giovedì 30 ottobre 2014

Posto fisso e neoliberismo

Due risposte del passato alla condizione recente


Lo scorso weekend è stato caratterizzato dallo scontro tra due realtà tutte a sinistra, ovvero la piazza a Roma riempita dalla Cgil e la Leopolda del nuovo corso renziano. La dicotomia è visibile da diverse angolazioni: sindacato contro governo, posto fisso contro precariato, passato contro futuro, vecchio Pd contro nuovo Pd. Lo scontro al quale si è assistito nasconde invece una contrapposizione molto più forte e meno contingente; non un muro contro muro tra generazioni ma un apparente incompatibilità tra due mondi, due idee, due visioni del mercato del lavoro. La gente scesa in piazza con la bandiera rossa della Cgil rivendica la dignità del lavoro, snaturato da interessi economici verso un precariato senza tutele composto da una fitta giungla di contratti a termine. Si difende la sicurezza del posto di lavoro con il contratto a tempo indeterminato, la regola che deve tornare dopo le eccezioni del precariato grazie a incentivi e investimenti per rilanciare una politica industriale e di sviluppo per rimettere in moto l'economia. A Firenze ha invece avuto luogo la manifestazione politica simbolo del renzismo ovvero la "Leopolda", nata dall'incontro dei primi rottamatori di cui fece parte anche Pippo Civati, ora giunta alla sua quinta edizione. La linea ribadita sul Jobs Act è forte e chiara come le parole del Presidente del Consiglio e Segretario Pd Matteo Renzi: "Oggi il posto fisso non esiste più. Fare dell'articolo 18 la nostra battaglia sarebbe come prendere l'Iphone e dire dove metto il gettone? Sarebbe come prendere una macchina fotografica digitale e provare a metterci il rullino". Protesta contro proposta, passato contro futuro, il Premier continua a battere su questo tasto, rivendica un partito di pionieri verso il futuro con il 40,8 %. La posizione che si delinea è la presa d'atto che il mondo del lavoro come lo conoscevamo non esiste più, bisogna perciò pensare a come aiutare il lavoratore che perde il posto a immettersi nuovamente nel mercato del lavoro, sul modello della flexsecurity (più flessibilità, più tutele).La flessibilità nel mercato del lavoro è stata perpetrata nel nostra Paese da vent'anni, ciò che non si è colto è il grande cambiamento avvenuto intorno a noi, in Europa e nel mondo. L'Unione Europea ha da lungo tempo puntato sulla flessibilità per alimentare la competitività; con il progetto incompleto della moneta unica si è deciso di svalutare il lavoro non potendo svalutare la moneta. Il cambiamento dell'economia globale attraverso l'emergere prepotente di paesi in via di sviluppo e il processo di globalizzazione portano ad una dura considerazione. E' finito il modello del fordismo e della piena occupazione, esse non potranno più essere raggiunte ed ora la ricchezza si sposta dall'occidente ai Paesi emergenti. Da ciò si può inquadrare come sia la vecchia sinistra (piazza Cgil) che la nuova sinistra (Leopolda, Renzi) sono in realtà due risposte antiche già consegniate alla storia.
La sinistra riformista si era fatta carico del peso della ricostruzione del mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stata capace di creare lo stato sociale, il "Welfare State"; costruire ricchezza e benessere senza abbandonare nessuno in nome dell'eguaglianza e della giustizia sociale. Redistribuzione della ricchezza, non rivoluzione. La lungimiranza dettata dalla visione originale del mondo della sinistra riformista è cessata alla fine degli anni settanta, con l'avvento di Reagan e Thatcher si entra nel Neoliberismo e si abbandona la visione Keynesiana di Stato. La sinistra riformista perde così la sua identità, sconfitta dal nuovo-corso liberista. L'altra sinistra, legata alla storia comunista, perde anch'essa la sua identità e la sua visione originale del mondo nel 1989 alla caduta del muro di Berlino, il quale portò al crollo della base identitaria e culturale della sinistra comunista che, per non rimanere schiacciata dalle macerie, scelse di unirsi alla sinistra riformista. Sconfitta e senza visione la sinistra fuori dall'Italia accetta la nuova cornice economica costruita dalla destra, si apre così la stagione di Clinton negli Usa, Schroder in Germania  e Tony Blair in Regno Unito. Quest'ultimo è stato spesso accostato alla Thatcher come continuatore della sua opera; la Thatcher stessa alla domanda su quale fosse il suo più grande traguardo rispose Tony Blair. Con questo non si vuole dire che il leader laburista si è posto sullo stesso piano con le medesime politiche dalla Thatcher, ma si intende che la donna di ferro ha imposto un egemonia del pensiero economico, portando la sinistra ad accettare il pensiero economico neoliberista non come scelta di campo ma come presa d'atto di un mondo che è cambiato. La sinistra, persa la sua visione del mondo, ha trovato risposta in quello che ormai era diventato il mondo, assecondando il processo di trasformazione. Questo oggi accade in Italia e nel Partito Democratico; siamo nel 2014, nel mondo la sinistra è arrivata a ciò negli anni novanta. Possiamo ora comprendere come le due risposte lanciate dalla Cgil e da Matteo Renzi non siano adeguate e inedite. La prima non tiene conto del cambiamento ormai avvenuto e irreversibile, la secondo prende atto della nuova realtà ma la asseconda senza una visione originale di cambiamento. Negli ultimi anni sono cresciute le disuguaglianze, la finanza si è imposta sulla produzione e la ricchezza si è concentrata sempre più in una ristretta cerchia della popolazione. La sinistra deve ricordare i suoi ideali ispiratori per trovare la nuova strada da percorrere. Deve ricordare la sua missione, la sua stella polare: proteggere i deboli e riscattare gli oppressi, combattere le ingiustizie e cambiare il mondo. La sinistra deve riappropriarsi della sua missione e costruire una nuova visione del mondo. Se in passato la sinistra è stata capace di costruire il welfare state per portare uguaglianza e protezione sociale, ancor più oggi prendendo atto del mondo nuovo la sinistra può trovare la sua strada proprio nel welfare, riformandolo, reinventandolo così da rispondere al nuovo scenario. Riscoprire il ruolo dello Stato come promotore sociale, uno Stato che interviene per correggere gli errori nel mercato e per migliorarlo. La sinistra deve prendere atto della realtà e interrogarsi sul futuro, costruire una nuova strada, un mondo migliore. Solo così potrà esserci una risposta adeguata alla condizione recente.


Giorgio Mineo   

    

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