martedì 30 aprile 2013

USA VS SIRIA?


Siria: Obama, uso armi chimiche cambia nostra strategia

'Sappiamo che sono state usate, ma non da chi e quando'

Foto ANSA
NEW YORK - "Sappiamo che le armi chimiche in Siria sono state usate, ma non sappiamo ancora quando, da chi e dove": lo ha detto il presidente americano, Barack Obama, nel corso di una conferenza stampa. "La prova che sono state usate armi chimiche cambierebbe tutto, farebbe rivedere tutta la gamma delle nostre risposte strategiche". E' necessario continuare ad investigare, "per raggiungere certezze", perché giudizi affrettati potrebbero rendere più difficile mobilitare la comunità internazionale, ha detto ancora Obama, aggiungendo di aver già chiesto da un anno "a pentagono e intelligence" di preparare opzioni per una azione Siria.
Poi il presidente degli Stati Uniti ha anche risposto a chi gli ricordava le critiche su presunte falle dell'Fbi che avrebbe trascurato alcune segnalazioni su uno degli attentatori. "L'Fbi ha fatto il suo dovere e sono orgoglioso di come le forze hanno lavorato sul caso di Boston". "Le autorità russe sono state molto collaborative con noi nelle indagini sulle bombe di Boston", ha aggiunto.
''Sono fiducioso che grazie agli sforzi di questi giorni al Congresso si possa raggiungere un'intesa bipartisan su una riforma migratoria che sia all'altezza delle aspettative", ha detto Barack Obama parlando alla Casa Bianca.
Barack Obama ha anche parlato, in conferenza stampa, di Guantanamo: "Guantanamo resta uno strumento di reclutamento di terroristi, non necessario. Continuo a pensare come nel 2008 che vada chiusa". Lo ha detto Barack Obama in una conferenza stampa. Si tratta di una prigione, ha detto il presidente Obama "non necessaria per la sicurezza Usa, costosa, non sostenibile e dannosa per la nostra immagine internazionale" e per il futuro "esamineremo ogni opzione". E' stato il Congresso a non volerla chiuderla, ha aggiunto. "Capisco la volonta’ di combattere il terrorismo, ma dobbiamo pensare anche a chi siamo, a come affrontare questo problema. Per questo ho chiesto al mio staff di rilanciare il dialogo per trovare assieme al Congresso un modo per chiudere Guantanamo’’.
"La comunità gay sappia che merita piena uguaglianza, non solo tolleranza. Fa parte a pieno diritto della famiglia americana", ha ancora detto Obama confermando di aver chiamato il cestista Jason Collins, che ieri ha fatto 'coming out'. "Un grande gesto" ha detto Obama. "Sono molto orgoglioso di lui", ha aggiunto Barack Obama tornando apposta sui suoi passi, sul podio della sala stampa della Casa Bianca al termine della sua conferenza stampa, pur di commentare davanti alle telecamere lo storico 'coming out' di questo cestista nero. "Con il gesto di Jason Collins - ha aggiunto Obama tutto il Paese ha fatto un importante passo avanti sul fronte dell'uguaglianza da parte di tutti i cittadini". Intanto, a partire dal 'cinguettio' di Barack Obama di ieri, twitter è invaso da messaggi di sostegno con l'hashtag, la parola chiave #equality, uguaglianza.

SEZIONE USA


"Porta un grosso bastone, andrai lontano"


Il 30 marzo scorso la Corea del Nord ha riaperto le ostilità verso la Corea del Sud muovendo così lo scacchiere mondiale, il quale consiste in un sistema di alleanze che scatta immediatamente davanti ad ogni possibile minaccia e che in verità è molto semplice: gli U.S.A. a difesa del mondo capitalista, qualunque sia lo Stato nemico, qualunque sia lo Stato capitalista; creando così non solo un rapporto di forza con gli Stati nemici, ma anche con gli Stati alleati: con questi intrattiene una serie di obblighi e prestazioni reciproci di tipo politico, economico e militare. 500 miliardi di dollari sono necessari a mantenere l'esercito statunitense, il quale conta 1,3 milioni di effettivi (di più solo la Cina) ed ha combattuto su tutti e cinque i continenti, ad imporre la forza ed il potere di una nazione che ha semplicemente seguito un "destino manifesto" e che adesso, da dominatrice del mondo, è pronta, nel caso, a respingere la minaccia coreana.
L'imperialismo americano è dunque giustificato dal cosiddetto "Destino manifesto", cioè l'idea secondo la quale è destino che gli Stati Uniti si espandano poichè la Provvidenza Divina vuole che la virtù del popolo americano sia diffusa, che questo popolo, appunto, compia la sua missione di estendersi, che porti la civiltà e la democrazia a quei popoli che non le posseggono, poichè è questo il destino voluto da Dio. La solita assuefazione alla religione a stelle e strisce. Ed in nome di questo "destino" gli Stati Uniti d'America si sono espansi, alla conquista del West. Il mito della frontiera, del progresso dell'ovest poggiano su quest'idea che quindi giustifica la guerra agli indiani ed ai messicani, lo sterminio dei nativi, per prendere le loro terre, le loro risorse; cioè gli americani "guardavano ad una frontiera in continuo allargamento per preservare e mantenere le libertà individuali". Libertà individuale è infatti incompatibile con il sovraffollamento delle 13 colonie. Era dunque necessario espandersi, creare un impero basato sulla libertà e sulla democrazia, "possedere l'intero continente" americano, un Nuovo Mondo da contrapporre al Vecchio: questa era la missione. E quest'idea attraversa tutta la storia americana fino ad oggi; l'idea di imporre con la forza il modello statunitense a tutto il mondo.

