mercoledì 2 ottobre 2013

UNA LETTURA DI GRAMSCI PER UN' IDEA RIVOLUZIONARIA DEL PARTITO DI SINISTRA


 GRAMSCI E LA RIVOLUZIONE ITALIANA

 
Il 21 gennaio 1921 si tiene al teatro Goldoni il cruciale Congresso di Livorno che incentra il proprio ordine del giorno sulla mozione, avanzata dall'ala di estrema sinistra del PSI (Partito Socialista Italiano), di espellere i riformisti dal partito, per adempiere ai 21 punti stilati dalla III internazionale comunista.

L'ala di estrema sinistra, fra cui figura un giovane Gramsci, esce dal teatro Goldoni sconfitta ai voti e si reca al teatro San Marco, dove formalizza l'atto di separazione dal PSI e di costituzione del PCd'I, Partito Comunista d'Italia, deciso a muoversi secondo le direttive del Comintern e a ricusare ogni forma di alleanza con il PSI. Questi era accusato di "cretinismo parlamentare" da Marx stesso e avversato dalla III internazionale, la quale si era promessa, nel momento della sua nascita, di caldeggiare con fermezza la causa rivoluzionaria del proletariato, senza incorrere in compromessi.

Bordiga prima e Gramsci nel 1926 si susseguono rivestendo la carica di segretario del PCd'I, il 5 dicembre dello stesso anno il partito viene soppresso dal regime fascista, non impedendo a esso, tuttavia, di continuare la sua attività clandestinamente.

Gramsci è anche uno dei fondatori de "l' Ordine Nuovo", insieme a Palmiro Togliatti, Angelo Tasca e Umberto Terracini. Un ordine nuovo, per l'appunto, è quello che Gramsci vuole assicurare al proletariato, in ottemperanza alla dottrina marxista-leninista la quale con la III internazionale non ammetteva cedimenti o compromessi che per via parlamentare impedissero la dittatura del proletariato.

Gli ordinovisti costituiscono l'ossatura del PCd'I, dedicando il proprio giornale all'educazione del proletariato, alla divulgazione della dottrina marxista, alla discussione e anche al suggerimento di letture esplicative che chiarissero il percorso della rivoluzione.

Gramsci è un intellettuale di forma mentis marxista: critico, analitico, lucido, razionale, sempre propenso a riflettere e a studiare la società, la politica, la cultura, l'economia e la storia italiane, sviscerandone i rapporti di forza, le strutture e le sovrastrutture. La sua è un' indagine critica finalizzata all'attuazione del progetto marxista, dell'emancipazione del proletariato dallo sfruttamento della borghesia capitalistica.

Gramsci oggi è fondamentale e una sua riproposizione risulta necessaria per la Sinistra che sta vivendo una crisi di partito e un' assenza di idee sconcertanti.

L' esperienza di Gramsci è indissolubilmente legata alla teoria e alla prassi del partito comunista e ci sprona a chiederci se l' attuale partito democratico, che si definisce "di sinistra", non debba recuperare, rivalutare e rielaborare in un paradigma nuovo la sua corrente di pensiero e azione, cosicché possa individuare una prospettiva reale e rivoluzionaria di cambiamento.

Idee, progetti e passione. Questo è ciò che manca e che serve all' Italia.

Ma che cos'è il Partito per Gramsci ?

Nella raccolta di articoli "La rivoluzione italiana", possiamo godere di un ampia gamma di elaborati analitici che mirano a definire e articolare il Partito, nelle sue propaggini e nelle sue forme di attività politica.

Qui di seguito si stilerà uno schema che illustra la fisionomia e la struttura che il Partito Socialista Italiano, prima, e quello Comunista, dopo la scissione, debbono adottare a modello secondo Gramsci.

 

L'intransigenza

 

In un articolo pubblicato il 18 maggio 1918, ne "Il Grido del Popolo", che s' intitola "L'intransigenza di classe e la storia italiana", Gramsci vaglia la situazione spinosa che sussisteva fra la direzione del PSI e il gruppo parlamentare. I primi erano denominati "intransigenti" e non deflettevano dal loro proposito di aborrire ogni compromesso con l'ala democratico - liberale di Nitti e Giolitti; i secondi, detti "relativisti", invece manifestavano la chiara volontà di allearsi con Nitti e Giolitti, al fine di intraprendere un' azione di governo compatta, rinunciando però alla propria linea di partito (antitesi dello Stato borghese sfruttatore, integralismo delle proprie idee, dittatura del proletariato).7

Gramsci ricusa ogni possibilità di compromesso, sottolineando quanto questo fosse favorevole al gruppo Giolitti - Nitti, rappresentante della destra liberale capitalistica. Al partito democratico oggi manca l' intransigenza come mezzo di affermazione del proprio progetto, oggi prevalgono soprattutto i "relativisti" di Letta, Bersani, Franceschini e tutta la compagine del partito che, fuorché una minoranza fra cui Civati, si è addossata la responsabilità di un inciucio con il PDL del condannato Berlusconi. Ci sono varie modalità di compromesso: quello sostenuto dai "relativisti" del PSI era un tentativo di ottenere dei risultati pratici e temporanei che lenissero lo sfruttamento cui erano soggetti gli operai; quello della maggioranza del PD è un compromesso trasformista e conservatore che ha l'unico scopo di cristallizzare il contesto sociale italiano, tutelando soltanto determinati interessi costituiti, i quali non vogliono assolutamente che si cambi l' ordine vigente.

