mercoledì 8 aprile 2015

Il bivio del Regno Unito

Miliband vs Cameron, lo spettro dell'Ukip e il ritorno di Blair

Da sinistra: Nick Clegg/Lib-Dem, Nigel Farage/Ukip, Ed Miliband/Labour
Il 7 Maggio il popolo del Regno Unito sarà chiamato alle urne per scegliere il suo nuovo Primo Ministro e il partito che guiderà la Nazione verso il futuro. Questa data già si presenta storica per via dell'originalità del momento politico britannico, finora inedito. Infatti il classico bipolarismo inglese (già messo alle strette nel 2010 con la formazione del governo ora uscente a coalizione Conservatori/Lib-Dem) è in crisi per via dell'avanzare della formazione nazionalista e indipendentista guidata da Nigel Farage. Ma non solo questo è l'elemento peculiare delle prossime elezioni capace di attrarre l'attenzione. Il 7 Maggio i cittadini britannici saranno chiamati a compiere una scelta non solo verso la politica interna ma soprattutto verso il posto della Gran Bretagna nel mondo. Iniziamo quindi ad addentrarci nel clima elettorale britannico ad un mese dalle elezioni. 

Farage/Ukip

E' la grande novità delle elezioni, l'Ukip guidato da Nigel Farage è pronto a mettere in discussione il secolare bipolarismo britannico. Sarà davvero possibile? Se si analizza il sistema elettorale inglese formato da collegi uninominali maggioritari sembra chiaro che la formazione di Farage non può aspirare al governo. Infatti l'Ukip è una formazione ancora giovane e priva di forti candidati sul territorio, quindi la conquista dei seggi necessari si fa più difficoltosa nonostante un forte consenso in percentuale. Il programma cavalca l'euro-scetticismo e la lotta all'immigrazione con forti tratti xenofobi. Punto peculiare è l'uscita dall'UE, la riconquista della sovranità economica e giuridica, la riduzione della pressione fiscale, programmi di apprendistato per i giovani, tagli a spese considerate "inutili" come i dipartimenti di energia, cultura e sport. L'Ukip destabilizzerà senz'altro il quadro politico ma sembra impossibile che possa uscire vincitrice il 7 Maggio. 

Clegg/Lib-Dem

Il giovane leader liberal-democratico alla sua prima tornata elettorale nel 2010 era riuscito a ottenere 57 seggi su 650 e a chiudere l'accordo per la creazione del governo Cameron, a guida conservatrice e liberal-democratica. Clegg diventa così Vice-Primo Ministro portando dopo 90 anni i Lib-Dem al governo. La sfida che si pone di fronte ai Lib-Dem oggi è quella di non essere di nuovo eclissati dal bipolarismo, trovando uno spazio proprio e diverso. Essi si presentano all'elettorato come il giusto equilibrio: responsabili ma non cinici come i conservatori, progressisti ma non buonisti e scellerati come i laburisti. Il programma prevede la riduzione delle tasse per il ceto medio, impedire l'aumento di spesa e del debito pubblico, agevolazioni alle piccole e medie imprese, tagli a forze dell'ordine ed esercito in favore del welfare.

Cameron/Conservative

Il Premier uscente David Cameron ha avuto l'arduo compito di guidare il suo paese negli anni della crisi. Il periodo peggiore, allo scoppio nel  2008, fu affrontato dal laburista Gordon Brown, il quale affrontò la situazione con un forte sostegno all'economia da parte dello Stato. Il governo Cameron è rimasto sulla scia, mantenendo un deficit al di sopra del 10%, così la Gran Bretagna è uscita dalla recessione ed ha sostenuto l'occupazione per poi tornare fino ad oggi a ridurre il deficit. La strada è stata però segnata da forti tagli e riforme che hanno ridotto la quantità e la qualità dei servizi e aumentato la pressione fiscale sui singoli cittadini, agevolando invece le grandi aziende e l'attrazione degli investimenti stranieri con una tassazione favorevole. Peculiari sono stati i tagli all'NHS, il servizio sanitario nazionale, arrivati fino a 20 miliardi, oltre ad una radicale riforma che lascia la gestione locale del servizio sanitario ad aziende private cofinanziate dallo stato. L'attacco al welfare ha causato un forte colpo alla leadership di Cameron, il quale ha visto radicalmente calare il suo consenso elettorale. Inoltre le altalenanti e confuse posizioni sull'Europa non hanno aiutato; ora Cameron è alla rincorsa dell'elettorato di estrema destra in fuga verso l'Ukip, sostenendo posizioni euro-scettiche e paventando un referendum sulla permanenza nell'Unione Europea tra il 2016 e il 2017. Queste mosse lasciano intravedere un leader confuso e schiavo della paura per la sconfitta, per la perdita del consenso, in affanno e senza uno schema chiaro per il futuro, alla disperata rincorsa dell'Ukip a discapito dei moderati. Un programma guidato dalla paura di solito non è premiato dall'elettorato. I punti centrali dei Conservatori sono: la riduzione della spesa pubblica e del debito pubblico (passato dal 48% al 91% tra il 2007 e il 2013), mantenere una bassa tassazione sulle grandi imprese per attrarre investimenti esteri, forte controllo dell'immigrazione, referendum sulla permanenza in UE.
David Cameron, Premier uscente e Leader dei Conservatori