"Parla a bassa voce, ma porta con te un grosso randello: andrai lontano". "Comportamenti cronici sbagliati nel continente americano richiedono l'intervento di polizia internazionale da parte di una nazione civilizzata". Sosteneva il presidente americano Teddy Roosevelt, Nobel per la pace, mentre inaugurava le Guerre delle Banane che si possono riassumere con le considerazioni di un generale che le ha combattute: "Ho passato 33 anni e 4 mesi in servizio militare attivo, e durante questo periodo ho speso la maggior parte del mio tempo come uomo di fatica di alto profilo per il Grande Mercato, per Wall Street e per le banche. In pratica ero un estorsore, un gangster a servizio del capitalismo. Nel 1914 ho contribuito a rendere il Messico e specialmente Tampico un terreno sicuro per gli interessi petroliferi americani. Ho contribuito a rendere Haiti e Cuba luoghi convenienti per fare affari per i ragazzi della National City Bank. Ho contribuito allo stupro di una mezza dozzina di repubbliche del Centro America a beneficio di Wall Street. Tra il 1902 ed il 1912 ho contribuito a purificare il Nicaragua per la banca internazionale d'affari Brown Brothers & Co. Ho portato la luce in Repubblica Dominicana, nel 1916, per gli interessi americani nella produzione di zucchero. Nel 1903 ho dato una mano a rendere l'Honduras un buon posto per le compagnie statunitensi della frutta. Nel 1927 in Cina ho dato il mio contribuito per fare in modo che la Standard Oil potesse continuare ad operare indisturbata. Guardando indietro, avrei potuto dare alcuni buoni suggerimenti ad Al Capone: il meglio che era riuscito a fare era estendere il suo racket a tre distretti; io ho operato in tre continenti". Ecco: immaginate questo esteso a tutto il mondo, esteso a tutto il tempo americano. Gli Stati Uniti d'America cioè, hanno utilizzato ed utilizzano la guerra come mezzo d'imposizione di un impero economico basato sul capitale, sulla libertà, di sfruttare paesi ed impoverirli. Come quando tolta della terra a Panama, fu costruito il canale, sinonimo di introiti; o come quando il Nicaragua fu sfruttato per vent'anni di dominio ed ottenuta l'indipendenza vide al potere vari dittatori filo-americani che vendevano il proprio paese al gigante a stelle e strisce. Tanti, tantissimi sono i dittatori che gli U.S.A. hanno piazzato in giro per il mondo. Pinochet, in Cile, è stato solo il più cruento; degno di nota fu Batista, dittatore filo-yankee di Cuba spodestato da Castro e dalla sua rivoluzione socialista. Gli Stati Uniti, i quali pretendono di sostenere di portare la democrazia a chi non la possiede , portano questa quando conviene loro. Il pretesto di portare la democrazia è un modo come un altro per sfruttare le risorse di un altro paese. L'altro è appunto piazzare dittatori filo-americani qua e là, in Africa, Asia e America del Sud; questi dittatori sono intoccabili: se si devono abbattere dittatori in nome della democrazia, allora che si abbattano solo quelli che non vendono il proprio paese al gigante a stelle e strisce, ma lo prosciugano loro stessi; come i comunisti di Cuba, che dopo mezzo secolo di sfruttamento statunitense decisero, non a caso, di fare una rivoluzione; o come quelli del Nicaragua, che dopo un secolo di interventi militari statunitensi decisero anch'essi, più volte, di fare la rivoluzione, sventate puntualmente dagli States. Situazioni simili, o comunque interventi militari vari, sono estendibili a mezzo mondo: Haiti, El Salvador, Argentina, Cina; Filippine, le quali fecero parte dell'impero statunitense fino al 1946; Grecia, dove la CIA appoggiò movimenti neo-fascisti per evitare la salita al potere della sinistra; forse la stessa Italia quando si presume che gli States abbiano appoggiato il Movimento Indipendentista Siciliano e la banda paramilitare di Salvatore Giuliano, un po' mafiosa, un po' fascista, che uccise, tra l'altro, undici contadini comunisti l'1 maggio '47.
Pallino statunitense è la lotta al comunismo, conflitto ideologico e militare che vedeva e vede contrapposti il mondo capitalista e liberale ed il mondo che ammazza la proprietà privata e le libertà; lotta iniziata addirittura nel lontano '17 quando gli americani provarono a "neutralizzare gli effetti della rivoluzione bolscevica". Gli Stati Uniti, a causa del loro odio profondo verso il comunismo, hanno ritenuto dunque indispensabile e doveroso combatterlo con ogni mezzo. La stessa divisione della Corea è un residuo della Guerra Fredda: dopo la Seconda Guerra Mondiale i giganti URSS e USA si spartirono la penisola coreana, per poi combattere nella Guerra di Corea, per poi ancora minacciarsi ed intimidirsi, facendo promessa di utilizzare armi atomiche. È questo un leitmotiv, quello di minaccia nucleare, che da settant'anni a questa parte si ripete e si ripete. Possedere armi nucleari significa possedere un potere militare enorme. Gli USA di ordigni nucleari ne possiede almeno 7700. Si tratta di una potenza spropositata, e la sola minaccia di utilizzare tale potenza spaventa il mondo creando un effetto deterrente e scoraggiante nei paesi nemici. Quest'effetto giustifica la potenza atomica statunitense: spaventare i nemici d'America è necessario alla difesa.
Odio verso il comunismo e odio subito dal mondo islamico si sovrappongono negli anni ottanta quando gli States addestrarono dei talebani (futuri nemici d'America) per fronteggiare l'invasione sovietica dell'Afghanistan. Altro importante intervento adoperato dagli USA nel mondo islamico è il colpo di Stato organizzato da CIA e sciiti per rovesciare il governo del primo ministro iraniano Mossadegh, eletto democraticamente, il quale aveva nazionalizzato una compagnia petrolifera ledendo, così, interessi economici statunitensi. La CIA in settant'anni ha organizzato golpe su golpe per proteggere interessi economici fortissimi. Per non parlare poi delle ultime guerre contro il mondo islamico, piuttosto fittizie. "Giusto o sbagliato" l'odio islamico nei confronti dell'America non è ingiustificato.
La guerra è un racket e l'esercito è il mezzo che, legalmente (poichè la guerra è legale), prende le risorse e le dà in pasto alla macchina economica statunitense che senza di esse colerebbe a picco. Una nazione fondata sul ferro e sul sangue, sul fuoco della guerra e sulle armi, sull'incredibile facilità di uccidere, sul più grosso racket di tutti i tempi. E mentre la minaccia coreana si attenua e a Boston si subisce un attentato di matrice islamica, ancora si crede di seguire il "Destino manifesto" e che tutto quello che è stato fatto in questi secoli, soprusi, sfruttamenti, crimini, causato sofferenza, sia tutto sommato giusto.     



 Alberto Mannino

lunedì 29 aprile 2013

PENSIERI

"La speculazione ha inizio quando lo sguardo si rivolge per la prima volta al cielo. I primi filosofi erano astronomi. Il cielo rammenta all'uomo il suo destino, gli rammenta che non è chiamato solo ad agire, ma anche a contemplare."
Ludwig Feuerbach, L'Essenza del Cristianesimo 
Il discorso di Letta alla Camera

