diritto di modificare la Costituzione direttamente, perché questa nasce come insieme di principi fondamentali che tutelano il popolo stesso quando si trova in un periodo di crisi come il nostro, assurgendo nel contempo a modello da perseguire nei momenti di smarrimento o di confusione. In conclusione, si sta oscurando un attentato alla Costituzione che viene camuffato da "rinnovamento" dell' "intelaiatura costituzionale", ritenuta, ancor prima del fallimento dei nostri pseudopolitici privi di idee rivoluzionarie e chiare, di morale e di etica pubblica, l'unica responsabile di questo presunto intoppo nel meccanismo parlamentare, nonché della crisi economica.
Siamo noi che diamo valore alle istituzioni, sono i politici che le devono sostenere, rispettare e valorizzare, pertanto se il Parlamento viene reputato "lento", la causa deve essere rintracciata nell'inettitudine, nell'incompetenza, nell'irresponsabilità e nell'indifferenza di chi ne fa parte, invece di additare il Presidenzialismo o il ridimensionamento della magistratura come le soluzioni essenziali della crisi.
A riprova dell'ignoranza storico-culturale e dell'incapacità politica dei nostri presunti rappresentanti, fra i tanti disegni di legge che, se letti, susciterebbero le risa di chiunque, perché dimostrano la distanza dalla realtà, ne figura sul sito della Camera uno che propone lo spostamento delle spoglie di Vittorio Emanuele III nel Pantheon: in breve, dopo l'abrogazione del titolo XIII della Costituzione che sanciva l'esilio perpetuo dei Savoia dall'Italia, vi è ancora qualcuno che desidera che Vittorio Emanuele III sia seppellito in Italia, lui che si è reso promotore dell'ascesa di Mussolini e del Fascismo, responsabile delle leggi razziali del 1938, di tutte le abominevoli brutalità del regime, dell'esilio di innumerevoli intellettuali antifascisti e dell'assassinio di gran parte di loro, della fine della democrazia liberale, dell'entrata in guerra e protagonista della vigliacca fuga a Brindisi, mentre la popolazione italiana doveva patire i supplizi e gli eccidi di massa della Wermacht. Invece di pensare a riformare la Costituzione che è già stata infangata e privata del suo valore storico, occorre oggi più che mai appoggiare la nostra Carta Costituzionale, perché è stata delineata nei suoi fondamenti col sangue dei nostri partigiani.

(qui sotto il vergognoso disegno di legge)
A.C. 332
CATANOSO GENOESE: "Autorizzazione alla sepoltura delle salme dei Re d'Italia Vittorio Emanuele III e Umberto II nel Pantheon in Roma" (332)
http://www.camera.it/leg17/141
Stampato il 03-07-2013

