mercoledì 9 ottobre 2013

"I VECCHI E I GIOVANI"

 
"VIAGGIO NEL ROMANZO VERISTA DI PIRANDELLO"
("I vecchi e i giovani")

"La gioventù ? Che poteva la gioventù, se l' avara paurosa potente gelosia dei vecchi la schiacciava così, col peso della più vile prudenza e di tante umiliazioni e vergogne ? Se toccava a lei l' espiazione rabbiosa, nel silenzio, di tutti gli errori e le transazioni indegne, la macerazione d' ogni orgoglio e lo spettacolo di tante brutture." 

I vecchi e i giovani. Si può forse dire che la storia procede e si sviluppa per mezzo della dialettica vecchi - giovani. Sin dal Risorgimento Italiano l' opposizione tra queste due sfere ideali e storiche, interconnesse e consequenziali, eppure così diverse, si concreta nel contrasto fra "i vecchi", promotori e sostenitori del Risorgimento, con i valori e le idee che propugnavano, e "i giovani", ai quali "i vecchi" avevano lasciato delusione e costernazione, per via di un' Italia che la storia degli eventi aveva unificato, come spesso avviene infrangendo le premesse, in modo caotico.
La storia non è nuova a questi fenomeni: ogni manifestazione di determinate idee nel contesto storico, imprevedibile e soprattutto aleatorio, si imbatte in una mediazione che deve, per forza di cose, deflettere dalle idee iniziali. Le idee risorgimentali di Patria, laicismo, eguaglianza, giustizia... hanno dovuto scontrarsi con la fame e la miseria dei contadini del meridione, della Sicilia in particolare, che di quelle idee, tanto venerate ed elitarie, non avevano la minima cognizione. Per i contadini, oberati dal lavoro e dallo sfruttamento dei latifondisti, l' unica voce che poteva pensare di raggiungere le loro orecchie era quella che inneggiava alla suddivisione delle terre, quindi alla cacciata dei latifondisti, e alle "terre per tutti". Il Risorgimento sembra presentarsi come un evento mosso da ideali avulsi dalle realtà storiche regionali: balza alla mente l' esempio di Mazzini che predicava l' ideale di un' Italia repubblicana e centralizzata, distante anni luce dalla frammentazione politica alla quale essa era stata sottoposta dalla storia. L' esempio di Pisacane, che sul modello di Mazzini si era recato con un manipolo di volontari nelle campagne di Sapri, è l' emblema dell' alienazione dei contadini dalla causa risorgimentale: Pisacane, infatti, dopo essere giunto a destinazione, fu aggredito dalle falci dei contadini campani che erano stati avvertiti dai soldati borbonici. Pisacane, nello specifico, morì suicida, dopo essere stato assaltato nuovamente dai contadini a Sanza. Quella che si era prospettata come un' azione collettiva di liberazione della Patria rimase niente più che una tragedia. Vecchi-giovani: molti scrittori, come Verga e Pirandello stesso, vissero un periodo post-risorgimentale frustrante e denso di cocenti delusioni, l' Italia sembrava essere una semplice accozzaglia di regioni-staterelli che non erano abituati a convivere sotto un' unica bandiera. Quella che doveva essere unità si tramutò in una Piemontesizzazione, esito frutto dei fallimenti dei moti carbonari e della strategia mazziniana di una rivoluzione di massa.
Questo romanzo, "i vecchi e i giovani", è verista per l' impostazione e la descrizione minuta e dettagliata dei paesaggi, umoristico-espressionista per le tematiche tipiche del dissidio forma-vita, della coscienza infelice e alienata, della "vita che non conclude", dell' insensatezza della vita stessa e del suo eterno fieri...Il disincanto post-risorgimentale si riflette nella descrizione di un' Italia dilaniata dalle lotte intestine e dai rancori, infangata dalla corruzione del ceto politico dirigente che fa capo a Roma, animata dalle violente e truculente ribellioni dei contadini siciliani, infiacchiti e snervati dall' infrangimento delle promesse: uguaglianza e giustizia, equa suddivisione delle terre e miglioramento del tenore di vita. La Sicilia illustrata da Pirandello è popolata dalla miseria e dalla desolazione dei solfarai e dei fittavoli, schiavizzati dai mezzadri e i latifondisti; è una regione retta e organizzata dal clero e dai funzionari piemontesi corrotti, è influenzata dagli scandali della Banca Romana, dalla nascita e dallo sviluppo del fenomeno dei fasci siciliani. E' una terra di sofferenza, di fatica e di sfruttamento. Pirandello muove i suoi personaggi saltando vorticosamente dalle angosce, dalle frustrazioni e dalle sofferenze di uno a quelle di un altro, sviscerando con precisione e penetrazione la psiche di ognuno. Mauro Mortara, il vecchio fautore del Risorgimento che si crogiola nel suo idilliaco convincimento che la Patria viva prospera e gloriosa; Don Flaminio Salvo, il banchiere siciliano proprietario di tutte le solfatare che dal sobillamento dell' ordine borbonico e dal nuovo governo piemontese trae profitto e potere; Don Ippolito Laurentano, il latifondista nostalgico dei borboni, rinchiuso nella sua villa appartata; Antonio del Re, Don Gerlando Laurentano, Roberto Auriti, Corrado Selmi, Ignazio Capolino, la miriade di giovani che ha ereditato un' Italia confusa, priva di punti di riferimento, scissa, piena di contrasti e affranto livore. Sono tutti giovani che, chi in un modo chi in un altro, sono travolti dal flusso caotico degli eventi, dagli intrallazzi, dalle proprie frustrazioni e paure, dal proprio spaesamento, generato dagli errori e dalla viltà dei vecchi.

