"VIAGGIO NEL ROMANZO VERISTA DI PIRANDELLO"
("I vecchi e i giovani")
"La gioventù ? Che poteva la gioventù, se l' avara paurosa potente gelosia dei vecchi la schiacciava così, col peso della più vile prudenza e di tante umiliazioni e vergogne ? Se toccava a lei l' espiazione rabbiosa, nel silenzio, di tutti gli errori e le transazioni indegne, la macerazione d' ogni orgoglio e lo spettacolo di tante brutture."
I vecchi e i giovani. Si può forse dire che la storia procede e si sviluppa per mezzo della dialettica vecchi - giovani. Sin dal Risorgimento Italiano l' opposizione tra queste due sfere ideali e storiche, interconnesse e consequenziali, eppure così diverse, si concreta nel contrasto fra "i vecchi", promotori e sostenitori del Risorgimento, con i valori e le idee che propugnavano, e "i giovani", ai quali "i vecchi" avevano lasciato delusione e costernazione, per via di un' Italia che la storia degli eventi aveva unificato, come spesso avviene infrangendo le premesse, in modo caotico.

Una polveriera sociale: questa è l' Italia del Risorgimento che Pirandello scruta con occhio critico. I motivi ricorrenti del suo romanzo sono quelli umorista-espressionistico e verista, sopra detti, quello filosofico-esistenziale e quello risorgimentale.
Il motivo del Risorgimento
Il romanzo ruota attorno alle insurrezioni, più o meno efferate, che scandiscono le torride giornate siciliane (Girgenti, Porto Empedocle...). Pirandello dapprima traccia un quadro complessivo dell' ambiente circostante Girgenti, della situazione dei solfarai sfruttati, dell' egemonia dei latifondisti ex borbonici e della nuova borghesia bancaria e imprenditoriale che si è insinuata approfittando del Risorgimento; in seguito ritrae quest' ultimo come un evento vissuto da pochi, da garibaldini principalmente per quanto riguarda la Sicilia, e intreccia la sua interpretazione della rivoluzione nazionale con la sua concezione filosofica della vita. Infatti le idee che avevano appassionato i fautori del Risorgimento erano manifestazioni di una realtà storica diversa rispetto a quella in cui sono narrati i fatti del romanzo, ambientato ai tempi dei fasci siciliani e dello scandalo della banca romana, quindi verso gli anni '90 dell' Ottocento. L' autore ambienta volutamente i fatti a rivoluzione ampiamente superata, perché vuole sottolineare quanto i valori, addotti come paradigmi di pensiero e azione, siano stati annichiliti nella realtà italiana postunitaria.
L' illusione che per molti ancora rappresentava il Risorgimento è evidente in Mauro Mortara, ex garibaldino, convinto che la causa della Patria sia stata spalleggiata e attuata pienamente. Vive nella villa di Don Cosmo Laurentano come custode della stanza del "Generale", responsabile, secondo lui, dell' insurrezione di massa del 1848 in Sicilia, culminata con la costituzione del Parlamento regionale. In realtà non sa che il "Generale" non mirava ad un' Italia unita, bensì alla formazione di uno staterello indipendente e sostenuto dalla casata spagnola. Roberto Auriti e Corrado Selmi incarnano la figura degli eredi falliti e frustrati del Risorgimento, impossibilitati ad agire in un contesto che è ben diverso da quello che avevano immaginato. I contadini sono descritti come dei bruti immiseriti da un lavoro massacrante e faticoso, devastati dalla fame e dalla povertà.
Il motivo filosofico-esistenziale
"La vita o si vive o si scrive, io non l'ho mai vissuta, se non scrivendola."
