venerdì 29 marzo 2013

ARTICOLO DI FONDO


LA FINE DELL'UTOPIA 

Per chi si ritrova nel pieno della propria gioventù a dover passare da un mondo prettamente legato all'adolescenza ad uno contrassegnato dall'interazione con la società civile, risulta arduo abituarsi ad un sistema, ad un modo di vivere considerati errati e fortemente opprimenti. Inserendoci nella società ci accorgiamo che i nostri sogni, i nostri ideali non possono essere rispettati o applicati, l'ambiente dai contorni idilliaci che i nostri genitori si sono impegnati a creare intorno a noi mostra le sue crepe, ci rendiamo conto che l'idea di mondo incorrotto e felice che avevamo nei nostri pensieri decade, macchiandosi di sfumature di nero. Ci abituiamo al confronto, a metterci in discussione, a comprendere gli altri, ma anche a perdere la nostra spontaneità, la nostra originalità e seguiamo la massa omologata, perchè ci sentiamo al sicuro in un momento, qual è quello della gioventù, contraddistinto da insicurezza, inquietudine e smarrimento. Ma non ci fermiamo qui, vogliamo cambiare l'ordine naturale delle cose, quello che ci viene imposto, tentiamo di implemetare i nostri ideali, di concretizzarli e fallendo ci accorgiamo che la realtà è questa e non possiamo far altro che conformarci e abituarci alla politica corrotta, alla società omologata e massificata e ad un sistema che fa leva sull'immoralità, il denaro come metro di giudizio e il disincanto. Oggi il valore critico dell'utopia è invalidato alle fondamenta, in passato l'oggetto della letteratura, ma anche della poesia era l'ideale bohèmien dell'anticonformista, di chi si oppone radicalmente all'ordine naturale delle cose, a ciò che è imposto dalle convenzioni sociali : vedi l'Orlando Furioso di Ariosto, Jacopo Ortis di Foscolo, N'toni e Rosso Malpelo di Verga, il giovane Werther di Goethe, Dorian Gray di Oscar Wilde, Andrea Sperelli di D'Annunzio, Vitangelo Moscarda e Mattia Pascal di Pirandello, tutti reagiscono in maniera diversa, ma sono accomunati da una forza d'animo, un riconoscimento dello status quo e un pungente desiderio di ribellione comuni. Oggi prevale una mancanza preoccupante di romanzi utopici che propongono ideali e modelli di riferimento, come asserisce Marcuse nel suo libro ' l'uomo a una dimensione ', pertanto le prospettive di miglioramento qualitativo che ci vengono proposte sono pari a zero e giudicate irrealizzabili o illusorie : vuoi cambiare il mondo ? Vuoi realizzare i tuoi sogni ? Vuoi credere in dei princìpi ? O sei pazzo o malato. I romanzi di vecchio stampo, diversamente dai commerciali e omogenei bestsellers che ci vengono propinati, permettevano di non perdere mai di vista i valori di riferimento, confortavano chi viveva in una società piena di ingiustizie e anomalie, oggi si è diffusa la convinzione che la realtà sia necessaria e che non possa essere cambiata : "non ha senso entrare in politica, perchè poi finisci a ricevere mazzette","tanto non cambia mai niente", "ha messo la testa a posto", sento affermazioni frustranti che si riferiscono ad un sistema rigido che non cambia mai. La fase della giovinezza, la più critica ma anche la più prolifica, ormai viene vissuta come un momento passeggero della propria vita e soprattutto anomalo, invece è quella sola fase di collegamento necessaria fra l'utopia di un mondo infantile felice e giusto ed uno ingiusto e arido, qual è quello degli adulti, che può indurre ad un recupero dell'utopia stessa, provando una sua applicazione concreta . In un mondo costellato di aberrazioni e privo di mutamento, la valenza dell'utopia deve essere riesumata, bisogna instillare nell'animo dei giovani nuova linfa vitale e la forza di carattere perduta, visto che non ha senso imbottirsi di alcol e droghe varie alle prime traversie, perchè, come diceva Seneca, non è mai stato felice chi non è stato infelice.     


                                                                                                                          Ugo Giarratano

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