Signora Presidente
Onorevoli Deputati,
appena una settimana fa il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, pronunciava il suo discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica. A lui consentitemi di rivolgere nuovamente un sincero ringraziamento per lo straordinario spirito di dedizione alla nostra comunità nazionale con il quale ha accettato la rielezione per il secondo mandato. 
Voglio inoltre ringraziare i Presidente del Senato, Pietro Grasso, e della Camera, Laura Boldrini, per la collaborazione offerta nella fase di consultazione in questo primissimo avvio dell'esperienza di governo. 
Quella del presidente Napolitano è stata – lo sappiamo – una «scelta eccezionale». Eccezionale perché tale è il momento che l'Italia e l'Europa si trovano a vivere oggi. Di fronte all'emergenza il presidente della Repubblica ci ha invitato a parlare il linguaggio della verità. Ci ha chiesto di offrire in extremis, al Paese e al mondo, una testimonianza di volontà di servizio e senso di responsabilità. Ci ha concesso un'ultima opportunità. L'opportunità di dimostrarci degni del ruolo che la Costituzione ci riconosce come rappresentanti della nazione. Degni di servire il Paese – attraverso l'esempio, il rigore, le competenze – in una delle stagioni più complesse e dolorose della storia unitaria.
Accogliendo il suo appello intendo rivolgermi a voi proprio con il linguaggio "sovversivo" della verità. Confessandovi che avverto, fortissimi in questo momento la consapevolezza dei miei limiti e il peso della mia personale responsabilità, ma impegnandomi a fare di tutto affinché le mie spalle siano larghe e solide al punto da reggere, nelle vesti di presidente del Consiglio di un Governo che richiede, qui e oggi, la fiducia del Parlamento. 
Infine, non potrei iniziare questo discorso, in un passaggio cosi impegnativo, senza un accenno personale ed esprimere un senso di gratitudine profonda verso chi con generosità e senso antico della parola "lealtà" mi sostiene anche in questo difficile passaggio: Pierluigi Bersani.
UN GOVERNO AL SERVIZIO DELL'ITALIA E DELL'EUROPA
La prima verità è che la situazione economica dell'Italia è ancora grave. Abbiamo accumulato in passato un debito pubblico che grava come una macina sulle generazioni presenti e future, e che rischia di schiacciare per sempre le prospettive economiche del Paese. Il grande sforzo di risanamento compiuto dal precedente Governo, guidato dal senatore Mario Monti, è stato premessa della crescita in quanto la disciplina della finanza pubblica era e resta indispensabile per contenere i tassi di interesse e sventare possibili attacchi finanziari. Il mantenimento degli impegni presi con il Documento di Economia e Finanza è necessario ad uscire, quanto prima, dalla procedura di disavanzo eccessivo e per recuperare margini di manovra all'interno dei vincoli europei. Nelle sedi europee e internazionali l'Italia si impegnerà poi per individuare strategie per ravvivare la crescita senza compromettere il processo di risanamento della finanza pubblica.
L' Europa è in crisi di legittimità ed efficacia proprio quando tutti i Paesi membri e tutti i cittadini ne hanno più bisogno. L'Europa può tornare ad essere motore di sviluppo sostenibile – e quindi di speranza e di costruzione di futuro – solo se finalmente si apre. Il destino di tutto il continente è strettamente legato. Non ci possono essere vincitori e vinti se l'Europa fallisce questa prova. Saremmo tutti perdenti: sia nel Sud che nel Nord del continente.
E' per questo che se otterrò la vostra fiducia, immediatamente visiterò in un unico viaggio Bruxelles, Berlino e Parigi per dare subito il segno che il nostro è un governo europeo ed europeista.
La risposta, dunque, è una maggiore integrazione verso un'Europa Federale. Altrimenti il costo della non-Europa, il peso della mancata integrazione, il rischio di un'unione monetaria senza unione politica e unione bancaria diventeranno insostenibili: come la crisi di questi cinque anni ci ha mostrato. Questo Parlamento ha già dimostrato di poter trovare intese per dare all'Europa un contributo italiano innovativo. Questo è avvenuto nel sostegno all'azione europea del governo Monti e nell'elaborazione di posizioni comuni come quella elaborata dai colleghi Baretta, Brunetta e Occhiuto in vista del Consiglio Europeo del Giugno scorso. Da quelle premesse politiche ripartiremo.
Le premesse macroeconomiche sono quelle dell'Euro e della Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi.
LE RISORSE PER LA CRESCITA: GIOVANI E TERRITORIO
Di solo risanamento l'Italia muore. Dopo più di un decennio senza crescita le politiche per la ripresa non possono più attendere. Semplicemente: non c'è più tempo. Tanti cittadini e troppe famiglie sono in preda alla disperazione e allo scoramento. Pensiamo alla vulnerabilità individuale che nel disagio e nel vuoto di speranze rischia, di tramutarsi in rabbia e in conflitto, come ci ricorda lo sconcertante fatto avvenuto ieri stesso dinanzi a Palazzo Chigi. Ieri andando a visitare in ospedale il Brgadiere Giangrande ferito gravemente insieme al Carabiniere Scelto Negri, sono stato impressionato dalla forza e dalla fermezza della figlia Martina. Il Parlamento deve stringersi a lei in questo momento. E il Parlamento deve stringersi anche all'Arma dei Carabinieri e a tutte le forze dell'ordine per il servizio continuo, silenzioso, encomiabile, spesso in condizioni disagiate, svolto nell'interesse della nazione in Italia e all'este3ro.
Senza crescita e coesione l'Italia è perduta. Il Paese, invece, può farcela. Ma per farcela deve ripartire. E per ripartire tutti devono essere motori di questa nuova energia positiva. L'architrave dell'esecutivo sarà l'impegno a essere seri e credibili sul risanamento e la tenuta dei conti pubblici. Basta coi debiti che troppe volte il nostro Paese ha scaricato sulle spalle e la vita delle generazioni successive. Quelle nuove, di generazioni, hanno imparato sulla propria pelle e non faranno lo stesso con i propri figli.
Ecco perché la riduzione fiscale senza indebitamento sarà un obiettivo continuo e a tutto campo. Anzitutto, quindi, ridurre le tasse sul lavoro, in particolare su quello stabile e quello per i giovani neo assunti. Poi una politica fiscale della casa che limiti gli effetti recessivi in un settore strategico come quello dell'edilizia, con includere incentivi per ristrutturazioni ecologiche e affitti e mutui agevolati per giovani coppie. E poi bisogna superare l'attuale sistema di tassazione della prima casa: intanto con lo stop ai pagamenti di giugno per dare il tempo a Governo e Parlamento di elaborare insieme e applicare rapidamente una riforma complessiva che dia ossigeno alle famiglie, soprattutto quelle meno abbienti.
Misure ulteriori dovrebbero essere il pagamento di parte dei debiti delle Amministrazioni pubbliche; l'allentamento del Patto di stabilità interno; la rinuncia all'inasprimento dell'IVA; l'aumento delle dotazioni del Fondo Centrale di Garanzie per le piccole e medie imprese e del Fondo di Solidarietà per i mutui. Ma questi provvedimenti - sebbene necessari nel breve termine - non sono sufficienti.
La crescita economica di un paese richiede una strategia complessa, che eviti dispersione a pioggia delle poche risorse e che possa innescare meccanismi virtuosi. Per questo è necessario una sintonia tra le azioni del Governo e quelle delle banche e delle imprese, che debbono essere mirate ad una crescita di lungo periodo degli attori economici per superare gli annosi ritardi dell'Italia in termini di crescita della produttività e della competitività. Il Governo deve accompagnare questa crescita e rimanere a fianco delle imprese anche e soprattutto quando queste si impegnano all'estero nell'arena globale.
Un importante argomento di contesto concerne la giustizia, in quanto solo con la certezza del diritto gli investimenti possono prosperare. Questo riguarda la moralizzazione della vita pubblica e la lotta alla corruzione, che distorce regole e incentivi. Questo riguarda anche la giustizia nel suo complesso. La giustizia deve essere giustizia innanzitutto per i cittadini. La ripresa ritornerà anche se i cittadini e gli imprenditori italiani e stranieri saranno convinti di potersi rimettere con fiducia ai tempi e al merito delle decisioni della giustizia italiana. E tutto questo funzionerà se la smetteremo di avere una situazione carceraria intollerabile ed eccessi di condanne da parte della Corte dei diritti dell'uomo. Ricordiamoci sempre che siamo il paese di Cesare Beccaria!
Dobbiamo liberare le energie migliori del Paese. Non partiamo da zero, ma da due grandi risorse. Prima di tutto, i giovani. "Scommettete su cose grandi" ha detto proprio ieri Papa Francesco rivolto a loro. E noi abbiamo gli strumenti per aiutarli. Quello generazionale non è certo solo un tema attinente al rinnovamento della classe dirigente, come troppo spesso emerge nel dibattito pubblico. È una questione drammatica che scontano sulla propria pelle milioni di giovani. Segnala bassi tassi di istruzione e di occupazione, porta con sé lo sconforto, e anche la rabbia, di chi non studia né lavora. Chiediamoci quanti bambini non nascono ogni anno, in Italia, per la precarietà che limita le scelte delle famiglie giovani. Non è solo demografia, è una ferita morale. Perché non devono esistere generazioni perdute, perché solo i giovani possono ricostruire questo Paese: le loro nuove esperienze e competenze ci raccontano un mondo che cambia, il loro mondo. Rinunciare ad investire su di loro è un suicidio economico. Ed è la certezza di decrescita, la più infelice.