Ugo Giarratano





venerdì 5 luglio 2013

RECENSIONE LIBRI

 
QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO OPERATORE
 
Disarmante: se mi si chiedesse di attribuire un epiteto a quest'opera, sicuramente direi che è un'opera che ti sconvolge, e non sarebbe una novità rimanere sgomenti dopo la lettura di uno scritto di Pirandello. Non è un caso che il termine "Pirandelliano" sia entrato nel vocabolario italiano con l'accezione di "contraddittorio" e "grottesco", infatti questi sono i 2 topoi, elementi ricorrenti, che soggiacciono alla trama e di cui si serve Pirandello per demistificare la realtà che ci circonda, in particolare le ipocrisie e l'aggregato di forme che caratterizzano noi stessi e le relazioni sociali.
Luigi PirandelloLa storia narra di un "operatore" che lavora per una casa di produzione cinematografica, incaricato di girare la manovella di una cinepresa per riprendere le scene, tuttavia questo lavoro alienante viene criticato aspramente da Pirandello che con uno stile espressionista (molto espressivo) ne denuncia le contraddizioni e le anomalie: Serafino arriverà a dire di sentirsi una "mano", perché in presenza della cinepresa si sente un mezzo, una cosa, un'appendice della macchina stessa che lo pone in una condizione di soggezione e sottomissione. L'uomo, che dovrebbe essere il padrone del suo mondo tecnologico, ne diviene lo schiavo, oppresso da una società che eleva la tecnologia a mezzo di cristallizzazione della vita, infatti Gubbio stesso dirà che la meccanizzazione della vita sociale ci ha reso delle forme rigide, delle maschere o, ancora meglio, degli individui che camuffano le loro emozioni dietro fittizie immagini di sé, talmente totalizzanti che alla fine ci si chiede quale sia la propria identità se l'idea che abbiamo di una persona varia in base al nostro stato d'animo o all'opinione altrui. Gubbio incarna anche il punto di vista dell'autore stesso che sottolinea la condizione dell'intellettuale (Gubbio infatti ha studiato lettere), sempre più emarginato ed estraneo alla società, nella quale trova collocazione solo come "operatore", come tecnico al servizio della tecnologia e del denaro. L'ampia critica che Pirandello rivolge alla tecnologia occupa la parte iniziale dell'opera: è messa in evidenza soprattutto la sua capacità di accelerare il tempo, modificando la percezione che noi abbiamo di esso, pertanto l'uomo moderno non ha più la possibilità di fermarsi e riflettere sulla morte, sulla vita o anche su se stesso, perché viene predisposto alla logica del progresso, dell' "impassibilità", dell'apparire, è continuamente sollecitato a non rielaborare le sue esperienze passate o a risolvere le sue problematiche esistenziali, perché è sempre distratto dalla velocità delle sue macchine, dalla forma, dall'ansia di soddisfare gli altri, senza mai mostrare le sue debolezze.
Il "silenzio di cosa", questa è la via che sceglie Gubbio: non riuscendo a barcamenarsi nella fitta rete di forme che lo condizionano, preferisce rimanere impassibile, non provare più alcuna forma di sentimento che possa scardinare il sistema di forme sul quale la società si fonda, infatti, dopo una serie di peripezie, fraintendimenti, incomprensioni e digressioni filosofiche sulla vita, Serafino arriva alla conclusione che è meglio votare la propria esistenza al silenzio, perché nulle sono le possibilità di comunicare, perciò ognuno di noi è cristallizzato entro forme che mutano continuamente a seconda dello stato d'animo di chi le costruisce, rendendo di fatto inattuabile una reciproca comprensione (in virtù anche dell'inaspettato dramma finale...).
Secondo Pirandello, noi ci costruiamo le nostre forme, moduliamo la materia, ciò che percepiamo e assimiliamo, secondo le nostre emozioni che attribuiscono un significato soggettivo alla realtà, proprio per questo motivo Serafino critica la tecnologia (la cinepresa), perché fissa la realtà e ci illude di poterla dominare, scattando una foto a noi stessi ci illudiamo di realizzare chi siamo, quando invece non ci accorgiamo che, nel momento in cui abbiamo dinanzi a noi la foto, è trascorso del tempo e noi siamo cambiati, perché la vita è un continuo divenire e quella foto ha solo immobilizzato un attimo effimero della nostra esistenza. Serafino prende atto della realtà: o continuiamo a illuderci di essere delle persone fisse con un'identità unitaria, pur essendo consapevoli di non esserlo, oppure ci "guardiamo vivere", preferendo condurre un'esistenza di alienati che tentano sempre di conoscersi, quindi di ingabbiarsi in forme rigide. "Conoscersi è morire", afferma Pirandello ne "La Carriola", nel momento in cui noi ci guadiamo indietro e tentiamo di capire chi siamo riferendoci al passato, abbiamo un'immagine di noi stessi che non esiste, che è morta, perché quella forma è ritratto di esperienze già avvenute.
I personaggi sono molto vicini alla nostra sensibilità, perché continuamente macerati da un contrasto interiore fra forma e vita, fra l'immagine che gli altri hanno di noi e che non vogliamo infrangere e le nostre esigenze immediate e in continuo mutamento e contraddizione con la forma che gli altri ci affibbiano. Serafino è innamorato di Luisetta, ma non riesce a modificare l'immagine che lei si rappresenta di lui, ovvero di un semplice "operatore", povero e sottoposto a lei nella gerarchia sociale. La Nestoroff è costantemente preoccupata di non incrinare l'immagine che i suoi ammiratori hanno in mente di lei, così da evitare di mettere in mostra le sue debolezze e sofferenze e poter continuare a sembrare una donna fredda e impossibile.
Gubbio si sente sempre più una cosa. Il suo graduale processo di reificazione, viene chiamato "Si gira" come se non esistesse, è marcato dalla ripetitività del suo lavoro alienante, sempre uguale e così monotono che ci sembra così vicino alle odierne professioni impiegatizie o alle "catene di montaggio", in cui gli operai devono riprodurre sempre gli stessi movimenti, ogni giorno e senza possibilità di realizzarsi come esseri umani dotati di creatività e libertà.