Non tollera alcun "pateracchio parlamentare" Gramsci, perché per lui la politica del partito deve essere innanzitutto intransigenza e convinzione del sistema di scelte che si vuole propugnare e applicare.

 

"L' intransigenza è presentata come inerzia mentale e politica; si accenna alle posizioni migliori che il proletariato potrebbe conquistare"

 

Gramsci si riferisce al proletariato, la base di riferimento del PSI dell' epoca, noi possiamo trasporre questa osservazione a oggi. Qualsiasi politico, che sia del PD o del PDL, eccetto l'opposizione, si consuma in reiterate litanie che recitano quanto possiamo agevolare la crescita, preservando con le unghia e con i denti la "stabilità"; inoltre si fa appello al "buon senso", all' "interesse del paese", esecrando qualsiasi forma di contrasto. Non a caso in Parlamento non si intavolano discussioni su tematiche "divisive" (termine usato più volte) e il Governo emana decreti a bizzeffe, presentandoli con valore di legge ordinaria, quindi superando la soglia di costituzionalità sentenza della corte costituzionale del 1996 . Ma se non si promuove il dibattito sui diritti e se il PD non persegue il percorso della democrazia sostanziale, nonché dell' implementazione dei principi della Costituzione, allora la politica non ha più ragion d'essere, anzi perde il suo scopo di fare delle scelte.

 

"La collaborazione non può essere giustificata né con ragioni contingenti, né con teorizzazioni logiche. E' un errore storico, ed è un errore logico. Il realismo collaborazionista è puro empirismo."

 

Gramsci avvalora la sua tesi, aggiungendo che una falsa soluzione di compromesso (inciucio) non può avvalersi di giustificazioni legate a fattori contingenti (crisi economica) o a modifiche della propria ideologia (PD-PDL). Oggi il PD ha immolato il proprio progetto e la propria identità sull' altare della stabilità, delegittimandosi dinanzi ai propri elettori per mezzo dell' alleanza con il condannato Berlusconi e il suo pseudopartito di servili leccapiedi.

L'errore logico e storico di aberrare dalle proprie idee e di attuare soluzioni estemporanee e per nulla lungimiranti, se non addirittura inefficaci e miopi, baloccandosi nell' illusione che la collaborazione sia proficua, è un suicidio politico. Si rinuncia a discutere sulle problematiche fondamentali dell' Italia, oltre che alla propria visione di partito della realtà, preferendo non scegliere e realizzare delle riforme monche, che possono solo servire nell' immediato nel migliore dei casi, ma che non sfiorano minimamente il nodo centrale della crisi.

Un editorialista della "Stampa", al quale rispose Gramsci, scriveva che l' antitesi di classe si era sempre risolta nella storia con una sintesi frutto dell' alienazione di "ciò che fu" e dell' integrazione di "ciò che sarà" fino all' affermazione graduale dell' utopia che diventa realtà.

Gramsci controbatte che, se veramente si vuole mutare il sistema in cui viviamo (ancora oggi), bisogna evitare categoricamente una sintesi prefissata anteriormente (inciucio), quindi un contratto a priori e conservatore fra classi. La sintesi di cui parla l' editorialista della "Stampa", supportata dai "relativisti" e riproposta oggi in Parlamento, non è una sintesi storica, che come premessa implichi un confronto dialettico fra parti discordanti e che come conseguenza generi una situazione di reale cambiamento, bensì "arbitrio puerile", è un tentativo di "ipotecare il futuro", il futuro di chi dovrà succedere a questo ceto politico balordo e meschino, il futuro di una cittadinanza sciagurata che sarà costretta a patire i postumi di un' Italia devastata.

La storia non è "un calcolo matematico", non si può programmare a tavolino, e "ciò che sarà", l'utopia, deve essere vissuto quotidianamente, senza cedimenti verso l'abietto trasformismo.

 

"Solo se questi fini massimi sono perseguiti col metodo dell' intransigenza, la dialettica è storia e non arbitrio puerile, è risultato solido, e non sbaglio, che bisogni disfare e correggere."