Pirandello lascia trasparire il suo pensiero arzigogolato, riguardo alla sua visione della vita, tramite i personaggi principali. Il nodo centrale del suo pensiero è rintracciabile nell' esperienza risorgimentale, ritenuta una prova palese della casualità e dell' anarchismo della vita che non si sottomette ad alcuna legge prestabilita. La vita è incontrollabile e imprevedibile, le idee propugnate dagli intellettuali risorgimentali dimostrano che, senza rapportarsi con la realtà esistente che si mira a trasformare, non si può intraprendere e ultimare una reale rivoluzione. L' Italia è una riprova della sua concezione, lo dice lui stesso quando critica la presunzione e la cecità di chi ha ritenuto che si potesse attuare una rivoluzione immediatamente, senza un processo di preparazione e sviluppo che implicasse l' educazione e il coinvolgimento consapevole delle masse popolari. Pirandello, in perfetto accordo con la sua filosofia, critica anche chi era convinto di soffocare il processo di sollevamento popolare, incapsulandolo dentro schemi concettuali fissi e immutabili. La composizione socio-economica dei fasci siciliani, movimento emerso per via dell' estrema povertà e miseria dei contadini siciliani, non nascondeva di certo influssi di carattere ideologico socialista e il fenomeno viene nettamente criticato dall' autore stesso che vede i Fasci come un' estesa torma di sfruttati risentiti e rancorosi, capeggiati da uno sparuto gruppo di presunti interpreti e garanti della volontà popolare. Ed ecco che s' innesta nella sfilza di eventi e personaggi la figura di "Don Propaganda", attempato signore, gobbuto e claudicante, che gira per la Sicilia al fine di iniziare i contadini siciliani alla causa socialista. Dunque il nocciolo del libro si identifica con un intricato groviglio di riflessioni filosofico-esistenziali e impressioni varie suscitate dal Risorgimento, indissolubilmente legate e interscambiate le une con le altre, per spiegare concetti astrusi come il dissidio forma-vita, la non-conclusione della vita, l' insensatezza della vita e così via. Il dissidio forma-vita è un concetto cardine dell' umorismo e della filosofia pirandelliani: la società siciliana dipinta da Pirandello è corrosa e cristallizzata da uno stile di vita prescritto e bloccato dalle forme sociali convenzionali, le cosìdette convenienze. Sono precetti di vita e obblighi imposti dal patriarca che coarta i propri figli ad adeguarsi e modellare i propri bisogni e desideri alla forma che si deve mantenere: il prestigio sociale, una famiglia ligia alla dottrina cattolica e praticante, un matrimonio combinato, ruoli familiari predeterminati, una moglie obbediente e remissiva, dei figli incondizionatamente rispettosi e passivi, una mestiere già deciso, gesti preparati, una vita falsa e artefatta. La famiglia, ma più in generale, la società che Pirandello descrive è soffocata e intorbidita dalle forme che non lasciano spazio all' eterno fieri della vita. Oggi più che mai una società del genere attiene allo scenario descritto dall' autore, modulandosi in base alla stessa dilaniante contrapposizione fra forma e vita. Per forma si intende uno stile di vita prefissato, dei fini programmati, un modo di pensare, parlare, comportarsi e agire preordinato e immutabile, incastonato nell' aggregato di forme entro cui si vuole confinare l' eterno fluire della propria vita: i propri bisogni e desideri, il proprio stile di vita, le propria morale ed etica, i propri scopi della vita, il proprio pensiero (auto-nomo), il proprio modo di esprimersi attraverso la fertilità della parola libera. Tutti valori, all' insegna dell' autonomia e dell' individualità, che si discostano dalle nuove forme che imperversano sulle società di oggi: famiglia consumistica, cattolicesimo perbenista, lavoro programmato, produttivo ed efficiente, ben retribuito e alienato, anomia (assenza totale di regole di condotta morale per incapacità delle istituzioni di incarnarle e infonderle negli animi dei cittadini), una vita appartata e monotona, da relitti piuttosto che da esseri umani, liberi e meritevoli di dignità. Cos' è la vita che ci viene proposta oggi se non un film che ripete all' infinito e per tutti la stessa unilaterale e monocolore trama ? Vita-asilo-scuola elementare-scuola media-liceo-università-lavoro alienato, famiglia consumista-tempo libero programmato-anzianità-pensione, nipoti-morte.
Pirandello è un punto di riferimento per comprendere la realtà odierna. Inoltre sostiene che "la vita non conclude", ovvero noi possiamo consacrarci ad un' ideale o bloccarci nelle nostre sicure e mediocri forme sociali, ma questo ci porterà a cozzare con il divenire della vita che stravolge continuamente le certezze e le forme, cambiando il contesto storico prima esistente. Pertanto ideali che potevano valere in una certa situazione storica perdono la loro veridicità e fattibilità, perché la vita, così come la storia, non si ferma e va avanti. Quando si sente dire, a chi ha conseguito

"Una sola cosa è triste, cari miei: aver capito il giuoco ! Dico il giuoco di questo demoniaccio beffardo che ciascuno di noi ha dentro e che si spassa a rappresentarci di fuori, come realtà, ciò che poco dopo egli stesso ci scopre come una nostra illusione, deridendoci degli affanni che per essa ci siamo dati, e deridendoci anche, come avviene a me, del non averci saputo illudere, poiché fuori di queste illusioni non c'è più altra realtà...E dunque, non vi lagnate ! Affannatevi e tormentatevi, senza pensare che tutto questo non conclude. Se non conclude, è segno che non deve concludere, e che è vano dunque cercare una conclusione. Bisogna vivere, cioè illudersi; lasciar giocare in noi il demoniaccio beffardo, finché non si sarà stancato; e pensare che tutto questo passerà...passerà..."
Ugo Giarratano
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