Semplificheremo e rafforzeremo l'apprendistato, che ha dato buoni risultati in paesi vicini. Un aiuto può venire da modifiche alla legge 92/2012, quali suggerite dalla Commissione dei saggi istituita dal presidente della Repubblica, che riducano le restrizioni al contratto a termine, finché dura l'emergenza economica. Aiuteremo le imprese ad assumere giovani a tempo indeterminato, con defiscalizzazioni o con sostegni ai lavoratori con bassi salari, condizionati all'occupazione, in una politica generale di riduzione del costo del lavoro e del peso fiscale. Non bastano incentivi monetari. Occorre prendersi cura dei giovani, volgendo il disagio in speranza, puntando su orientamento e stimolo all'imprenditorialità. E occorre percorrere la strada europea tracciata dal programma Youth guarantee, per garantire effettivi sbocchi occupazionali.
Bisogna fare tesoro della voglia di fare dei nuovi italiani, così come bisogna valorizzare gli italiani all'estero. La nomina di Cecile Kyenge significa una nuova concezione di confine, da barriera a speranza, da limite invalicabile a ponte tra comunità diverse.
La società della conoscenza e dell'integrazione si costruisce sui banchi di scuola e nelle università. Dobbiamo ridare entusiasmo e mezzi idonei agli educatori che in tante classi volgono il disagio in speranza e dobbiamo ridurre il ritardo rispetto all'Europa nelle percentuali di laureati e nella dispersione scolastica. In Italia c'è una nuova questione sociale, segnata dall'aumento delle disuguaglianze. Solo il 10% dei giovani italiani con il padre non diplomato riesce a laurearsi, mentre sono il 40% in Gran Bretagna, il 35% in Francia, il 33% in Spagna. Bisogna finalmente dare piena attuazione all'art. 34 della Costituzione, per il quale «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». L'uguaglianza più piena e destinata a durare nelle generazioni è oggi più che mai l'uguaglianza delle opportunità.
Per rilanciare il futuro industriale del Paese, bisogna scommettere sullo spirito imprenditoriale e innovare e investire in ricerca e sviluppo. Per questo intendiamo lanciare un grande piano pluriennale per l'innovazione e la ricerca, finanziato tramite project bonds. La ricerca italiana può e deve rinascere nei nuovi settori di sviluppo, come ad esempio l'agenda digitale, lo sviluppo verde, le nanotecnologie, l'aerospaziale, il biomedicale. Si tratta di fare una politica industriale moderna, che valorizzi i grandi attori ma anche e soprattutto le piccole e medie imprese che sono e rimarranno il vero motore dello sviluppo italiano. Oltre all'alta tecnologia bisogna investire su ambiente ed energia. Le nuove tecnologie - fonti rinnovabili ed efficienza energetica - vanno maggiormente integrate nel contesto esistente, migliorando la selettività degli strumenti esistenti di incentivazione, in un'ottica organica con visione di medio e lungo periodo. Sempre con riguardo ai settori energetici, va completato il processo di integrazione con i mercati geografici dei Paesi europei confinanti. Questo implica, per l'energia elettrica, il completamento del cosiddetto market coupling e, per il gas, il completo riallineamento dei nostri prezzi con quelli europei e la trasformazione del nostro Paese in un hub.E' chiaro che episodi come quello dell'ILVA di Taranto non sono più tollerabili.
Tutta l'impresa italiana, per crescere, ha bisogno di più semplicità, di un'alleanza tra la pubblica amministrazione e la società, senza tollerare le sacche di privilegio. La burocrazia non deve opprimere la voglia creativa degli italiani ed è per questo che bisognerà rivedere l'intero sistema delle autorizzazioni. Bisogna snellire le procedure e avere fiducia in chi ha voglia di investire, creare, offrire posti di lavoro.
Non si possono più chiedere sacrifici sempre e soltanto ai «soliti noti». I sacrifici sono socialmente sostenibili solo se sono ispirati ad un principio di equità. Questo significa coniugare una ferrea lotta all'evasione con un fisco amico dei cittadini, senza che la parola Equitalia debba provocare dei brividi quando viene evocata.
L'altra grande risorsa è l'Italia stessa. Bellezza senza navigatore. La nostra tendenza all'autocommiserazione è pari solo all'ammirazione che l'Italia suscita all'estero. Molti stranieri vogliono bagnarsi nei nostri mari, visitare le nostre città, mangiare e vestire italiano. L'Italia e il made in Italy sono le nostre migliori ricchezze. E' per questo che uno dei primi atti del Governo sarà quello di nominare il Commissario unico per l'Expo, una grande occasione che non dobbiamo mancare. A questo fine nei prossimi giorni sarò a Milano a presentare il decreto per partire per l'ultimo miglio di questo evento strategico.
Per questo dobbiamo rilanciare il turismo e, soprattutto, attrarre investimenti. Rimuoviamo quegli ostacoli che fanno sì che l'Italia per molti non sia una scelta di vita. Questo significa puntare sulla cultura, motore e moltiplicatore dello sviluppo, o sulle straordinarie realtà dell'agro-alimentare. Questo significa valorizzare e custodire l'ambiente, il paesaggio, l'arte, l'architettura, le eccellenze enogastronomiche, le infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali.
Questo vuol dire anche valorizzare il nostro grande patrimonio sportivo. La pratica dello sport significa prevenzione dalle malattie, lotta contro l'obesità, formazione a stili di vita sani, lealtà e rispetto delle regole. Dobbiamo impegnarci per diffondere la pratica sportiva sin dalle scuole elementari con un piano di edilizia scolastica su tutto il territorio nazionale.
L'intraprendenza dei giovani e la bellezza dei territori sono d'altra parte due risorse cruciali per il Mezzogiorno. In entrambi i casi un patrimonio dissipato, un giacimento inutilizzato di potenzialità. Dobbiamo mettere in condizione il Sud di crescere da solo, annullando i divari infrastrutturali e di ordine pubblico che l'hanno frenato, puntando sulle nuove imprese, in particolare le industrie culturali e creative, e sulla buona gestione dei fondi europei, come quella che ha caratterizzato l'operato del governo Monti.
Dobbiamo, soprattutto, evitare di continuare a mettere la testa sotto la sabbia come struzzi e riconoscere che il divario tra Nord e Sud del Paese è non un accidente storico o una condanna, ma il prodotto di decenni di inadempienze da parte delle classi dirigenti, a livello nazionale come a livello locale. E' il risultato dell'azione della criminalità organizzata che, certo presente anche nel resto del Paese – in larghe parti del Mezzogiorno ha i connotati del controllo arrogante e quasi militare del territorio. E questo nonostante lo spirito di servizio e il sacrificio di tanti servitori dello Stato – magistrati ed esponenti delle forze dell'ordine anzitutto – che troppo spesso abbiamo avuto la responsabilità di lasciare soli. Anche per questo dobbiamo dare effettiva concretezza al valore della specificità della professione svolta dal personale in divisa delle Forze Armate e della Polizia.
PRIORITA' LAVORO
Ma permettetemi di soffermarmi un attimo sulla grande tragedia di questi tempi che d'altronde al Sud tocca punte di desolazione e allarme sociale: la questione del lavoro. È e sarà la prima priorità del mio governo. Solo col lavoro si può uscire da quest'incubo di impoverimento e imboccare la via di una crescita non fine a se stessa, ma volta a superare le ingiustizie e riportare dignità e benessere. Senza crescita, anche gli interventi di urgenza su cui ci siamo impegnati e che qui ribadisco – rifinanziamento delle casse integrazioni in deroga, superamento del precariato anche nella pubblica amministrazione - sarebbero insufficienti. In particolare, con i lavoratori esodati la comunità nazionale ha rotto un patto, e la soluzione strutturale di questo tema è un impegno prioritario di questo Governo.
Mai come oggi occorre fiducia reciproca: imprese e lavoratori devono agire insieme e superare le contrapposizioni che in passato ci hanno frenato. Sono sicuro che come in tanti momenti critici della vita della Repubblica i sindacati saranno protagonisti. Il governo vuole aprire la strada con proposte che approfondiremo insieme: ampliare gli incentivi fiscali a chi investe in innovazione, sostenere l'aggregazione e internazionalizzazione delle PMI, dare più credito a chi lo merita, garantire il pagamento dei debiti alle imprese, semplificare e rimuovere gli ostacoli burocratici che frenano lo spirito d'impresa.
Dobbiamo anche valorizzare il lavoro autonomo e le libere professioni, che in una società postindustriale rappresentano la spina dorsale della nostra economia. Le misure di liberalizzazione orami sono state adottate. Ora bisogna lavorare tutti insieme per formare e dare opportunità ai giovani, innalzare la qualità, servire al meglio i clienti.
Anche sull'occupazione femminile occorre fare molto di più. La maggiore presenza delle donne nella vita economica, sociale e politica dà già straordinari contributi alla crescita del paese, ma siamo lontani dagli obiettivi europei. Non siamo ancora un paese delle pari opportunità. La carenza di servizi scarica sulle donne compiti insostenibili, aggravati in alcuni casi da una crescita insopportabile delle violenze contro le donne.