 

"Per dirla più facilmente ancora: l' intransigente e il relativista dicono ambedue: per far scoccare la scintilla bisogna battere l' acciarino contro la selce. Ma mentre l' intransigente sta per battere, il relativista dice: sta' buono, la scintilla l'ho io in tasca. Accende un fiammifero e aggiunge: ecco la scintilla che nascerebbe dall' urto ormai reso inutile. E accende il sigaro. Ma chi può prendere per senso hegeliano della storia, per pensiero marxistico un tale miserevole giuoco di bussolotti ?"

 
"L'intransigenza non è inerzia, perchè obbliga gli altri a muoversi ed operare. Essa è basata non su stupidaggini, come abilmente insinua la "Stampa": è una politica di princìpi... [...] L'intransigenza è il solo modo di essere della lotta di classe. E' il solo documento che la storia si sviluppa e crea valori solidi, sostanziali, non "sintesi privilegiate", sintesi arbitrarie, confezionate di comune accordo tra la tesi e l'antitesi che hanno fatto comunella insieme, come l' acqua e il fuoco di buona memoria"

 "L'intransigenza è inerzia, nevvero ? Ma il movimento non è solo atto fisico, è anche intellettuale, eccettuato che per le marionette. Togliete al proletariato la sua coscienza di classe: marionette, quanto movimento"

 
Il Partito solidale e coscienziale

 
"E' necessario dare una forma e una disciplina permanente a queste energie disordinate e caotiche, assorbirle, comporle, potenziarle, fare della classe proletaria e semiproletaria una società organizzata che si educhi, che si faccia una esperienza, che acquisti una consapevolezza responsabile dei doveri che incombono alle classi arrivate al potere dello Stato."

Consapevolezza ed educazione. Questi sono i due cardini del partito, premesse imprescindibili della rivoluzione. Soltanto un partito di cittadini che si educano e che si confrontano dialetticamente può comportare un reale "cambiamento", termine usato oggi continuamente e a sproposito; la presa di coscienza è fondamentale, perchè propedeutica ad un' azione collettiva. Questa deve prima chiarire e fissare i propri mezzi e i propri fini, poi, dopo un processo di autoeducazione e presa di coscienza, può autodeterminarsi. Oggi al PD mancano sia la percezione dell' importanza capitale dell' educazione, intesa come cultura e condivisione, sia un senso comune, che unisca e compatti il partito dietro una ferma cognizione della propria identità, dei mezzi e dei fini, i quali dovrebbero agire nel retroterra della democrazia. Aleggia diffusa un' ignoranza della teoria e della prassi democratiche che menoma il regolare svolgimento dell' attività di partito. Per Gramsci il Partito deve incarnare uno stile di vita, devoto alla solidarietà e all' amore sacro per la politica, in più, deve contraddistinguersi per senso di responsabilità e disciplina.

 "Un tale sistema di democrazia operaia (integrato con organizzazioni equivalenti di contadini) darebbe una forma e una disciplina permanente alle masse, sarebbe una magnifica scuola di esperienza politica e amministrativa, inquadrerebbe le masse fino all' ultimo uomo, abituandole alla tenacia e alla perseveranza, abituandole a considerarsi come un esercito in campo che ha bisogno di una ferma coesione se non vuole essere distrutto e ridotto in schiavitù."

 Con il Partito così delineato si "diffonderebbe una coscienza dei doveri e dei diritti del compagno e del lavoratore, concreta ed efficiente perchè generata spontaneamente dall' esperienza viva e storica".

Oggi manca la coscienza dei diritti, che si sono svuotati di significato e che non vengono esercitati, e dei doveri, totalmente obliterati sia dalla sfera morale che da quella etica, quindi sia da una prospettiva privata, di percezione individuale dell' "essere giusto in virtù di se stessi", sia da una prospettiva pubblica, di percezione personale dell' "essere giusto in virtù della collettività". Non a caso la definizione di cittadinanza è "insieme dei diritti e dei doveri del cittadino".

 
"[...] la discussione in comune, che modifica simpaticamente le coscienze unificandole e colmandole di entusiasmo operoso. Dire la verità, arrivare insieme alla verità, è compiere azione comunista e rivoluzionaria"

 
La solidarietà per Gramsci è la virtù necessaria di un' associazione tipica qual è il Partito. Egli parte dal presupposto che in una società capitalista conta il cittadino-individuo che, in quanto lavoratore, conduce un' esistenza scandita dal mercato della libera concorrenza, in cui i suoi più alti valori, quali la sua vita, la cultura, la vita e l'avvenire della sua famiglia, sono oggetti passivi delle oscillazioni del mercato. Per sconquassare questo sistema, bisogna promuovere il Partito, perchè incarna il grado successivo ad una vita atomistica, quindi marcatamente egoistica, come quella del cittadino-individuo. Il Partito è un' unione di individui che diventano persone all' interno di una collettività solidale e di mutuo soccorso: con esso "il lavoratore tenta di uscire dalla sfera della concorrenza e dell' individualismo". Il Partito concorre infine per la "preminenza nella direzione e nel disciplinamento della società"; si può aggiungere che esso, in un' ottica moderna quindi proficua per il Partito Democratico, deve sempre agire nel rispetto assoluto della democrazia, sia per quanto riguarda i suoi mezzi che per quanto riguarda il fine che essa si propone, ovvero il benessere collettivo, e non "la dittatura del proletariato"...