Miliband/Labour

Il perno centrale attorno al quale ruota l'intera campagna laburista è il servizio sanitario nazionale. Il leader dell'opposizione Ed Miliband ha concentrato il programma sui punti deboli del governo Cameron, in primis i tagli alla sanità. I Laburisti vogliono riportare il sistema al regime passato insieme ad una nuova riforma che migliori il servizio e che lo renda accessibile a tutti, a discapito dei privati rafforzati da Cameron con partecipazioni pubbliche. La battaglia per la giustizia sociale rimane fondamentale per il Labour: il programma prevede di aumentare le tasse per le fasce più agiate della popolazione, tassare i profitti conseguiti dalle multinazionali all'estero, redistribuire la ricchezza, bloccare l'aumento della bolletta energetica, investire in innovazione scientifica e istruzione con finanziamenti pubblici e agevolazioni fiscali per studenti e start-up, proteggere e migliorare il welfare. Ed Miliband è sempre stato dipinto dalla stampa come un'incapace e irresponsabile per via di sue molte gaffe (è stato soprannominato Mr. Been) e del suo scarso carisma. Ora però ha la possibilità di vincere e diventare Primo Ministro. Per farlo ha sfoderato ogni arma possibile a disposizione del suo partito con raccolte fondi, campagna a tappeto sul territorio e sul web, e la riesumazione del tre volte Premier Tony Blair. Il Labour dovrà però rispondere agli attacchi dei conservatori e liberal-democratici che accusano la sinistra di essere irresponsabile, paventando aumenti di spesa intollerabili che causeranno il crollo dell'economia. Oggi come in passato la vittoria del Labour dipende dall'immagine di responsabilità e lungimiranza economica che saprà mostrare, garantendo servizi migliori e combattendo le disuguaglianze ma con punti concreti e raggiungibili. Come da slogan <<A better plan. A better future>>.

Tony Blair rises 

Tony Blair è tornato; obbiettivo far vincere il suo partito (da lui guidato 3 volte consecutive alla vittoria) aiutando il candidato Ed Miliband. Dai Laburisti questo ritorno è visto con sospetto, una parte crede che tale ridiscesa comprometta la vittoria per via dell'aria negativa che ruota intorno al'ex Premier Blair. Il fondatore del New Labour non gode più di forte credibilità, schiacciato dagli eventi in Iraq, dal gossip e dai contatti con dittatori medio-orientali. Inoltre Ed Miliband vinse la battaglia congressuale proprio distruggendo il New Labour di Blair, e quest'ultimo non ha mai nascosto la sua lontananza dalle politiche del primo. Ora però bisogna rimanere uniti per la vittoria e questo Blair lo sa bene. Il modesto parere di colui che qui vi scrive è che il ritorno di Tony Blair si rivelerà vincente per il Labour. Il tre volte Primo Ministro rimane un oratore eccellente, capace di emozionare come pochi. Possiede ancora un'intelligenza politica senza pari e sarà in grado ancora una volta di attrarre l'elettorato, soprattutto quello moderato scontento dei conservatori e liberal-democratici. A riprova di ciò ricordiamo il comizio tenutosi ieri a Sedgefield (il collegio elettorale dell'ex Premier) in cui Tony Blair ha rimesso prepotentemente nel dibattito elettorale l'Europa non come problema ma come opportunità e speranza. Un richiamo ai valori comuni del continente, uno sguardo al futuro e al ruolo della Gran Bretagna nel mondo, sfide da cui non bisogna fuggire come, afferma Blair, sta facendo Cameron. Ultima stoccata al Premier uscente, definito come succube della paura e dell'estrema destra fino al punto di far precipitare la Nazione nel baratro con il referendum sull'UE, ribaltando così l'accusa rivolta ai laburisti dai conservatori di portare la Gran Bretagna nel caos.


Giorgio Mineo





Translate