La riforma del nostro welfare richiede azioni di ampio respiro per rilanciare il modello sociale europeo. Il welfare tradizionale, schiacciato sul maschio adulto e su pensioni e sanità, non funziona più. Non stimola la crescita della persona e non basta a correggere le disuguaglianze. Non occorrono isterismi. Occorre un cambiamento radicale: un welfare più universalistico e meno corporativo, che sostenga tutti i bisognosi, aiutandoli a rialzarsi e a riattivarsi. Per un welfare attivo, più giovane e al femminile, andranno migliorati gli ammortizzatori sociali, estendendoli a chi ne è privo, a partire dai precari; e si potranno studiare forme di reddito minimo, soprattutto per famiglie bisognose con figli.
Hanno trovato largo consenso parlamentare nei mesi passati le proposte su incentivi al pensionamento graduale con part time misto a pensione, con una «staffetta generazionale» per la parallela assunzione di giovani. Inoltre, per evitare il formarsi di bacini estesi di lavoratori anziani di difficile ricollocazione, studieremo forme circoscritte di gradualizzazione del pensionamento, come l'accesso con 3-4 anni di anticipo al pensionamento con una penalizzazione proporzionale.
Dobbiamo poi ricordarci che l'Italia migliore è un'Italia solidale. E' per questo che il governo non può che valorizzare la rete di protezione dei cittadini e dei loro diritti, con misure tese al miglioramento dei servizi, da quelli sanitari a quelli del trasporto pubblico, locale e pendolare, con una particolare attenzione per i disabili e i non autosufficienti.
Vorrei a questo proposito rendere omaggio alle donne e agli uomini che ogni giorno consentono al nostro paese di godere di questa solidarietà e che mantengono unito il nostro tessuto sociale: i servitori dello Stato - quelli che rischiano la vita per proteggere le istituzioni, quelli che lavorano nella sanità per salvare delle vite, quelli che aiutano i nostri figli a crescere - ma anche gli operatori del volontariato, della cooperazione, del terzo settore e della galassia del 5 per 1000. E' l'esempio che giornalmente viene dato da queste persone che ci fa riscoprire il valore del servizio pubblico.
Una speciale menzione merita la protezione civile, che ha dato una straordinaria prova nei terremoti in Abbruzzo e in Emilia e che ci ricorda che abbiamo un impegno alla prevenzione, con un piano di manutenzione contro il dissesto idrogeologico e la lotta all'abusivismo.
LA RIFORMA DELLA POLITICA 
Vorrei che questo governo inaugurasse una fase nuova nella vita della Repubblica. Non il canto del cigno di un sistema imploso sulle sue troppe degenerazioni, ma un primo impegno per la ricostruzione della politica e del nostro modo di percepirci come comunità.
La ricostruzione però può partire solo da un esercizio autentico, non simulato, di autocritica. La verità è che la politica ha commesso troppi errori. Si è erosa, giorno dopo giorno, la credibilità della politica e delle istituzioni, vittime di un presentismo - vale a dire dell'ossessione del consenso immediato - che bloccato il Paese.
Ancora: non abbiamo compreso quanto le legittime istanze di innovazione, partecipazione, trasparenza, sottese alla rivoluzione del web, potessero tradursi in un oggettivo miglioramento della qualità della nostra democrazia rappresentativa anziché sfociare nel mito o nell'illusione della democrazia diretta.
Oggi abbiamo dinanzi un'altra sfida, ancora più complessa: quella dell'autorevolezza. L'autorevolezza del potere che non ha più, come in passato, il monopolio delle informazioni, ma deve avere il profilo e le competenze per discernere il vero dal falso nel flusso enorme di informazioni presenti nella Rete. L'autorevolezza di chi non si accontenta della verosimiglianza e del sentito dire, ma sceglie sempre e solo la verità e ha il coraggio e la pazienza di raccontarla ai cittadini, anche se dolorosa o brutale.
Per cominciare, bisogna recuperare decenza, sobrietà, scrupolo, senso dell'onore e del servizio e, infine, la banalità della gestione di un buon padre di famiglia. Ognuno deve fare la sua parte. A questo fine, per dare l'esempio, il primo atto del Governo sarà quello di eliminare con una norma d'urgenza lo stipendio dei ministri parlamentari che esiste da sempre in aggiunta alla loro indennità.
Nessuno, ripeto nessuno, può sentirsi esentato dal dovere dell'autorevolezza. Nessuno può considerarsi fino in fondo assolto dall'accusa di aver contaminato il confronto pubblico con gesti, parole, opere o omissioni. Con 11 milioni e mezzo di cittadini che hanno deciso di non votare, alle elezioni dello scorso febbraio, quello dell'astensione è risultato essere il primo partito. Non era mai accaduto prima: due milioni in più rispetto al 2008, quattro rispetto al 2006. Su questo sfondo la riduzione dei costi della politica diventa un dovere di credibilità. Pensate ai rimborsi elettorali: tutte le leggi introdotte dal 1994 ad oggi sono state ipocrite e fallimentari. Non rimborsi ma finanziamento mascherato. Per di più di ammontare decisamente troppo elevato, come la Corte dei Conti ha recentemente confermato: 2 miliardi e mezzo di euro dal 1994 al 2012, a fronte di spese certificate di circa mezzo miliardo.E', questa , solo una delle conferme del fatto che il sistema va rivoluzionato. Partiamo dunque dal finanziamento pubblico ai partiti, abolendo la legge troppo timida approvata l'anno scorso e introducendo misure di controllo e di sanzione anche sui gruppi parlamentari e regionali. Occorre poi avviare percorsi che finalmente consegnino alla libera scelta dei cittadini, con opportuni interventi sul versante fiscale, la contribuzione all'attività politica dei partiti.
E' però anche importante collegare il tema del finanziamento a quello della democrazia interna ai partiti, attuando finalmente i principi sulla democrazia interna incorporati nell'art. 49 della Costituzione, stimolando la partecipazione dei militanti e garantendo la trasparenza delle decisioni e delle procedure.Rivendico con forza l'importanza di un temporaneo «governo di servizio al paese» tra forze sicuramente lontane e diverse tra loro. Credo che non sia facile votare insieme da posizioni così eterogenee, ma proprio per questo credo che questa sia una scelta che meriti rispetto anche da chi non la condivide perché non è motivata dall'interesse particolare ma da principi più alti di coesione nazionale. Questo è il senso del messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere. Non dobbiamo avere paura di fare il nostro dovere per l'Italia. Noi dobbiamo dare il nostro contributo a ricostruire un patto di fiducia, a ritrovare il senso di una missione comune. Come italiani, si vince o si perde tutti insieme.
Sicuramente è e deve essere un'eccezione la convergenza di forze politiche che si sono presentate come alternative alle elezioni. Ma è eccezionale che dalle urne, anche a causa della legge elettorale, non sia uscita alcuna maggioranza; è eccezionale l'emergenza economica che il governo dovrà affrontare; è eccezionale il fatto che sia necessario riscrivere alcune regole costituzionali. Credo quindi che le forze politiche che sostengono il governo stiano dimostrando un grande senso di responsabilità e di attaccamento alle istituzioni. Vent'anni di attacchi e delegittimazioni reciproche hanno eroso ogni capitale di fiducia nei rapporti tra i partiti e l'opinione pubblica, che è esausta, sempre più esausta, delle risse inconcludenti.Ho imparato da Nino Andreatta la fondamentale distinzione tra politica, intesa come dialettica tra diverse fazioni, e politiche, intese come soluzioni concrete ai problemi comuni. Se in questo momento ci concentriamo sulla politica, le nostre differenze ci immobilizzeranno. Se invece ci concentriamo sulle politiche, allora potremo svolgere un servizio al paese migliorando la vita dei cittadini.
E‘ per questo che intendo appellarmi alla responsabilità dei partiti e dei movimenti perché ritengo centrale il ruolo del Parlamento, con una continua interlocuzione con le forze politiche che non sostengono il Governo e con la creazione di luoghi permanenti di codecisione, ai quali parteciperò personalmente, tra il governo e le forze politiche che lo sostengono.
LA RIFORMA DELLE ISTITUZIONI
L'appello alla responsabilità e alla capacità di trovare terreni di convergenza è ancora più pressante nel nostro compito di riformare le istituzioni, anche perché auspico che per la scrittura delle regole che riguardano la vita democratica di tutti il fronte si allarghi anche alle forze che non hanno intenzione di sostenere il governo in modo organico, che devono partecipare pienamente al processo costituente.Vedo oggi una via stretta, ma possibile, per una riforma anche radicale del sistema istituzionale e del sistema politico.Un imperativo deve essere chiaro a tutti noi fin dal primo momento: in questa materia negli ultimi decenni abbiamo assistito troppe volte all'avvio di percorsi riformatori che si presentavano come risolutori, che nelle intenzioni anche sincere di chi li proponeva, promettevano di regalarci istituzioni più efficienti e capaci di decidere, oltre che maggiormente vicine ai cittadini, e che invece si sono infranti contro veti reciproci, chiusure partigiane, prese di posizione strumentali e contrapposizioni dannose nonostante i reiterati richiami del Presidente della Repubblica.
Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento Costituzionale possano compiersi.
Dal momento che questa volta l'unico sbocco possibile per questo tema è il successo nell'approvazione delle riforme che il paese aspetta da troppo tempo, fra 18 mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro. Se avrò una ragionevole certezza che il processo di revisione della Costituzione potrà avere successo, allora il nostro lavoro potrà continuare. In caso contrario, se veti e incertezze dovessero minacciare di impantanare tutto per l'ennesima volta, non avrei esitazioni a trarne immediatamente le conseguenze.
La moralità della politica è quella di prendere le decisioni che i cittadini si attendono, e di rispettare gli impegni presi di fronte al paese e alle istituzioni.
L'obiettivo complessivo è quello di una riforma che riavvicini i cittadini alle istituzioni, rafforzando l'investitura popolare dell'esecutivo e migliorando efficienza ed efficacia del processo legislativo. I principi che devono guidarci sono quelli di una democrazia governante: la capacità degli elettori di scegliersi i propri rappresentanti e di decidere alle elezioni sui governi e le maggioranze che li sostengono.
Dobbiamo superare il bicameralismo paritario, per snellire il processo decisionale ed evitare ingorghi istituzionali come quello che abbiamo appena sperimentato, affidando ad una sola Camera il compito di conferire o revocare la fiducia al Governo. Nessuna legge elettorale è infatti in grado di garantire il formarsi di una maggioranza identica in due diversi rami del Parlamento.Dobbiamo quindi istituire una seconda Camera - il Senato delle Regioni e delle Autonomie - con competenze differenziate e con l'obiettivo di realizzare compiutamente l'integrazione dello Stato centrale con le autonomie, anche sulla base di una più chiara ripartizione delle competenze tra i livelli di governo con il perfezionamento della riforma del Titolo V. Bisogna riordinare i livelli amministrativi e abolire le provincie. Semplificazione e sussidiarietà devono guidarci al fine di promuovere l'efficienza di tutti i livelli amministrativi e di ridurre i costi di funzionamento dello Stato. Questo non significa perseguire una politica di tagli indifferenziati, ma al contrario valorizzare comuni e regioni per rafforzare le loro responsabilità, in un'ottica di alleanza tra il governo e i territori e le autonomie, ordinarie e speciali. Bisogna altresì chiudere rapidamente la partita del Federalismo fiscale, rivedendo il rapporto fiscale tra centro e periferia salvaguardando la centralità dei territori e delle Regioni. Si può anche esplorare il suggerimento del Comitato di Saggi istituito dal Presidente della Repubblica per la eventuale riorganizzazione delle Regioni e dei rapporti tra loro.
Occorre poi riformare la forma di governo, e su questo punto bisogna anche prendere in considerazione scelte coraggiose, rifiutando piccole misure cosmetiche e respingendo i pregiudizi del passato.
La legge elettorale è naturalmente legata alla forma di governo, ma si possono sin da ora delineare gli obiettivi fondamentali. Innanzitutto, dobbiamo qui solennemente assumere l'impegno che quella dello scorso febbraio sia l'ultima consultazione elettorale che si svolge sulla base della legge elettorale vigente. Cambiarla serve non solamente per assicurare la formazione di maggioranze sufficientemente ampie e coese, in grado di garantire governi stabili; ma prima ancora per restituire legittimità al Parlamento ed ai singoli parlamentari. Non possiamo più accettare l'idea di parlamentari di fatto imposti con la stessa presentazione delle candidature, senza che i cittadini abbiano la possibilità di individuare il candidato più meritevole.
Sono certo che le forze politiche siano in grado di trovare delle ottime soluzioni. Permettetemi di esprimere a livello personale che certamente migliore della legge attuale sarebbe almeno il ripristino della legge elettorale precedente.
LA NUOVA EUROPA
Rappresentare l'intera nazione oggi significa prima di tutto sapere e ribadire che le sorti dell'Italia sono intimamente correlate a quelle dell'Unione europea. Due destini che si uniscono.
Nel 2012 tutti noi abbiamo vinto il premio Nobel anche se forse non ce ne siamo pienamente accorti. L'Unione Europea è stata premiata per un'alchimia politica senza precedenti: la trasformazione delle macerie di un continente di guerra in uno spazio di pace. Allora i nemici decisero di vivere insieme. Dopo insieme abbiamo promosso la democrazia e riunificato il continente dalle ferite della cortina di ferro. Insieme abbiamo dato vita al mercato unico. Insieme abbiamo concepito la cooperazione allo sviluppo, di cui siamo leader al mondo. Insieme ai ragazzi partiti nel 1987 per il primo Erasmus, abbiamo scoperto di avere nuove case e nuove famiglie. E insieme, nella crisi, dobbiamo ripartire da alcune verità, perché della verità non bisogna mai avere paura.
Primo: il Nobel non è alla memoria. L'Europa non è il passato, è il viaggio nel quale ci siamo imbarcati per arrivare nel futuro. L'Europa è lo spazio politico con cui rilanciare la speranza che ha animato la nostra società nella ricostruzione del dopoguerra. È lo spazio politico con cui mettere fine a questa guerra di stereotipi, di sfiducia e di timidezza, mentre la tragedia della disoccupazione giovanile mette un'intera generazione in trincea. L'Europa esiste solo al presente e al futuro, solo se alla storia scritta dai nonni e dai padri si affiancano le azioni dei figli e dei nipoti.
Secondo: l'Europa è il nostro viaggio. La sua storia non è scritta malgrado noi. È scritta da noi. L'orizzonte è europeo, con le università che devono diplomare laureati in grado di lavorare ovunque in Europa, e le imprese che devono inventare prodotti che siano competitivi a livello continentale se non globale. Pensare l'Italia senza l'Europa è la vera limitazione della nostra sovranità, perché porta alla svalutazione più pericolosa, quella di noi stessi. Vivere in questo secolo vuol dire non separare le domande italiane e le risposte europee, nella lotta alla disoccupazione e alla disuguaglianza, nella difesa e nella promozione di tutti i diritti. E soprattutto, l'abbattimento dei muri tra il Nord e il Sud del continente, così come tra il Nord e il Sud dell'Italia.
Terzo: il porto a cui il nostro viaggio è rivolto sono gli Stati Uniti d'Europa e la nostra nave si chiama democrazia. Guardiamo con ammirazione lo sviluppo delle altre nazioni, in particolare in Asia e in Africa, ma non vogliamo sognare i sogni degli altri. Abbiamo il diritto a sogno che si chiama Unione Politica e abbiamo il dovere di renderlo più chiaro. Possiamo avere «più Europa» soltanto con «più democrazia»: con partiti europei, con l'elezione diretta del Presidente della Commissione, con un bilancio coraggioso e concreto come devono essere i sogni che vogliono diventare realtà.
L'Italia vive in un mondo sempre più grande, caratterizzato dall'arrivo sulla scena di nuove potenze emergenti che stanno modificando gli equilibri mondiali. Di fronte a giganti come Cina, India e Brasile, i singoli Stati europei non possono che sviluppare una politica comune per raggiungere la massa critica necessaria ad interagire con questi nuovi attori e influire sui processi globali.
Questo significa un rinnovato impegno per una politica estera e di difesa comuni, tese a rinnovare l'impegno per il consolidamento dell'ordine internazionale, un impegno che vede le nostre Forze Armate in prima linea, con una professionalità e un'abnegazione seconda a nessuno. Lavoreremo per trovare una soluzione equa e rapida alla dolorosa vicenda dei due Fucilieri di Marina trattenuti in India, che ne consenta il legittimo rientro in Italia nel più breve tempo possibile.
L'Italia è saldamente collocata nel campo occidentale, ma la sua posizione geopolitica proiettata verso altre civiltà, la sua cultura abituata al dialogo e la sua economia vocata all'esportazione possono consegnarle un ruolo di ponte tra l'Occidente e le nuove potenze emergenti.
Questo è importante soprattutto nel Mediterraneo, dove il consolidamento delle primavere arabe, la risoluzione politica della crisi in Siria e la prosecuzione del processo di pace in Medio Oriente sono le questioni più urgenti.
CONCLUSIONE
In questi giorni ho pensato al personaggio biblico di Davide.
Come lui, con lui, siamo nella valle di Elah, in attesa di affrontare Golia.
Nella valle delle nostre paure di fronte a sfide che appaiono gigantesche. Anche la sfida di metterci insieme per affrontarle. Come Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell'armatura che in questi anni abbiamo indossato e che ora ci appesantirebbero.
Davide "prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese in mano la fionda e si avvicinò a Golia". Noi, dal "torrente" delle idee sulle quali ci siamo confrontati abbiamo scelto i nostri "ciottoli", le nostre proposte di programma. La "fionda" l'abbiamo in mano insieme, governo e Parlamento. Ma di Davide ci servono il coraggio e la fiducia. Il coraggio di mettere da parte quella "prudenza politica" che spinge a evitare il confronto con le nostre paure, a rimanere nella valle e, se proprio decidiamo di muoverci, a farlo con indosso l'armatura. Il coraggio di affrontare la sfida liberandoci dell'armatura, forse lo abbiamo trovato. La fiducia è quella che chiediamo al Parlamento e agli italiani.