"Gli istinti individuali egoistici si sono smussati, un' anima comune unitaria si è modellata, i sentimenti si sono conguagliati, si è formato un abito di disciplina sociale"

Dominare la realtà e non assorbirla. Questo è ciò cui si vuole pervenire con il Partito: fare di se stesso, in quanto cittadino, "faber ipsae fortunae", senza che qualcun altro decida per noi. "La psicologia maieutica" deve servirci per crescere e far germinare in noi la coscienza della nostra verità. Il Partito è, per Gramsci, anche una risposta risoluta alla presunta ineluttabilità e immutabilità dell' ordine vigente di ingiustizie e servitù.

 
"La storia è un continuo farsi, è quindi essenzialmente imprevedibile. Ma ciò non significa che "tutto" sia imprevedibile nel farsi della storia, che cioè la storia sia dominio dell' arbitrio e del capriccio irresponsabile. La storia è insieme libertà e necessità. Le istituzioni, nel cui sviluppo e nella cui attività la storia si incarna, sono sorte e si mantengono perchè hanno un còmpito e una missione da realizzare." 

 
Le istituzioni che sono state create nel corso della storia rispondono a dei bisogni che si sono palesati e hanno manifestato istanza di soddisfacimento. Le forze produttive sono la causa dei rapporti di produzione che rappresentano un modo di sfruttare le forze stesse, nonché determinati bisogni, i quali, tuttavia, mutano del corso della storia. Mutando i bisogni e non essendo più adeguati i rapporti di produzione al soddisfacimento delle forze produttive, mutano anche le sovrastrutture che noi uomini abbiamo creato per legittimare un modo di produzione (religione, sistema giuridico, politico e così via), superando pure "la consapevolezza spirituale" della validità di queste, che credevamo inoppugnabile. A questo punto Gramsci menziona "il genio politico": chi nel Partito si dimostra capace di compiere delle scelte, scrutando a priori determinate tendenze strutturali della società e annesse esigenze o punti di contatto con il progetto politico che si vuole attuare.

Gramsci parla in un suo articolo dell' esperienza del primo conflitto mondiale, indiretta causa della maturazione di uno spirito collettivo incline ad un' adesione al PSI e al PCd'I, che si erano mantenuti coerenti con la loro linea di neutralità (si ricorda che verso la fine della guerra i soldati italiani avevano esternato nelle loro lettere dal fronte delle simpatie verso il comunismo e il socialismo, promotori della pace). Le energie sprigionatesi dalla dura esperienza della guerra, sostiene Gramsci, devono essere incanalate ed espresse razionalmente dal Partito, il quale si deve rendere portatore di queste esigenze: pace e giustizia.

Dice Gramsci che le "conquiste spirituali" dei soldati, reduci dalla guerra e avvicinatisi alla causa socialista e comunista, non devono andare perdute, ma formate e organizzate in modalità di azione collettiva che perseguano un fine preciso.

Anche oggi il PD si è dimostrato sordo alle "conquiste spirituali" degli italiani, soprattutto dei giovani e dei pochi militanti del partito, infatti, come sostiene Barca, militante di un certo rilievo ed emergente nel PD, il Partito ha un enorme potenziale di sviluppo e sul territorio può godere di una miriade di potenziali militanti, giovani e non, che sono spinti da un' ardente voglia di rivalsa e di riappropriazione del proprio presente e futuro che è stato tolto loro da una classe dirigente irresponsabile e vile.

 
"Le conquiste spirituali [...] possono andare perdute se non si riesce a inserire tutti gli individui in organi di vita nuova collettiva, nel funzionamento e nella pratica dei quali le conquiste possano solidificarsi, le esperienze possano svilupparsi, integrarsi, essere rivolte consapevolmente al raggiungimento di un fine storico concreto. Così organizzati i contadini diventeranno un elemento di ordine e di progresso; abbandonati a se stessi, nell' impossibilità di svolgere un' azione sistematica e disciplinata, essi diventeranno un tumulto incomposto, un disordine caotico di passioni esasperate fino alla barbarie più crudele delle sofferenze inaudite che si vanno profilando sempre più spaventosamente"

 

"La rivoluzione non è un atto taumaturgico, è un processo dialettico di sviluppo storico." Bisogna diffidare di soluzioni facili ed emotive, come il Movimento 5 Stelle di Grillo o l' ex Rivoluzione Civile di Ingroia, pertanto le basi per il "cambiamento" sono quelle suddette: un Partito solidale, coscienziale, con dei mezzi e dei fini discussi e fissati con cognizione di causa e convinzione, un Partito "maieutico", politico (che compia delle scelte, che abbia un progetto e passione), educatore ai valori della democrazia formale e sostanziale (Costituzione), mediatore delle esigenze della cittadinanza di cui deve curare la formazione della coscienza dei propri diritti e doveri ("addestrare le masse all' autogoverno"), un Partito intermezzo di un' azione collettiva,  animato da un confronto dialettico di idee, promotore del benessere collettivo e smorzatore dell' atomismo egoistico che avvince i cittadini italiani, preoccupati esclusivamente di "curare il proprio orticello".

