giovedì 17 ottobre 2013

PD: finalmente il congresso o semplici primarie?

Il centrosinistra non guarda la realtà

Il Pd non affronta i problemi interni ma ratifica le primarie dell'8 Dicembre

Dopo liti interne, scontri su come, dove e quando il congresso si sarebbe dovuto svolgere, il Partito Democratico alla fine ha scelto le regole e la data per giungere alla resa dei conti. Prima i congressi provinciali e dei circoli, poi quelli regionali fino all'assemblea nazionale per poi arrivare in fine alle primarie per scegliere il segretario l'8 Dicembre. Analizzando affondo ciò che sta accadendo, si può vedere ben chiara una dura verità, cioè che non si parla davvero di congresso ma di primarie aperte. Infatti la prima crepa nel progetto democratico è palese e sotto gli occhi di tutti, ovvero nella scelta delle regole per eleggere i candidati all'assemblea nazionale, poiché sarà utilizzato lo stesso metodo del tanto odiato porcellum, cioè liste bloccate associate ai candidati; ancora una volta vi è un problema di coerenza tra ciò che si vorrebbe fare e ciò che invece si fa. In virtù di questo meccanismo l'assemblea nazionale perde importanza e valore, in quanto dovrà solamente ratificare ciò che decreteranno le primarie per segretario. Ciò comporta l'assenza di discussione su quei temi che un congresso degno di tale nome dovrebbe affrontare. Prima di tutto è essenziale affrontare il problema della sconfitta elettorale, domandarsi perché si è fallito, trovare le cause, interrogarsi su cosa e come cambiare per tornare a essere competitivi; quali sono stati i problemi di comunicazione, perché si è rotto il contatto con il paese reale, perché la base e i militanti sono insorti, quali problemi attanagliano un' organizzazione che è presente sul territorio ma solo in via ufficiale con sedi su sedi, circoli su circoli, ma mai l'ombra di un dibattito costruttivo sul territorio promosso dal partito, che a livello locale, si districa nella lotta interna. Come nel caso siciliano lo scontro tra i vecchi di rifypd (Cracolici, Lupo, Cuperliani) e i nuovi con in alto la bandiera di Renzi (Ferrandelli, Faraone) i quali non hanno ancora fatto comprendere le loro posizioni sui temi promossi dal sindaco (come il presidenzialismo), ma solamente il loro sostegno in quanto Matteo è un mezzo non un fine; motivo per il quale anche Crocetta sta meditando il passaggio in questa area per eliminare i vecchi dirigenti, colpevoli della mancata fiducia all'ars e dell'ultimatum sul Megafono. Il dibattito è quindi tutto nelle mani dei 4 candidati: Cuperlo, Renzi, Pittella, Civati (in ordine di lista). Se i 4 sfidanti non promuoveranno un dibattito che affronti i temi importanti del Paese ma anche la struttura partito, allora le primarie costituiranno solamente il modo per scegliere il miglior candidato e non per scegliere il metodo, il progetto con cui cambiare il partito per giungere successivamente al governo. Quale posizione deve avere il Pd su temi quali: eutanasia, istruzione, economia reale, giustizia sociale, immigrazione, integrazione, ecc. Non basta dichiararsi sfavorevoli all'amnistia come ha da poco fatto Renzi o controbattere, come fatto da Civati, che nel 2005 il sindaco di Firenze aveva un'idea diversa. Bisogna discutere su come il Partito Democratico vuole affrontare il tema delle carceri, se crede che bisogna investire nella costruzione di nuovi centri o se bisogna puntare sulla rieducazione e riqualificazione del detenuto. Se ancora una volta il dibattito sarà sulle persone allora si è già fallito.
Per fare un confronto con due dei più importanti congressi politici della storia della politica italiana, ovvero il diciannovesimo e ventesimo congresso del partito comunista italiano che decretarono il passaggio in "partito dei democratici di sinistra", ciò che sta preparando il Partito Democratico risulta molto blando. Infatti lo scontro all'interno dei comunisti italiani non riguardava nomi o persone, si trattava di abbandonare il nome comunisti per arrivare ad una nuova strada, per non essere schiacciati dalle macerie del muro di Berlino. Tutto ciò provocò nei congressi dei circoli un travaglio immenso nelle famiglie, tra i compagni, con rottura di legami personali per le posizioni diverse tra il si e il no al cambio di nome. Successivamente durante l'assemblea nazionale le diverse aree e anime del Pci si affrontarono; non correnti ma aree di pensiero, come i miglioristi e riformisti rappresentati da Napolitano, i quarantenni figli dell'era Berlinguer (D'Alema, Fassino, Veltroni), i comunisti fieri e avversi al cambio di rotta rappresentati da Ingrao. Il tema era dove dovesse andare il Pci all'indomani del crollo del comunismo. Vinse il si, in questo modo la sinistra si preparava in prospettiva a guidare il governo, a raggiungere l'unità della sinistra con il partito socialista di Craxi, all'entrata nell'Internazionale socialista, un passaggio verso posizioni socialdemocratiche e laburiste. Molto di tutto ciò non si verificò, e a distanza di più di 20 anni si può finalmente affermare che lì sono iniziati gli errori della sinistra; ciò non vuol dire che sarebbe stato giusto mantenere il termine comunista, l'errore non sta nella scelta dei caratteri ideologici, su quale strada seguire; l'errore sta tutto nella fase successiva al passaggio verso la socialdemocrazia; qui iniziarono i giochi di potere interne, le lotte tra i dirigenti, le correnti, la mancanza di ideali comuni, l'arrivo a un pluralismo democratico che ha prodotto conflitto e personalismo anziché sintesi di pensieri diversi per il conseguimento di un obbiettivo comune per il cambiamento ed il miglioramento della società.

Giorgio Mineo




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