 
Una polveriera sociale: questa è l' Italia del Risorgimento che Pirandello scruta con occhio critico. I motivi ricorrenti del suo romanzo sono quelli umorista-espressionistico e verista, sopra detti, quello filosofico-esistenziale e quello risorgimentale.

Il motivo del Risorgimento

Il romanzo ruota attorno alle insurrezioni, più o meno efferate, che scandiscono le torride giornate siciliane (Girgenti, Porto Empedocle...). Pirandello dapprima traccia un quadro complessivo dell' ambiente circostante Girgenti, della situazione dei solfarai sfruttati, dell' egemonia dei latifondisti ex borbonici e della nuova borghesia bancaria e imprenditoriale che si è insinuata approfittando del Risorgimento; in seguito ritrae quest' ultimo come un evento vissuto da pochi, da garibaldini principalmente per quanto riguarda la Sicilia, e intreccia la sua interpretazione della rivoluzione nazionale con la sua concezione filosofica della vita. Infatti le idee che avevano appassionato i fautori del Risorgimento erano manifestazioni di una realtà storica diversa rispetto a quella in cui sono narrati i fatti del romanzo, ambientato ai tempi dei fasci siciliani e dello scandalo della banca romana, quindi verso gli anni '90 dell' Ottocento. L' autore ambienta volutamente i fatti a rivoluzione ampiamente superata, perché vuole sottolineare quanto i valori, addotti come paradigmi di pensiero e azione, siano stati annichiliti nella realtà italiana postunitaria.
L' illusione che per molti ancora rappresentava il Risorgimento è evidente in Mauro Mortara, ex garibaldino, convinto che la causa della Patria sia stata spalleggiata e attuata pienamente. Vive nella villa di Don Cosmo Laurentano come custode della stanza del "Generale", responsabile, secondo lui, dell' insurrezione di massa del 1848 in Sicilia, culminata con la costituzione del Parlamento regionale. In realtà non sa che il "Generale" non mirava ad un' Italia unita, bensì alla formazione di uno staterello indipendente e sostenuto dalla casata spagnola. Roberto Auriti e Corrado Selmi incarnano la figura degli eredi falliti e frustrati del Risorgimento, impossibilitati ad agire in un contesto che è ben diverso da quello che avevano immaginato. I contadini sono descritti come dei bruti immiseriti da un lavoro massacrante e faticoso, devastati dalla fame e dalla povertà.

Il motivo filosofico-esistenziale

"La vita o si vive o si scrive, io non l'ho mai vissuta, se non scrivendola."
 