" Se non si getteranno le basi del processo rivoluzionario nell' intimità della vita produttiva, la rivoluzione rimarrà uno sterile appello alla volontà, un mito nebuloso, una Morgana fallace: e il caos, il disordine, la disoccupazione, la fame inghiottiranno e stritoleranno le migliori e più vigorose energie proletarie."

 
 

l Partito degli sfruttati e del lavoro

 

Gramsci, il PCd'I, il PSI, tutta la corrente politica di sinistra incentrava la sua linea politica sul lavoro, sulla tutela e la rivoluzione del proletariato, sul Marxismo-Leninismo, sugli operai e i contadini. Ogni sottocorrente aveva i suoi mezzi e fini privilegiati, discostandosi da Marx e Lenin o tutelando un elettorato che ora comprendeva solo i contadini ora solo gli operai. Però su un punto trovavano un convergenza unitaria: la protezione degli sfruttati e del lavoro non alienato.

Gli sfruttati del tempo erano contadini e operai. E oggi ? Chi sono i nuovi sfruttati ? In una società attuale in cui le classi e i ceti sociali sembrano stingersi, il Partito Democratico a quale elettorato deve fare riferimento ? La classe operaia è regredita sia in quanto a coscienza di se medesima sia come consistenza sociale; anche i contadini, dal canto loro, sono diminuiti numericamente ed entrambe le classi sociali, con i loro settori economici di riferimento (agricoltura e industria), si sono imbattute in una crisi e una regressione senza precedenti. Lo stesso economista emerito Paolo Sylos Labini documenta tale trasformazione nel suo libro "La crisi italiana", pubblicato nel 1994.

"Sotto l’aspetto delle categorie economiche, in questo

dopoguerra le trasformazioni più rilevanti sono avvenute

in agricoltura (l’esodo agrario è stato gigantesco) e

nei servizi – ormai l’occupazione nei servizi privati e

pubblici rappresenta il 60% della popolazione attiva –.

Dal punto di vista delle classi e delle categorie sociali, è

fortemente cresciuta la piccola borghesia impiegatizia e

sono cresciuti i commercianti – circa il doppio –, mentre

la “classe operaia”, dopo essere aumentata, nei primi

venti anni, dal 41 al 47%, è poi diminuita ed ora non arriva

al 40%."

 
Tabelle integrali presenti nel libro

Classi e categorie sociali (composizione percentuale)

 
1951
1971
1983
1993
1. "Borghesia"
2
3
3
3
2. Classi medie urbane di cui
26
38
46
52
Impiegati privati
5
9
10
11
Impiegati pubblici
8
11
16
18
Artigiani
5
5
6
6
Commercianti
6
8
9
11
3. Contadini proprietari
31
12
8
6
4. Classe operaia di cui
41
47
43
39
Salariati agricoli
12
6
4
3
Operai dell' industria
23
31
28
25
Commercio, trasporti e servizi
6
10
11
11

 Categorie economiche (composizione percentuale)

 
1951
1971
1983
1993
1. Agricoltura
43
18
13
9
2. Industria e artigianato
35
42
35
32
3. Servizi
15
30
36
41
4. Pubblica amministrazione
7
10
16
18

 

Dunque, le classi operaia e contadina hanno subìto una regressione a favore delle classi medie urbane, composte da impiegati privati e pubblici, artigiani e commercianti, e a vantaggio della "Borghesia" (altolocata). I settori dell' industria e dell' agricoltura hanno ceduto dinanzi alla crescita dei settori dei Servizi e della Pubblica amministrazione. Sembrerebbe che la Sinistra abbia perso i suoi ceti sociali e le sue categorie economiche di riferimento tradizionale; in più, come ha precisato Barca, nella conferenza svoltasi a Palermo "Viaggio a Sinistra", una consistente porzione della classe operaia ha votato PDL, la Destra, alle elezioni nazionali, eguagliando la porzione di votanti operai che hanno scelto il PD, un partito che dovrebbe essere di Sinistra.