29 aprile 2013

IL VOTO DI MATURITA' CONCORRE AL PUNTEGGIO DEI TEST UNIVERSITARI


UDU E RETE SU NUMERO CHIUSO: IL DM 

PROFUMO SUI TEST D’INGRESSO CONFERMA IL 

DELIRIO DEL MINISTRO

http://www.unionedegliuniversitari.it/udu-e-rete-su-numero-chiuso-il-dm-profumo-sui-test-dingresso-conferma-il-delirio-del-ministro/

QUEST’ANNO ANCORA NUOVE DISCRIMINAZIONI E OSTACOLI AGGIUNTIVI PER GLI STUDENTI/ UDU E RETE ANNUNCIANO RICORSI E MOBILITAZIONI

E’ da poco uscito il DM 334 che disciplina le modalità e i contenuti delle prove di ammissione per le facoltà a numero chiuso disciplinate a livello nazionale ovvero medicina e odontoiatria, veterinaria, architettura e professioni sanitarie.
Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell’UDU, commenta:” il Ministro Profumo sferra un altro attacco agli studenti. Dopo aver anticipato le date dei test d’ingresso a luglio, mettendo in grave difficoltà gli studenti maturandi, con questo decreto continua ad ostacolare l’accesso all’università per gli studenti.”
“ Quest’anno infatti”, continua Orezzi, “ la valutazione del punteggio finale sarà data non soltanto dall’esito del test ma anche dal voto di maturità, che sarà preso in considerazione dagli 80/100 in su e peserà ben 10 punti sui 100 totali. Questo è un gravissimo fattore discriminante tra gli studenti. Pensiamo che ora come ora in un punto solo possono esserci anche centinaio di studenti, come e’ possibile che ci possa essere un gradino di tale spessore che vada a rivoluzionare completamente le classifiche senza nessun appiglio logico?
Il percorso scolastico è caratterizzato da tanti fattori differenti che spesso condizionano il voto finale; per non considerare il fatto che, purtroppo, a causa di una normativa scolastica da riformare, molto spesso il voto di una scuola non è corrispondente allo stesso voto di un altro istituto. Inoltre è assurdo pregiudicare l’accesso all’università ad uno studente che magari non ha avuto una carriera scolastica brillante, ma che sarebbe verosimilmente un bravo studente universitario e un ottimo professionista in futuro.”
“La riduzione dei posti disponibili è un altro fattore discriminante. Con la sempre più in crescita fuga dei cervelli dal nostro Paese, con gli ospedali sempre con meno copertura di medici rispetto al fabbisogno necessario, è assurdo ridurre ulteriormente i posti disponibili e il decreto di Profumo mette nero su bianco la grossolanità del Ministero nel decidere quanti posti dovessero essere messi a disposizione per i nostri ragazzi.”
Prosegue Orezzi:” inoltre, l’adozione della graduatoria nazionale rappresenta un passo avanti per una valutazione unica e più omogenea della prova d’ammissione, ma rimane fattore discriminante per la mobilità degli studenti. In un Paese come il nostro  in cui i tagli al diritto allo studio e alle borse di studio sono all’ordine del giorno, la mobilità degli studenti è pressoché nulla e tutto grava sulle spalle delle famiglie che molto spesso non riescono a sostenerne i costi, costringendo gli studenti a rinunciare al proprio futuro.”
“ Rimane anche la soglia minima dei 20 punti anche per gli studenti extracomunitari. Nonostante le statistiche dimostrino il bassissimo numero di studenti stranieri nei nostri atenei, e nonostante lo stesso Ministro abbia più volte sottolineato l’importanza di incentivarne l’ingresso, continua questa soglia di sbarramento occlusiva per gli studenti stranieri.”
Conclude Orezzi: “ il Ministro Profumo, anche se dimissionario, continua a distruggere il sistema universitario. Riteniamo che questo decreto leda gravemente il diritto allo studio e attacchi ancora una volta la nostra Costituzione; con questo nuovo decreto solo chi avrà preso voti altissimi alla maturità potrà sperare di concorrere per una manciata di posti. Il sistema per come è congeniato è incostituzionale, così come è incostituzionale il Decreto di Profumo. Per questo motivo l’UdU con il patrocinio legale dell’Avv. Michele Bonetti inoltrerà un ricorso collettivo con richiesta di rimettere nuovamente gli atti alla Corte Costituzionale
Daniele Lanni, Portavoce Nazionale della Rete degli Studenti Medi commenta: “Il voto dell’esame di maturità è inattendibile e falsato da mille fattori, come si può pensare che possa incidere sull’accesso all’università? Il principio dovrebbe essere quello di abbattere le barriere e elminare le disuguaglianze per permettere a tutti di studiare e non l’esatto opposto. Il Ministro Profumo invece di pensare ai test d’ingresso universitari, creando ancora nuovi problemi, causando sempre maggiori difficoltà agli studenti, e calpestando ancora una volta il diritto allo studio, pensi a prendere una posizione netta in merito alle scuole che utilizzano i test d’ingresso alle scuole superiori. Gli studenti sono pronti a mobilitarsi.”

Alfano,da Letta musica per mie orecchie

Accolti molti dei valori per cui ci siamo battuti

29 aprile, 16:54
Alfano,da Letta musica per mie orecchie
(ANSA) - ROMA, 29 APR - La prima parte del discorso di Enrico Letta ''e' stata musica per le nostre orecchie''. Lo ha detto il segretario Pdl Angelino Alfano uscendo dall'Aula. ''Tanti dei valori per i quali ci siamo battuti non solo sono stati accolti ma hanno trovato piena cittadinanza''.