Luigi Pirandello , Il fu Mattia Pascal

Pirandello lascia trasparire il suo pensiero arzigogolato, riguardo alla sua visione della vita, tramite i personaggi principali. Il nodo centrale del suo pensiero è rintracciabile nell' esperienza risorgimentale, ritenuta una prova palese della casualità e dell' anarchismo della vita che non si sottomette ad alcuna legge prestabilita. La vita è incontrollabile e imprevedibile, le idee propugnate dagli intellettuali risorgimentali dimostrano che, senza rapportarsi con la realtà esistente che si mira a trasformare, non si può intraprendere e ultimare una reale rivoluzione. L' Italia è una riprova della sua concezione, lo dice lui stesso quando critica la presunzione e la cecità di chi ha ritenuto che si potesse attuare una rivoluzione immediatamente, senza un processo di preparazione e sviluppo che implicasse l' educazione e il coinvolgimento consapevole delle masse popolari. Pirandello, in perfetto accordo con la sua filosofia, critica anche chi era convinto di soffocare il processo di sollevamento popolare, incapsulandolo dentro schemi concettuali fissi e immutabili. La composizione socio-economica dei fasci siciliani, movimento emerso per via dell' estrema povertà e miseria dei contadini siciliani, non nascondeva di certo influssi di carattere ideologico socialista e il fenomeno viene nettamente criticato dall' autore stesso che vede i Fasci come un' estesa torma di sfruttati risentiti e rancorosi, capeggiati da uno sparuto gruppo di presunti interpreti e garanti della volontà popolare. Ed ecco che s' innesta nella sfilza di eventi e personaggi la figura di "Don Propaganda", attempato signore, gobbuto e claudicante, che gira per la Sicilia al fine di iniziare i contadini siciliani alla causa socialista. Dunque il nocciolo del libro si identifica con un intricato groviglio di riflessioni filosofico-esistenziali e impressioni varie suscitate dal Risorgimento, indissolubilmente legate e interscambiate le une con le altre, per spiegare concetti astrusi come il dissidio forma-vita, la non-conclusione della vita, l' insensatezza della vita e così via. Il dissidio forma-vita è un concetto cardine dell' umorismo e della filosofia pirandelliani: la società siciliana dipinta da Pirandello è corrosa e cristallizzata da uno stile di vita prescritto e bloccato dalle forme sociali convenzionali, le cosìdette convenienze. Sono precetti di vita e obblighi imposti dal patriarca che coarta i propri figli ad adeguarsi e modellare i propri bisogni e desideri alla forma che si deve mantenere: il prestigio sociale, una famiglia ligia alla dottrina cattolica e praticante, un matrimonio combinato, ruoli familiari predeterminati, una moglie obbediente e remissiva, dei figli incondizionatamente rispettosi e passivi, una mestiere già deciso, gesti preparati, una vita falsa e artefatta. La famiglia, ma più in generale, la società che Pirandello descrive è soffocata e intorbidita dalle forme che non lasciano spazio all' eterno fieri della vita. Oggi più che mai una società del genere attiene allo scenario descritto dall' autore, modulandosi in base alla stessa dilaniante contrapposizione fra forma e vita. Per forma si intende uno stile di vita prefissato, dei fini programmati, un modo di pensare, parlare, comportarsi e agire preordinato e immutabile, incastonato nell' aggregato di forme entro cui si vuole confinare l' eterno fluire della propria vita: i propri bisogni e desideri, il proprio stile di vita, le propria morale ed etica, i propri scopi della vita, il proprio pensiero (auto-nomo), il proprio modo di esprimersi attraverso la fertilità della parola libera. Tutti valori, all' insegna dell' autonomia e dell' individualità, che si discostano dalle nuove forme che imperversano sulle società di oggi: famiglia consumistica, cattolicesimo perbenista, lavoro programmato, produttivo ed efficiente, ben retribuito e alienato, anomia (assenza totale di regole di condotta morale per incapacità delle istituzioni di incarnarle e infonderle negli animi dei cittadini), una vita appartata e monotona, da relitti piuttosto che da esseri umani, liberi e meritevoli di dignità. Cos' è la vita che ci viene proposta oggi se non un film che ripete all' infinito e per tutti la stessa unilaterale e monocolore trama ? Vita-asilo-scuola elementare-scuola media-liceo-università-lavoro alienato, famiglia consumista-tempo libero programmato-anzianità-pensione, nipoti-morte.
 
Pirandello è un punto di riferimento per comprendere la realtà odierna. Inoltre sostiene che "la vita non conclude", ovvero noi possiamo consacrarci ad un' ideale o bloccarci nelle nostre sicure e mediocri forme sociali, ma questo ci porterà a cozzare con il divenire della vita che stravolge continuamente le certezze e le forme, cambiando il contesto storico prima esistente. Pertanto ideali che potevano valere in una certa situazione storica perdono la loro veridicità e fattibilità, perché la vita, così come la storia, non si ferma e va avanti. Quando si sente dire, a chi ha conseguito
un posto di lavoro stabile, che è "arrivato", si incappa in un errore marchiano e pericoloso che può illuderci che la vita abbia una fine. Ogni fine è un inizio e l' errore commesso dai vecchi del Risorgimento consiste nell' essersi illusi che la storia fosse finita e potesse conchiudersi con l' Unità nazionale, come se fosse un quadretto ben dipinto da elogiare e curare. I giovani, proprio come oggi, si sono ritrovati in una situazione diffusa e soffusa di spaesamento, smarrimento, assenza di linee guida, ingabbiati e isolati nel caos della vita, quindi della storia. Si può dire, per trarre una lezione dal Risorgimento, che le società in generale, e l' Italia oggi, debbono promuovere un costante contrasto dialettico e superamento di idee e contesti sociali, in modo tale che non si perseguano ideali avulsi dalla realtà o false chimere di una realtà unica e immutabile, bensì la vitale esigenza di approcciarsi alla vita in maniera aperta, mutevole e infinitamente possibilista.




"Una sola cosa è triste, cari miei: aver capito il giuoco ! Dico il giuoco di questo demoniaccio beffardo che ciascuno di noi ha dentro e che si spassa a rappresentarci di fuori, come realtà, ciò che poco dopo egli stesso ci scopre come una nostra illusione, deridendoci degli affanni che per essa ci siamo dati, e deridendoci anche, come avviene a me, del non averci saputo illudere, poiché fuori di queste illusioni non c'è più altra realtà...E dunque, non vi lagnate ! Affannatevi e tormentatevi, senza pensare che tutto questo non conclude. Se non conclude, è segno che non deve concludere, e che è vano dunque cercare una conclusione. Bisogna vivere, cioè illudersi; lasciar giocare in noi il demoniaccio beffardo, finché non si sarà stancato; e pensare che tutto questo passerà...passerà..."




                                                                                                                                     Ugo Giarratano




 

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