Oltretutto Marcuse, un filosofo, politologo ed un luminare delle Scienze Sociali appartenente alla Scuola di Francoforte, in una sua opera poco comune ("L' uomo a una dimensione"), sottolinea quanto il proletariato sia stato smembrato e intorbidito dalla logica capitalistica. In sostanza, puntualizza che i partiti comunisti, quando ancora esistevano, incontravano vari intralci nel consolidamento della propria base elettorale a causa dell' assimilazione del proletariato operaio allo stile di vita capitalistico: se prima la classe operaia rappresentava una realtà a sé stante, al di fuori del capitalismo, verso il quale si presentava come una contraddizione vivente del sistema da esso perpetuato, dopo il secondo dopoguerra gli operai cominciano ad imborghesirsi, inoltre questi ultimi, le cosiddette "tute blu", hanno ceduto il posto alla tecnologia, che ha automatizzato il processo produttivo, e ai "colletti bianchi", i supervisori (geometri, ingegneri, architetti, managers ecc.) . E' ormai impossibile distinguere un operaio da un borghese: vestono molto probabilmente allo stesso modo, indossano un paio di Hogan, hanno un I-phone, un pc, un televisore, consumano allo stesso modo, si riconoscono in uno stesso stile di vita, mentre prima era facile distinguere un operaio da un borghese di qualsiasi professione, già basandosi sul solo abbigliamento. Quindi è stata sfumata la diversità sociale e culturale, di conseguenza si è formata "una nuova Sinistra nata dentro l'universo borghese", come afferma Pier Paolo Pasolini in un suo articolo.
Quali sono i nuovi sfruttati ? Marcuse risponde nello stesso libro che sono i "reietti", coloro i quali sono relegati ai margini della società e che pertanto sono avulsi dal contesto di condizionamenti borghesi, al quale è stato sottoposto il proletariato operaio. Secondo Berlinguer, gli sfruttati sono quelli che appartengono al sottoproletariato, al di sotto della classe operaia e contadina. Nel 2013 chi sono gli sfruttati ? Sono gli stessi operai, i contadini, seppur imborghesiti e regrediti numericamente, sono i giovani appartenenti alla borghesia media e medio - bassa, disoccupati e spaesati, conducenti una vita monotona, pragmatica, disillusa e programmata, sono gli immigrati innumerevoli che vengono schiavizzati per lavorare in nero, in condizioni di insicurezza e violazione dei loro diritti, sono gli omosessuali (transessuali ecc.), minoranza discriminata, sono le donne che hanno raggiunto una parità di trattamento e di diritti solo formale. Non possono non essere considerati anche gli sfruttati dei paesi sottosviluppati e in via di sviluppo, vittime di un nuovo imperialismo globale e finanziario, dai quali noi occidentali traiamo profitto e risorse primarie come il petrolio ("John Perkins,"Confessioni di un sicario dell' economia") o energie rinnovabili varie (progetto desertec). Il PD deve occuparsi di questi sfruttati, fra i quali annoveriamo le vittime del lavoro alienante, efficiente, meccanico, produttivo e monotono. L' uomo non è fatto per stare dietro ad una scrivania per tutta la sua vita o per vedere il suo percorso di studi, culminato con la laurea, sminuito e infangato da un sistema che lo obbliga in ultima ratio a fare il cameriere, il barista, il tassista, l' impiegato comunale o regionale, e così via. Il lavoro libero, creativo e universale, infine, è il baluardo che Gramsci enfatizza e avvalora e che la nostra Costituzione menziona al primo principio fondamentale, in quanto espressione e soddisfazione della propria personalità. La Sinistra deve lavorare, perchè tutti noi ci sentiamo come "l' operaio che, dopo essersi pensato come un momento necessario e insopprimibile dell' attività di un complesso sociale che produce l'automobile, supera questa fase e vede tutta l' attività torinese dell' industria produttrice di automobili... [...] Muovendo da questa cellula, la fabbrica, vista come unità, come atto creatore di un determinato prodotto, l' operaio assurge alla comprensione di sempre più vaste unità, fino alla nazione, che è nel suo insieme un gigantesco apparato di produzione..."

 
Il Partito, il ruolo della dirigenza, degli organi periferici e il decentramento del potere decisionale

 
La dirigenza del partito deve adempiere al suo ruolo di organo direzionale, quindi deve indirizzare il complesso dei vari circoli periferici entro una linea teorica e pratica unitaria. La dirigenza deve essere in grado di cogliere il movimento decentrato del partito, unificando la molteplicità delle idee in un sistema di idee unitario che "centralizzi" il partito, conferendogli un' unità ed una compattezza necessarie per svolgere una proficua attività politica. Ma, allo stesso tempo, la dirigenza non deve cristallizzarsi, come è avvenuto nel PD, anzi deve porsi in secondo piano rispetto al Partito come movimento dei militanti; l'unica prerogativa di cui gode è di incanalare le energie sprigionatesi dall' attività dei circoli entro una linea sistematica e disciplinata di pensiero e di azione. Uscire dalla sua condizione di ghetto e rinfocolare l' attività di circolo, decentrando il potere decisionale e indirizzandone l' operato.