'Stop dell'Imu a giugno e no a aumento Iva. Lavoro priorita' assoluta. Riforme o voto'

'Si vince o si perde tutti insieme. Finanziamento pubblico dei partiti va rivoluzionato. Risolveremo nodo esodati. Allo studio reddito minimo. Elezioni, stop col 'Porcellum''

29 aprile, 18:52
Letta (d) e Alfano(ANSA) Il neopresidente del Consiglio Enrico Letta ha presentato il suo programma. L'Imu, l'Iva, il lavoro, le riforme, i giovani, la crescita sono nella sua agenda.

Quando il presidente del Consiglio Enrico ha terminato il suo discorso tutti i deputati degli schieramenti che sostengono il governo, soprattutto Pd e Pdl, si sono alzati in piedi per battere le mani. Sono restati invece immobili al proprio banco i parlamentari del Movimento 5 Stelle, quelli di Sel e parte dei parlamentari del Carroccio. Subito dopo l'applauso, il primo a congratularsi con Enrico Letta, andando ai banchi del governo a stringergli la mano, è stato Beppe Fioroni.

IIn corso la discussione generale. Dalle 20 circa l'appello nominale e il voto di fiducia che arriverà dopo le 21.

Il premier Letta sara' domani 30 aprile a Berlino dalla cancelliera Angela Merkel. Letta sara' ricevuto con gli onori militari. Dopo il saluto alle 17.30, e' previsto un un colloquio in un piccolo gruppo, e una conferenza stampa alle 18. E giovedì prossimo il premier sarà a Bruxelles, dove incontrerà il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso "a colazione".

LETTA, SUPERARE SISTEMA IMU, DA GIUGNO STOP PAGAMENTI - Bisogna "superare l'attuale sistema sulla tassazione" per la prima casa "intanto da subito con lo stop sui pagamenti di giugno" per permettere al Parlamento di attuare una "riforma complessiva" del sistema di imposte. Lo ha detto il premier Enrico Letta nel discorso a Montecitorio.

Quella che viviamo e' una delle ''stagioni piu' complesse e dolorose'' della storia repubblicana.

''Di fronte all' emergenza il Presidente della Repubblica ci ha chiesto volonta' di servizio e senso di responsabilita' che ci ha concesso l'ultima opportunita' degni del ruolo che ci da la Costituzione''. Lo afferma il premier Enrico Letta nel suo intervento alla Camera.

''La prima verita' e' che la situazione economica dell'Italia e' ancora grave, il debito pubblico grava come una macina sulle generazioni presenti e future, il grande sforzo di Monti e' stata la premessa della crescita''.

"Si vince o si perde tutti insieme".

"Vogliamo ridurre le tasse sul lavoro: quello stabile, quello sui giovani e sui neo assunti".

Il governo ritiene il lavoro una priorità assoluta per bloccare l'incubo dell'impoverimento. Lo afferma Enrico Letta nel suo intervento programmatico sottolineando che non basta solo il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga.

Bisogna lavorare per arrivare ad una "rinuncia dell'inasprimento dell'Iva".

"Si potranno studiare forme di reddito minimo per le famiglie bisognose con figli piccoli e proposte di incentivi con part time misti e con la staffetta per la parallela assunzione di giovani".

''Il sistema'' di finanziamento pubblico dei partici ''va rivoluzionato'', partendo dalla abolizione della legge in vigore. Allo stesso tempo e' pero' importante ''attuare quella democrazia interna ai partiti'' prevista dalla Costituzione.

Per ridare credibilità alla politica "bisogna ricominciare con la decenza, la sobrietà, lo scrupolo e la banalità della gestione del padre di famiglia. Ognuno deve fare la sua parte e a questo fine il primo atto del governo sarà eliminare lo stipendio dei ministri parlamentari che esiste da sempre in aggiunta alla loro indennità". Così Enrico Letta nel suo intervento alla Camera.

 ''Nelle sedi europee individueremo le strategie per arrivare alla crescita senza compromettere il risanamento della finanza pubblica, l'Ue e' in crisi di legittimita' proprio quando i cittadini ne hanno bisogno''.

''Parlero' con il linguaggio sovversivo della verita' per avere le spalle larghe e solide per reggere e far fronte al giudizio de parlamento''. Lo ha affermato Enrico Letta nel suo intervento programmatico alla Camera.

Enrico Letta ribadisce, nel suo intervento programmatico, la scelta europea ed europeista del suo governo è annuncia a breve la vista a Bruxelles ed in altre capitali europee.

''La riduzione fiscale senza indebitamento sara' un obiettivo continuo e a tutto campo'' di questo governo.

"Bisogna ridurre le restrizioni ai contratti a termine, aiuteremo le imprese ad assumere giovani a tempo indeterminato in una politica generale di riduzione del costo del lavoro. Non bastano gli incentivi monetari".

''Basta sacrifici per i soliti noti: questo significa ferrea lotta all'evasione, ma senza che la parola Equitalia faccia venire i brividi alla gente''.

"Ho pensato molto al personaggio biblico di Davide nella valle delle nostre paura davanti al Golia di sfide gigantesche". E' la metafora che usa il premier Enrico Letta invitando a "spogliarci della spada e del"armatura che ci appensantirebbero. Ci servono il coraggio di mettere da parte prudenza politica e la fiducia".

"La legge elettorale è legata alla forma di governo, ma dobbiamo qui assumere l'impegno che quella dello scorso febbraio è stata ultima consultazione elettorale con la legge vigente".

"La Convenzione deve avviare i lavori sulla base degli atti di indirizzo del parlamento. L'unico sbocco possibile è il successo. Tra 18 mesi verificherò se il progetto delle riforme si avvia verso un porto sicuro. Se invece si impantana tutto ne trarrò le conseguenze".

ALFANO,DA LETTA MUSICA PER NOSTRE ORECCHIE  - La prima parte del discorso di Enrico Letta "é stata musica per le nostre orecchie". Lo ha detto il segretario Pdl Angelino Alfano uscendo dall'Aula. "Tanti dei valori per i quali ci siamo battuti non solo sono stati accolti ma hanno trovato piena cittadinanza".

BERSANI,CI SONO LE CONDIZIONI PER AIUTARE IL GOVERNO - ''Mi pare che ci siano le condizioni perche' il voto di fiducia non sia solo formale a l'intenzione di aiutare tutti quanti il governo a camminare di fronte ai problemi enormi che ha il Paese''. Cosi' Pier Luigi Bersani apprezza ''l'impostazione giusta'' del discorso del premier Enrico Letta.

MARONI, BENE LETTA SU SENATO REGIONI - "Bene Letta anche su Senato delle Regioni e riforma federale da attuare con la Convenzione entro 18 mesi. La Lega sarà protagonista": lo scrive Roberto Maroni su twitter. 
M5S CONTRO LETTA E ALFANO, CAOS AULA
 - M5S contro il governo ma soprattutto contro Enrico Letta e Angelino Alfano. A parlare nel corso del dibattito in Aula alla Camera è il grillino Andrea Colletti, che accusa il governo di essere "una mano di vernice su un muro irrimediabilmente rovinato dalla muffa" e poi attacca la scelta di Alfano al ministero dell'Interno richiamando la "trattativa stato mafia e il bavaglio alla magistratura" e il rapporto di parentela tra Enrico Letta e lo zio Gianni, esempio di "intreccio familistico". Parole che generano il caos. L'intervento del deputato grillino Colletti viene accolto da diverse proteste di Pd e Pdl, che richiamano il regolamento di Montecitorio e rimproverano al vicepresidente di Montecitorio, il cinque stelle Luigi Di Maio che stava presiedendo la seduta, di non essere stato imparziale come avrebbe dovuto.

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