Se non c'è la Destra, se non c'è la Sinistra
Le primarie del
centro-sinistra per la selezione del candidato sindaco di Agrigento hanno
incoronato il forzista Silvio Alessi, patron dell’Akragas calcio. Tale vittoria
sancisce l’ammucchiata tra le due (in teoria) forze alternative della destra e
della sinistra. Un tempo le divisioni di campo tra i due schieramenti erano più
nette e riconoscibili. Progetti, idee, soluzioni, visioni del mondo differenti
offrivano ai cittadini la reale possibilità di scelta per costruire il proprio
futuro seguendo l’una o l’altra parte. Oggi verrebbe da dire che non è più
così, sicuramente in Sicilia. Quando risulta normale candidare una persona
dello schieramento opposto, quando risulta normale far entrare nel proprio
partito i nemici di ieri allora viene da chiedersi: che differenza c’è? Quale
alternativa? Non stupiamoci poi se al richiamo alle urne i cittadini
preferiscono dedicarsi ad altro. Ma queste sono frasi demodé, richiami
nostalgici del passato; oggi la politica è de-ideologizzata direbbe qualcuno,
sono caduti i dogmi e i precetti che costituivano le due categorie, in favore
del pragmatismo delle soluzioni rapide e immediate ai problemi che il nuovo
secolo ci pone. Questa è la politica del ventunesimo secolo, questo il
traguardo raggiunto, il cambiamento, l’innovazione? Questa è la politica? La mia
risposta è assolutamente NO. La politica è desiderare qualcosa, auspicare un
cambiamento, perché il cambiamento contiene una promessa di progresso, nutre l’immaginazione
e lo spirito di iniziativa, stimola sogni e visioni. Non si può ridurre la
politica a mero passaggio elettorale privo di significato, in cui i candidati
che si susseguono non mostrano alcuna differenza, alcuna originalità, alcuna
visione della società. Chi vuole tutto ciò, chi vuole privare la politica della
sua bellezza, della sua forza non ha capito nulla. Questa delegittimazione
della politica porta con se interessi privati, clientelismo, scelte
improvvisate e senza scopo, testimone ne è la nostra amata regione Sicilia. La
tesi odierna che le ideologie sono morte, degenerate in frasi fatte, che magari
si possono utilizzare per ingannare le persone, ma che hanno perduto la loro
funzione rivitalizzante, suscitatrice e stimolatrice va ribaltata; i partiti
devono trovare la risposta alla crisi della rappresentanza. Si potrebbe
obbiettare che per risolvere i problemi servono soluzioni concrete,
pragmatiche; i sogni e le speranze sono solo illusioni, utopie irraggiungibili
e ingannevoli che non vale la pena di inseguire perché la realtà è un’altra. Ma
se fosse così? Se davvero non ci fossero più delle idee, delle visioni del
mondo e della società che contraddistinguono le forze politiche in campo,
allora potremmo dichiarare la morte della politica. Essa è scelta, essa è
cambiamento, essa è la risposta ai problemi di ogni giorno e a quelli futuri e
per essere tale non si può prescindere dalle idee, dai sogni, dai progetti,
dalle speranze, da uno scopo. Elementi che riporterebbero senso ai concetti di
sinistra e di destra. Senza ciò la politica è mera amministrazione. Non si può
guardare solo al presente e al contingente; è necessario che i partiti pensino
al futuro e per farlo è necessario che si prefiggano un obbiettivo, uno scopo
da raggiungere, un sogno che li spinga ad andare avanti, non dimenticando mai
la propria storia perché non si va da nessuna parte se si dimentica il passato.
I partiti devono ritrovare la loro vocazione per tornare a essere
rappresentativi. Il Premier svedese Olof Palme (1927-1986) diceva che bisogna
andare incontro al futuro con la conoscenza come strumento e la convinzione
come forza trainante, perché solo in tal modo si potrà affrontare la
complessità dei problemi. E il compito non sarà mai troppo ambizioso. Perché la
politica è desiderare qualcosa.
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