 "Il Partito Socialista è indubbiamente il massimo "agente" di questo  processo di sfacelo e neoformazione, ma non è e non può essere concepito come la forma di questo processo, forma malleabile e plasmabile ad arbitrio dei dirigenti."

 
"Ecco che il partito si viene così identificando con la coscienza storica delle masse popolari e ne governa il movimento spontaneo, irresistibile: questo governo è incorporeo, funziona attraverso milioni e milioni di legami spirituali, è una irradiazione di prestigio, che solo in momenti culminanti può diventare un governo effettivo: per un appello in piazza, per uno schieramento corporeo di forze militanti, disposte alla lotta per allontanare un pericolo, per dissolvere una nube di violenza reazionaria."

 
"Il Partito rimane la superiore gerarchia di questo irresistibile movimento di masse, il Partito esercita la più efficace delle dittature, quella che nasce dal prestigio, che è l' accettazione cosciente e spontanea di un' autorità che si riconosce indispensabile per la buona riuscita dell' opera intrapresa."

 L'ammonimento di Gramsci è rivolto alle gerarchie del Partito Socialista del suo tempo, ma può essere utile ancora oggi:

 
"Guai se per una concezione settaria dell' ufficio del Partito nella rivoluzione si pretende materializzare questa gerarchia, si pretende fissare in forme meccaniche di potere immediato l' apparecchio di governo delle masse in movimento, si pretende costringere il processo rivoluzionario nelle forme del Partito; si riuscirà a deviare una parte degli uomini, si riuscirà a "dominare" la storia; ma il processo reale rivoluzionario sfuggirà al controllo e all' influsso del Partito, divenuto inconsapevolmente organismo di conservazione."

  
"Il Partito Socialista assiste da spettatore allo svolgersi degli eventi, non ha mai un' opinione sua da esprimere...non mai parole d' ordine che possano essere raccolte dalle masse, che possano dare u indirizzo generale, unificare e concentrare l'azione rivoluzionaria."

 
"La direzione del Partito è stata assente sistematicamente dalla vita e dall' attività delle sezioni, degli organismi, dei singoli compagni. [...] è naturale che in tali condizioni il Partito sia scaduto nella fiducia delle masse e che in molti luoghi le tendenze anarchiche abbiano tentato di prendere il sopravvento... [...] se il Partito non realizza l' unità e la simultaneità degli sforzi, se il Partito si rivela un mero organismo burocratico, senza anima e senza volontà, la classe operaia istintivamente tende a costituirsi un altro partito e si sposta verso le tendenze anarchiche che appunto aspramente e incessantemente criticano l'accentramento e il funzionarismo dei partiti politici."

 

Dovrebbero essere parole che esprimono un contesto superato, eppure è incredibile scorgere in questa critica la portata storica che si protrae tutt' oggi (La storia si ripete...). Cambiano i tempi, ma le tare del Partito Socialista prima e di quello Democratico oggi sono sempre le stesse: oggi il PD assiste da spettatore allo svolgersi degli eventi: non ha partecipato alle manifestazioni NO MUOS, non ha raccolto le istanze di giustizia degli operai di tutte le fabbriche che hanno chiuso, come quelle FIAT che sono state smantellate dallo spietato Marchionne, non ha ascoltato le istanze di giustizia dei contadini (Movimento dei Forconi, blocco delle autostrade), non ha considerato le esigenze degli immigrati che ormai costituiscono una porzione ragguardevole della popolazione italiana e che hanno chiesto il diritto alla cittadinanza (IUS SOLI, Kyenge), non ha ascoltato i giovani di tutta Italia che, nonostante qualche metodo di protesta illegale e fine a se stesso (occupazione dei licei e degli atenei), meritavano di essere considerati e riconosciuti, visto che hanno ereditato un' Italia rasa al suolo. La lista continua...il PD semplicemente non esiste, è sostenuto per inerzia solo dai suoi organi comunali, provinciali e regionali che sono sconnessi dalla dirigenza centrale, la quale ha preferito autopreservarsi per tutelare i propri interessi di casta.

 


Spontaneità e direzione consapevole

 
In un suo articolo Gramsci esamina le differenze fra la "spontaneità" delle masse e la "direzione consapevole" del Partito che dovrebbe saperne trarre delle linee guida per la sua attività teorica e pratica.

Il Partito è un intermezzo, esso trae le proprie forze e le proprie energie dalla "spontaneità" delle masse. Per "spontaneità" si intende quel processo mediante cui emerge il coacervo di istanze, ancora emotive e sconnesse fra loro, delle masse. In questo processo le masse non hanno la cognizione dell' importanza della storia, intesa come sviluppo dialettico di eventi e contesto in cui realizzare le proprie richieste, pertanto non possiedono la "coscienza di classe" ("per sé"), ovvero la consapevolezza di sé come soggetto all' interno della storia, agente come protagonista quotidiano. Ogni membro della massa possiede un elemento di "direzione consapevole" delle proprie esigenze, ma questo non supera "la scienza popolare" di un determinato strato sociale né del "senso comune" ossia della "concezione del mondo tradizionale di quel determinato strato".

