venerdì 20 giugno 2014

Game of Labour

Fratricidio Miliband: la fronda Blair torna alla luce

Ed e David, storia di una rivalità fraterna

Da sinistra Ed e David durante lo scontro per la Leadership nel 2010
Stasera andrà in onda in Italia l'ultima puntata del seguitissimo drama "Il Trono di Spade" ,Game of Thrones in madre patria, che rivelerà non pochi colpi di scena (come già sanno tutti i fan che hanno seguito l'episodio originale uscito negli USA il 15 Giugno). Gli appassionati sentono già la sua mancanza e le lacrime si apprestano a scorrere dirompenti. Storie di potere, guerre, intrighi e tradimenti; insomma, una normale giornata nella politica nostrana. L'esempio più affascinante è il caso che sta spaccando il Labour e la cronaca politica britannica, scontro iniziato nel congresso del 2010 e ad oggi mai concluso per gli eredi di Tony Blair. La scena è occupata dai fratelli Ed e David Miliband, fronteggiatisi per la leadership del Labour Party in passato, ora nuovamente contrapposti dopo i risultati non positivi del Labour alle elezioni europee. Ed, attuale leader del partito, viene considerato inadatto al suo ruolo; aumentano così i dissidenti che chiedono a gran voce il ritorno del fratello maggiore sconfitto 49,35% a 50,65% David, discepolo di Blair. Ma facciamo qualche passo indietro e osserviamo il percorso dei 2 Miliband fino al faccia a faccia. Ed e David sono figli di un illustre membro della sinistra intellettuale britannica, Ralph Miliband teorico marxista ebreo di origine polacca. Il maggiore David ha studiato presso l'Università di Oxford politica, filosofia ed economia; il minore Ed si è invece formato alla "London School of Economics and Political Science". Entrambi esponenti dell'area intellettuale laburista middle class, coltivano il sogno di entrare in Parlamento. I due, in un modo o nell'altro, rappresentano le nuove leve del partito e appartengono alla futura classe dirigente: David nella fronda progressista del New Labour inaugurato da Tony Blair; Ed nella sponda sindacale e legata alla tradizione. David, dopo esser diventato deputato, viene nominato Ministro dell'Ambiente nell'ultimo Governo targato Blair fino al giugno 2007, per passare all'incarico di Segretario di Stato per gli Affari Esteri e del Commonwealth (il nostro Ministero degli Esteri) conclusosi nel 2010. Il fratello minore Ed, anch'esso divenuto deputato, fu nominato da Gordon Brown (Primo Ministro 2007-2010) Segretario di Stato per l'energia e il cambiamento climatico (Ministero dell'Ambiente) dal 2008 al 2010. Dopo la sconfitta elettorale di Gordon Brown contro il candidato Conservatore David Cameron per 306 a 258 seggi, fu riaperta la questione della Leadership.
I pronostici incoronano David Miliband, il successore annunciato del New Labour: giovane, carismatico, progressista, con esperienza di Governo. I giochi sembrano compiuti fin quando, a sorpresa, negli ultimi giorni alla chiusura delle candidature, si presenta il fratello minore Ed. Quest'ultimo diviene il simbolo dell'antiblairismo, annunciando il ritorno alla vecchia tradizione laburista, di sinistra e legata al sindacato, pur guardando al futuro, smantellando il New Labour. Alla fine riesce a spuntarla per un soffio contro il favorito fratello David (50,65% a 49,35%) grazie allo zoccolo duro del partito, avverso al dinamismo inaugurato da Tony Blair. David Miliband, ferito dallo scherzetto del fratellino, si ritira dalla scena politica britannica per approdare negli Stati Uniti come direttore di una grande associazione di assistenza ai rifugiati. Ed conquista così il partito, la strada dall'opposizione al Governo sembra prossima nella futura legislatura. Dopo il recente voto europeo sono tornati i gufi e le critiche. Ed Miliband ha disintegrato il vantaggio sui Conservatori dal 15 all' 1%, è accusato di non essere carismatico e di confondere l'elettorato con i suoi repentini cambi di linea, nel dubbio se rincorrere Blair o rimanere fedele al mandato congressuale. E' avvertito dall'opinione pubblica come un intellettuale viziato e pomposo, professionista della politica fin dall'infanzia, lontano dai problemi reali delle persone. Ancora vivo nella mente degli inglesi è la gaffe del Leader Laburista durante un talk televisivo, nel quale Ed è stato colpevole di non conoscere il prezzo del latte al supermercato, insieme ad altri problemi quotidiani. I sondaggi dicono che se si votasse oggi con un faccia a faccia Cameron-Miliband, vincerebbe ancora una volta il primo. Il risultato si inverte nello stesso scenario Cameron-Miliband, la differenza sta nel nome, David al posto di Ed. In molti nel partito invocano il ritorno del figliol prodigo David, per prendere in mano lo scettro che gli era stato tolto, per guidare il Labour alla vittoria. Si vota nel Regno Unito l'anno prossimo e il tempo stringe. Cosa accadrà nel Game of Labour? David tornerà per vendicarsi del fratellino? Ed lascerà il passo o resterà in piedi? Attendiamo con trepidazione la futura stagione.