Ugo Giarratano

 
 
 


martedì 2 luglio 2013

PD: verso il Congresso

Barca ospite su La7 a "In Onda": cambiare il partito per cambiare il paese

"Crisi del PD conseguenza di errori che si succedono da vent'anni"

2/07/13:Seconda puntata del programma a sfondo politico "In Onda estate" condotto da Luca Telese, sostituto estivo del rinomato programma di Lilli Gruber "Otto e Mezzo"; ospiti della serata il concorrente alla Segreteria del PD (anche se non ancora dichiarato) Fabrizio Barca ed il giornalista dell'Espresso Marco Damilano. Il tema della serata è il Partito Democratico: tra crisi, sconfitte, correnti e giochi di potere, cosa c'è da fare? Questa la domanda per Fabrizio Barca che, ormai da più di un mese compie il suo viaggio tra i circoli di tutta Italia per esporre le sue idee per il nuovo partito. Il PD, sull'onda dei nuovi sondaggi favorevoli e a causa dei continui contrasti nella maggioranza, si è ormai avviato al toto nome per il candidato alla segreteria: Cuperlo (sostenuto da D'Alema), Civati, Fassina, Epifani, Renzi, ed i possibili Barca e Serracchiani. Come sempre la lotta e la discussione alla fine sfocia più sui nomi che sulle idee, con la speranza che da qui a 30 o 60 giorni, come afferma Barca, si mettano sul piatto documenti e idee. Per il momento si discute sulle regole per l'elezione. Renzi vorrebbe mantenerle, in questo modo la figura del Segretario e del Candidato coinciderebbero e inoltre tutti i cittadini potrebbero partecipare alle primarie del partito.
Avvisi diametralmente opposti arrivano dagli altri esponenti del PD, i quali raffreddano gli entusiasmi del Sindaco di Firenze, ribadendo che in questo momento le 2 figure vanno separate in quanto vi è già il Governo Letta e quindi non vi è la necessità di un candidato; da qui l'invito,di Massimo D'Alema a Matteo Renzi, a candidarsi solo alle primarie per il candidato Premier. Soprattutto oggi la polemica si riaccende a causa delle ultime dichiarazioni del Sindaco: "In privato tutti mi dicono: Matteo, stai buono, ti facciamo fare il candidato premier. Stai buono, che poi tocca a te. Insomma: un bambino bizzoso cui si promette la caramella se non piange. Signori, conosco il giochino: i capicorrente romani prediligono lo sport del tiro al piccione. E io sinceramente non ho molta voglia di fare il piccione"; e ancora "Il PD deve affrontare i problemi degli italiani, non giocare con le alchimie delle regole (che peraltro ci sono già, basta applicarle!)". Da questa vicenda si apre l'analisi dell'abile Marco Damilano che compie un parallelismo tra il candidato del 2007 Walter Veltroni ed il Sindaco di Firenze, vedendo ripetersi la il disastro Veltroniano, il candidato di tutti poi accoltellato alle spalle al primo ostacolo. Ma l'analisi di Fabrizio Barca sfocia in una visione nella quale la Sinistra ha compiuto errori da più di vent'anni. Il PD vive una crisi poiché, a detta di Barca, manca sin dalla sua fondazione una struttura forte che non si è mai costituita, ma ha solo ereditato le vecchie basi dei Democratici di Sinistra e della Margherita: "Il PD possiede  dei potenziali e delle risorse umane che non vengono sfruttate adeguatamente", queste le parole dell'ex ministro per la coesione territoriale.
 Luca Telese perde le redini del programma e ci pensa Marco Damilano a porre le domande giuste, incalza l'ex ministro su temi e azioni, l'invito è quello di candidarsi apertamente e di stilare un documento così da non far spegnere la fiammata di partecipazione a favore del tour di Barca per cambiare il partito, il quale però non si sbilancia e non annuncia la sua candidatura. Tornando all'analisi strutturale l'ex ministro designa 2 sostanziali problemi a cui bisogna trovare soluzione, la quale può però portare in 2 direzioni totalmente diverse: o il problema è strutturale e di organizzazione e quindi bisogna ricostruire il partito con dei punti cardine e mobilitare le risorse sul territorio, o il problema è una crisi di autorità causata dalle correnti alla quale bisogna rispondere con la consegna di maggior potere nelle mani del leader arrivando al Presidenzialismo. Barca ribadisce le basi sulle quali si fondò il PD nel 2007, ovvero sul modello americano del grande partito democratico nel quale periodicamente si eleggono tramite primarie i candidati alle cariche da rincorrere, pensando come vincere a livello nazionale e non nel proprio giardino di partito. L'errore è però quello di non aver assimilato l'efficiente struttura america che condivide punti anche con il grande partito Socialdemocratico tedesco. Infatti la discussione in quei casi riguarda i candidati leader, invece la segreteria, lontano dai riflettori, lavora per mettere sul piatto temi e idee, avendo uno stretto contatto con il territorio e quindi con sindacati, associazioni studentesche, insegnanti, lavoratori ecc. Questo è ciò che manca al Partito a detta di Fabrizio Barca. L'auspicio è che finalmente il Partito Democratico trovi una struttura condivisa alla quale bisogna tener fede, senza eliminarsi a vicenda a causa di giochi di potere tra fratelli, lo sport preferito della Sinistra Italiana.

Giorgio Mineo



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