sabato 16 marzo 2013

G8 Genova, Follia e Repressione

SEZIONE INCHIESTA

La manifestazione che divenne guerra,

la scuola che divenne inferno


Dal 20 al 22 Luglio 2001 in una Genova blindata si svolge il vertice del G8, incontro informale tra i rappresentanti degli 8 paesi più industrializzati del mondo. Il G8 verrà ricordato principalmente per le azioni di danneggiamento alla città causate dal gruppo estremista denominato "black block" e per le violente cariche delle forze dell'ordine contro i manifestanti, che porteranno a 200 arresti, 1000 feriti ed un manifestante ucciso.


La scelta di insediare il G8 nella città di Genova fu subito criticata a causa della topografia della città che mal si prestava ad un evento di questa portata. Le altre papabili città che avrebbero potuto ospitare l'evento erano Roma, Napoli e Milano: la prima fu scartata per motivi climatici dovuti al troppo caldo durante il mese di Luglio, la seconda poichè non si poteva garantire l'ordine pubblico a causa della struttura della città, la terza per motivi tecnici legati alla ristrutturazione delle zone interessate durante il G8. Genova fu quindi blindata e divisa in zone di sicurezza ad accesso limitato(zona gialla) ed un'altra riservata all'accesso dei soli residenti(zona rossa).


Alle manifestazioni di protesta parteciparono 700 gruppi e associazioni di diversa ispirazione e nazionalità, aderenti o fiancheggianti il "Genoa Social Forum", responsabile dell'organizzazione e del coordinamento delle manifestazioni. Tra il 19 ed il 20 Luglio arrivarono anche i gruppi più estremisti e violenti denominati "black block" che saranno poi gli artefici della distruzione della città.


Il 20 Luglio iniziano le manifestazioni, la città è sommersa, la polizia controlla il flusso e intorno alle 12 i primi black block iniziano ad armarsi, escono bastoni, spranghe e mazze, staccano anche i mattoni dal marciapiede; la preparazione allo scontro ha inizio. Cominciano i primi incidenti, infatti il gruppo armato inizia ad incendiare i cassonetti dell'immondizia e ad assaltare negozi e banche compiendo atti di vandalismo anche sugli oggetti circostanti. La follia si propaga in tutta la città. Il centralino della polizia di Genova sembra esplodere, giungono migliaglia di telefonate con richiesta di intervento contro i manifestanti che stanno distruggendo la città, la popolazione inizia a criticare l'operato della polizia per il suo mancato intervento preventivo, viene accusata inoltre di aver perso il controllo della città e di aver permesso ai manifestanti di fare quello che volevano.


La polizia è così costretta a girovagare per la città iniziando a lanciare i primi fumogeni. Durante le ore successive le forze dell'ordine subiranno una pressione psicofisica e mentale che porterà alle violente cariche contro i manifestanti.



In via Tolemaide il corteo e le forze di polizia entrano in collisione. Questo porterà agli scontri più gravi con attacchi di incredibile ferocia. Durante la ritirata dei manifestanti i black block, cambiatisi d'abito, si nascondono fra i cortei pacifici mischiandosi tra la folla; la polizia, ormai esausta e senza controllo, carica tutti coloro che gli si parano davanti, con l'ordine di fare più arresti possibile. Alla fine tutto ciò maturerà nella morte di Carlo Giuliani all'età di 23 anni.



La polizia, accusata dall'opinione pubblica di non essere riuscita a contrastare i manifestanti, è spinta ad operare un' azione a sorpresa che sfocerà nel massacro della scuola Diaz, commentata da "Amnesty International" come la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il Capo della Polizia di Stato Gianni De Gennaro invia a Genova, a manifestazioni quasi concluse, il Prefetto Arnaldo La Barbera (dirigente dell' UCIGOS), esautorando di fatto il vice capo della Polizia di Stato Ansoino Andreassi, che era stato fino a quel momento il capo delle operazioni delle forze dell'ordine. La scuola Diaz faceva parte della rete organizzativa del Genoa Social Forum concessa dagli enti locali; qui si trovavano il media center con le attività dei legali, sanitari e dei media indipendenti insieme ai manifestanti che richiedevano un luogo di incontro da utilizzare anche come dormitorio. La polizia così instaura i pattuglioni in giro per la città alla ricerca di black block, non seguendo quindi le normali strategie prescritte dalle forze dell'ordine le quali indicano che non bisogna provocare i manifestanti una volta che essi abbiano iniziano il deflusso fino alla fine delle ostilità. Uno di questi pattuglioni passerà di proposito davanti la scuola Diaz, provocando l'assalto allo stesso blindato accompagnato dal lancio di bottiglie e sassi. Questo sarà il casus belli che spingerà le forze dell'ordine a intraprendere un azione di sgombero della scuola Diaz tra le ore 22 e mezzanotte. La polizia si macchierà così del più grave crimine antidemocratico del nostro tempo. La polizia penetra nella scuola e, noncurante delle persone disarmate con le mani in alto, inizia a colpire e distruggere tutto quello che le si para davanti senza identificare nessuno, inoltre i 93 arrestati della Diaz scopriranno solo in carcere e in ospedale di essere accusati di associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, resistenza aggravata e porto d'armi.


Durante il processo venne fuori inoltre il complotto ordito dalla polizia, infatti, per giustificare l'assalto e poter arrestare i manifestanti nella scuola, falsificarono le prove architettando l'aggressione, mai avvenuta, ad un poliziotto e posizionando 2 molotov all'interno della scuola. Le testimonianze delle vittime fanno ancora più rabbrividire soprattutto riguardo a ciò che successe in seguito, ovvero nella caserma della polizia, nella quale i reclusi furono torturati dalle forze dell'ordine. Per la mancanza del reato di tortura nell'ordinamento italiano, i 29 poliziotti identificati sui 300 che hanno preso parte all'operazione, furono accusati solo per percosse e violazione dei diritti fondamentali. 


A distanza di 12 anni dall'accaduto fa ancora rabbrividire come in un Paese occidentale come il nostro possano essere accaduti fatti del genere, riconducibili soltanto al periodo delle Guerre Mondiali.

Giorgio Mineo

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