Giorgio Mineo           

giovedì 19 giugno 2014

Diaspora continua a sinistra

Esplode Sel: l'addio di Migliore e Fava, il progetto originario naufraga

Migliore: "Per me si è rotto ieri un vincolo di fiducia"; altri 10 in fuga

Dopo il susseguirsi di polemiche legate alla lista Tsipras e lo scontro con Barbara Spinelli, sembra non trovare pace il partito di Nichi Vendola. Da quando il Segretario del Partito Democratico Matteo Renzi è stato nominato Presidente del Consiglio sono iniziate all'interno del movimento di sinistra amare riflessioni sui progetti futuri, insieme a voci sempre maggiori e pressanti di una possibile scissione con passaggio di parlamentari da Sel al Pd. Oggi quella ipotesi sembra essersi tramutata in realtà. Il 19 Giugno 2014 i parlamentari Gennaro Migliore e Claudio Fava annunciano l'addio al partito. Nella giornata di ieri Migliore aveva già consegnato le dimissioni da capogruppo della Camera a seguito della bagarre relativa al voto sul decreto Irpef, ma ora completa la fuga con una lettera: <<E' una decisione che ho preso nelle ultime ore e che ha a che vedere con l'interruzione del reciproco rapporto di fiducia che è seguito alla discussione nel gruppo parlamentare sul decreto Irpef e al successivo voto parlamentare>>, il gruppo ha votato "si" al decreto insieme al Pd, <<Ieri è stata messa in discussione, di fatto, non l'espressione di un punto di vista diverso, ma la deontologia di una posizione in seno a una comunità politica accusandomi di aver "sequestrato la linea">>. Claudio Fava chiarisce così la sua posizione <<Una scelta dolorosa e insieme inderogabile. Inderogabile per la distanza che ormai separa Sel dal suo progetto originario>>. Fava non si ferma e aggiunge << La scelta congressuale e le decisioni di questi mesi ci hanno portati ad abbandonare il terreno della nostra sfida politica naturale che era quello del socialismo europeo. Abbiamo preferito una collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte arroccamento identitario>>. Si attendono altre 10 defezioni che dovrebbero seguire i primi 2 dimissionari verso il gruppo misto, fino ad un successivo ingresso nella componente del Partito Democratico, allargando i numeri della maggioranza. Con quest'ultimo caso esplode in modo lampante per l'ennesima volta il problema diaspore nella sinistra italiana. Con la creazione della lista Tsipras pareva prossima la nascita di un nuovo fronte di sinistra sul modello di quello francese e greco; il superamento della soglia del 4% alle elezioni europee doveva lasciar ben sperare e accendere la fiducia. Quello che è accaduto è invece una esplosione nel campo della sinistra. Sinistra Ecologia e Libertà non regge il fardello del voto europeo, con il quale si lega con la realtà della Sinistra Radicale rappresentata da Tsipras e il Gue (sinistra europea), dalla quale Sel originariamente fuggiva. Chiare le parole di Fava, si è abbandonato il progetto originario e per questo una parte degli eletti si trova costretta ad abbandonare il campo. Da queste defezioni si può però aprire il periodo risanatore per Sel e la sinistra italiana legata a Tsipras. Adesso, con una coesione maggiore nel partito, è possibile dedicarsi interamente senza ripensamenti e dubbi alla costruzione di un campo di sinistra come negli altri paesi, partendo dal risultato positivo delle europee. Se non si avrà questo atteggiamento Sel rimarrà bloccata nel limbo tra PD e Tsipras, fino a scomparire. Il tempo mostrerà il destino di Sel.