Dunque l' attività politica inizia dai "sentimenti spontanei" delle masse ( o se vogliamo attualizzare "cittadini"),

" [...] spontanei nel senso che non dovuti a un' attività educatrice sistematica da parte di un gruppo dirigente già consapevole, ma formatosi attraverso l' esperienza quotidiana illuminata dal "senso comune" cioè dalla concezione tradizionale popolare del mondo, quello che molto pedestremente si chiama "istinto" e non è anch' esso che un' acquisizione storica primitiva ed elementare."

prosegue con la "direzione consapevole", necessaria perchè questi sentimenti vengano mediati razionalmente e unificati, nonché dotati di una coscienza complessiva di grado superiore e collettivo, che superi il contesto del "senso comune" popolare per intraprendere una vera e propria attività politica di Partito.

 
"Trascurare e peggio disprezzare i movimenti così detti "spontanei", cioè rinunziare a dar loro una direzione consapevole, ad elevarli ad un piano superiore inserendoli nella politica, può avere spesso conseguenze molto serie e gravi. Avviene quasi sempre che a un movimento "spontaneo" delle classi subalterne si accompagna un movimento reazionario della destra della classe dominante, per motivi concomitanti: una crisi economica, per esempio, determina malcontento nelle classi subalterne e movimenti spontanei di massa da una parte, e dall' altra determina complotti dei gruppi reazionari che approfittano dell' indebolimento obbiettivo del governo per tentare colpi di Stato."

 

Il Partito ideologico

 
Gramsci in numerosi suoi articoli constata che il Partito Socialista ha fallito miseramente, prostrandosi al Fascismo, perchè non ha saputo preparare la propria dirigenza e i militanti nei vari organi ad una cognizione totale dell' Italia, in tutti i campi che contribuiscono alla sua vita e crescita quotidiana: campo sociale, economico, politico, ideologico, culturale...Un Partito di Sinistra per Gramsci deve avere un' ideologia che si contrapponga all' egemonia della classe e del ceto preponderanti. Gramsci formulerà il suo concetto originale di "egemonia": questa è l' unione della "dirigenza" e del "dominio" e fa capo ad una compagine sociale predominante. La "dirigenza" si concretizza nel possesso degli organi di informazione e nella preservazione delle sovrastrutture che legittimano l' ordine vigente, la cui eternità è indotta tramite manipolazione intellettuale. Il "dominio" si manifesta nella conservazione violenta di un determinato modo di produzione e distribuzione delle merci, quindi si assiste alla forzata cementificazione delle strutture economiche esistenti che col tempo risultano necessarie e immutabili.

L'ideologia del Partito di Sinistra deve essere anti-sistema, deve necessariamente contrapporsi alla schiavitù intellettuale ed economica che esso perpetua. Il comunismo è morto, i rapporti fra le forze sociali, le strutture e le sovrastrutture sono cambiate. Oggi il Partito Democratico a quale ideologia deve rivolgersi ? La risposta sembra identificarsi con la Democrazia. Oggi la Democrazia non esiste in Italia, viviamo in un regime totalitario che con la tecnologia, l' iper - razionalizzazione della società, il dominio dell' economia sulla politica e la manipolazione psicologica dei bisogni  è riuscito a bloccare il processo dialettico di progresso della storia, instaurando "il dominio dell' uomo sull' uomo". Il Capitalismo non ha bisogno di temere che le forze produttive arrivino ad un punto in cui necessitino rapporti di produzione diversi, perchè i bisogni li crea, nuovi e superflui, con la pubblicità e il consumismo smodato. La Democrazia ci può salvare. L' educazione alla teoria e alla prassi democratiche può affrancarci dalle ingiustizie e dalle turpitudini che vengono perpetrate scelleratamente. Come sostiene Zagrebelsky, nella sua opera "Il crucifige e la democrazia" , dobbiamo promuovere una democrazia critica, basata sull' educazione reciproca e il dubbio, sull' autogoverno e la distribuzione del potere decisionale, una democrazia possibilista, che ci ricordi sempre che la realtà esistente non è immutabile nè necessaria, bensì infinitamente multiforme, una democrazia con una fervente e feconda società civile, scissa dallo Stato, una democrazia che consideri i limiti dell' uomo, che sia libera dallo scetticismo, dal dogmatismo e dal populismo, in cui regni un equilibrio fra pessimismo, rivolto al presente, e ottimismo complementare, proteso verso il futuro.

"Che fare dunque ? Da che punto incominciare ? [...] riunirsi, comprare dei libri, organizzare lezioni e conversazioni su questo argomento, formarsi dei criteri solidi di ricerca e di esame e criticare il passato, per essere più forti nell' avvenire e vincere."

                                                                                                                                 Ugo Giarratano










 

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