martedì 29 ottobre 2013

Matteo Renzi e il nuovo umanesimo del centrosinistra

Il "New Democratic Party", struttura vincente per il Tony Blair italiano


E' il nuovo che avanza, è il futuro che sa di speranza, è la forza della comunicazione, è la voglia di vincere. Innumerevoli sono gli appellativi e slogan spendibili per il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Prossimo all'annunciata vittoria al congresso del Partito Democratico, il quale ha il sapore più di primarie per governare il paese che di rifondazione di un partito spaccato, Matteo Renzi assume il ruolo importantissimo di coesione nel partito. Riunendo sia il popolo democratico, sia molti elementi della vecchia dirigenza, Matteo Renzi è la chiave per trovare una vera definizione e identità alla fusione a freddo dei vecchi partiti quale è il PD. Il sindaco di Firenze trova i suoi punti di forza nella comunicazione e nelle promesse verso una prospettiva più rosea con un progetto che guarda al futuro. I caratteri che contraddistinguono la nuova guida sono la costituzione di un nuovo tipo di partito sotto il punto di vista ideologico. L'accusa di non essere di sinistra risulta fondata solo se si prendono in considerazione questi nuovi concetti ideologici più elastici e meno incisivi di quelli del secolo scorso. Escludendo le etichette non di sinistra costruite dai media, come il fatto di non esporre le bandiere del partito alla Leopolda, risulta sostanziale un percorso verso una nuova identità vicina al Partito Democratico americano ed al New Labour Party, giungendo così ad un nuovo umanesimo democratico. Democrazia, pace, giustizia sociale, lavoro, istruzione, questi sono gli elementi fondanti di qualunque partito di sinistra e che sono intrinseci anche nel partito che verrà con Matteo Renzi. La differenza sostanziale con la sinistra tradizionale, comunista, socialista o socialdemocratica che sia, sta nel rapporto minimalista o massimalista con gli ideali fondativi e gli obbiettivi prefissatisi, ma soprattutto nelle diverse posizioni e progetti per lo sviluppo economico.

Tony Blair, Primo Ministro Britannico 1997/2007
Le posizioni più marcate dal futuro leader democratico Matteo Renzi riguardano il sistema elettorale e politico, con la volontà di portare l'Italia ad un modello maggioritario con doppio turno alle elezioni sino al Presidenzialismo, (sul sogno inseguito da ormai 20 anni della figura del Sindaco d'Italia) sulla semplificazione della burocrazia italiana per incentivare le imprese, e tagli alla spesa pubblica e relativa dismissione del patrimonio statale ritenuto superfluo. Proprio nel diverso rapporto con l'economia si riescono a individuare le sostanziali differenze con un modello socialista o socialdemocratico, proiettando il nuovo Partito Democratico verso il "Partito Popolare Europeo". Infatti la dirompente forza elettorale di Renzi non risiede solo nella comunicazione in grado di galvanizzare e ridare speranza all'elettore, ma anche e soprattutto alla capacità di interpretare le istanze del ceto che maggiormente segna la storia del nostro paese, ovvero l'imprenditoria. In questa nuova visione di partito si giunge ad una formulazione di politica economica che è legata strettamente a posizioni liberali, coadiuvando al contempo la necessità di essenziali riforme nel modello capitalistico per risolverne le contraddizioni che hanno innescato la crisi finanziaria. Ciò nonostante i processi economici che hanno caratterizzato la politica mondiale, prima all'indomani della crisi del '29 e successivamente alla crisi del welfare state con il dominio delle politiche tacheriane, dimostrano la necessità di un cambiamento radicale nel binomio finanza-economia reale. La prospettiva italiana porta dunque ad un vuoto di rappresentanza che solo la vecchia sinistra italiana, quella di Berlinguer, aveva saputo imbrigliare. Per arrivare alla vittoria la sinistra, per le sue caratteristiche riformiste, ha la necessità e il dovere di interpretare i cambiamenti della società e le nuove richieste della popolazione; ma il campo sostanziale per il conseguimento di un radicale cambiamento è quello economico. Nel nuovo centro-sinistra umanista e liberale, le riforme e i cambiamenti prospettati possono portare ad un sollevamento circostanziale dell'economia incapace però di appurare un cambiamento fondamentale nelle regole di mercato, elemento che può essere incanalato solo in una visione socialista o socialdemocratica che proponga un diverso modello per evitare le ormai note degenerazioni negative del precedente. Nel cambiamento radicale si può uscire dallo schema capitalistico di espansione ipoteticamente infinita che poi sfocia in periodi ciclici di crisi, si può immaginare un nuovo rapporto Stato economia che tuteli l'individuo e che dia regole al capitalismo liberale e sfrenato, portando così al ridimensionamento della società e al conseguimento di una giustizia sociale preponderante. La nuova sinistra che si sta formando in Italia potrà sulla carta essere elemento di rinnovamento nel ciclo economico ma che risiede sempre nel campo del capitalismo e quindi incapace dell'inversione di rotta verso un nuovo modello democratico dell'economia all'indomani di un sistema capitalistico e della finanza che più volte ha dimostrato le sue contraddizioni negative e la relativa deriva elitaria dell'economia, causando ingiustizia sociale e manipolazione dall'alto dell'economia reale a scapito dei lavoratori e semplici cittadini.

Giorgio Mineo 



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