Giorgio Mineo

mercoledì 4 giugno 2014

Il monito degli States

Obama: aumentare le spese militari per proteggere l'Europa dell'Est. "Ogni Stato dovrebbe spendere il 2%del Pil"

L'America stanzia 1 miliardo per l'Est Europa; dalla Libia segnali critici, gli USA spingono per l'intervento

Il premier polacco Donald Tusk con il Presidente USA Barack Obama
<<I Paesi Nato si aspettano piena membership quando si tratta di difenderli; questo significa che devono anche dare contributi commisurati>>. Questo il richiamo del Presidente americano Barack Obama agli alleati Nato, a partire dai partner europei. Si richiede un impegno maggiore ai Paesi dell'Unione sul fronte della Difesa, con la richiesta di aumentare le spese in tale settore almeno al 2% del Pil. Il monito è lanciato nel giorno in cui il Presidente USA annuncia lo stanziamento di 1 miliardo per aiutare i Paesi dell'Est. Egli conclude inoltre il tour di intesa e consolidamento dell'alleanza con l'Europa orientale: dal Premier polacco Tusk fino ai leader di Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, chiudendo con il neo Presidente ucraino Poroshenko. Quasi l'intero ex Patto di Varsavia e le sue propaggini ex sovietiche si stanno riunendo sotto il velo protettore degli Stati Uniti in difesa dall'antico alleato quale è la Russia. Dopo la delusione dei suddetti Paesi per la tiepida reazione americana all'indomani dell'annessione russa della Crimea, grave atto che viola la sovranità di un Paese (per non dire un invasione), Obama risponde con la European Reassurance Iniziative. L'operazione consiste nello stanziamento di 1 miliardo di dollari per aumentare la presenza americana nell'area; ci sarà una cospicua rotazione dei militari USA già presenti sul territorio, si incrementeranno le esercitazioni, l'addestramento e il preposizionamento delle strutture necessarie a contrastare un eventuale attacco russo. Giungono nuove truppe: circa 600 paracadutisti delle Airborne Brigade si stanzieranno da Vicenza in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia; le navi Donald Cook, Taylor, Vella Gulf e Truxtun si apprestano a entrare nel Mar Nero; 12 tra caccia F-16 ed F-15 si schiereranno nella regione. Venerdì Obama e Putin si incontreranno per l'anniversario dello sbarco in Normandia, il Presidente americano tenta l'apertura <<Se nei prossimi mesi vedremo un comportamento responsabile da parte dei russi, è possibile ricostruire un po' della fiducia>>. Obama chiede inoltre che Putin riconosca il neo Presidente eletto Poroshenko e fermi le milizie, abbandonando così l'aggressività in favore della cooperazione. Ritorniamo alla strigliata nei confronti dei Paesi europei: per gli States l'Europa risulta essere troppo morbida nella politica estera e non contribuisce abbastanza alle spese militari. 
 Obama comprende bene che la paura dei Paesi UE nei confronti della Russa è rimanere a corto di gas naturale; per questo il Presidente apre a nuove e maggiori forniture di gas all'Europa nel caso in cui l'UE aumenti le sue spese militari fino al 2% del Pil per ogni Stato. In tal senso vi è la dimostrazione di forza USA nei confronti dell'Italia e del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, con il blocco ai tagli degli F-35. Si chiede inoltre un maggiore impegno in Libia, Paese dal quale arrivano segnali pericolosi. Successivamente alla destituzione e assassinio di Gheddafi la Libia non ha conosciuto pace; continui scontri tra islamici e liberali, persistenti ribaltoni politici e cambiamenti ai vertici del potere, con perno sempre le forze armate. Al momento ci sono ripetuti scontri nel Paese, l'ultimo a Bengasi con 20 morti solo ieri, con il generale Haftar all'attacco della città difesa dagli islamisti. Il generale 15 giorni fa ha chiamato le truppe regolari e i clan all'unità contro i <<terroristi>>, ossia gli islamisti che si sono rivoltati a Gheddafi per poi schierarsi contro i gruppi tradizionali. Sul fronte istituzionale il Parlamento è egemonizzato dagli islamisti, nel quale i liberali per protesta non partecipano ai lavori, ma esso è stato dichiarato sciolto dal generale Haftar. Vi sono inoltre in carica due Premier in lotta. Per gli Stati Uniti se i libici non riescono a uscire da soli dalla situazione occorrerà un intervento straniero per stabilizzare un Paese fondamentale per controllare flussi energetici e migratori verso l'Europa. Qui l'ultimo avvertimento di Washington al "Vecchio Continente" <<Non contate su di noi. La Libia si trova a 350 km dalle vostre coste, siete voi a dipendere dal suo petrolio e dal suo gas, starà a voi occuparvene. Ma se non investite fin d'ora sulle vostre forze armate, come farete?>>.

Giorgio Mineo       


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