martedì 1 settembre 2015

I tanti modi di essere laburisti

Dalla Corbyn-mania agli incubi di Blair

Due mondi ormai distanti bisognosi di un collegamento

Da mesi un personaggio si rigira nel letto, non riesce a prender sonno, paure e incubi glielo impediscono e lo costringono all'insonnia. Almeno questo è quello che immaginiamo riguardo alle condizioni del tre volte Primo Ministro britannico Tony Blair nelle ultime settimane. Ma quale potrebbe essere la ragione di un tale malessere, o sopratutto chi è a procurarglielo? L'origine della sua insonnia è dovuta al suo anziano compagno di partito Jeremy Corbyn, candidatosi alle primarie per la leadership del partito e in testa ai sondaggi. La prospettiva che questo anziano membro della politica britannica vesta concretamente i panni di segretario laburista, hanno spinto l'ex premier a innumerevoli interventi pubblici e ha infiammato la sua penna nella stesura di lunghe lettere di critica.

La distanza tra le parti

Tony Blair afferma che la vittoria di Corbyn porterebbe ad un ulteriore disastro, dopo la debacle elettorale di Ed Miliband nei mesi scorsi. Corbyn sarebbe un revival politico, con un programma elettorale identico a quello laburista negli anni ottanta con il quale perdeva ad ogni elezione. No austerity, nazionalizzazione di energia e ferrovie, uscita unilaterale dalla Nato, euroscetticismo. Elementi insensati secondo Blair, che definisce il tutto come il paese delle meraviglie. Dall'altra sponda, i sostenitori di Corbyn godono nel sentire le sfuriate del loro ex Primo Ministro. Le prendono come la dimostrazione di essere dalla parte giusta, la vera sinistra che si appresta a ripulire il paese dall'ingiustizia e dalla povertà. Questo perché per una grossa fetta dei cittadini britannici Tony Blair è stato un sogno tradito, un illusione, la rappresentazione della sinistra svendutasi al mercato per ottenere potere e denaro, voltando le spalle ai deboli. Stessa avversione, ma in termini differenti, è nel bagaglio dei sostenitori di Blair e dei suoi successori morali come la candidata alle primarie Liz Kendall. Queste persone vedono Corbyn e il suo seguito come degli stupidi, ingabbiati nell'ideologia e destinati alla sconfitta. Si polarizzano così due schieramenti contrapposti, destinati a combattersi fino all'estinzione del più debole. In questo campo di battaglia la ragione scompare sotto i colpi delle due parti, e il dibattito si inasprisce senza generare concrete soluzioni e alimentando l'incomunicabilità. Si rende quindi necessario, ai fini di un più sano confronto e di una migliore programmazione politica, costruire un ponte tra questi due mondi ormai lontani, attraverso un passo indietro delle parti in favore di una migliore comprensione del fenomeno al quale si contrappongono.

Ricollegare mente e cuore 

Corbyn rappresenta quella risposta al dilagare delle disuguaglianze e della povertà che attacca le contraddizioni e i limiti della società in nome della giustizia sociale. Ma allo stesso tempo una proposta è latente o almeno incompleta. Nazionalizzare energia e trasporti sembra una politica di sinistra (quella vera dicono) perché guarda al bene comune, ai cittadini e combatte il profitto privato. Ma per farlo quanto denaro occorrerebbe? Migliorerebbe il servizio? Abbasserebbe i prezzi? Risposte a tali quesiti non sono arrivate da Corbyn. Se non si dimostrerà che tale intervento sia un miglioramento delle condizioni dei cittadini allora non ha senso perpetrarla, a meno che non si voglia seguire un illusione o una una posizione ideologica. Quindi Corbyn sarebbe più a sinistra anche se i prezzi aumentassero e i servizi peggiorassero andando a discapito della gente comune; per non parlare dell'esplosione del debito pubblico necessario a finanziare l'impresa. Il punto quindi non è che con tali posizioni si perdono le elezioni, bisogna invece chiedersi: queste politiche sono realizzabili e migliorerebbero il Paese? Allo stesso modo sotto la bandiera di Blair vi sono innumerevoli problemi. Vero è che non si può e non si deve buttare via l'intera eredità di quella lunga stagione al Governo (1997-2010). Vero è che per cambiare le cose bisogna governare e quindi vincere le elezioni, ma non si può esser ciechi di fronte a quell'urlo che arriva con forza dalla società, a quel sentimento che anima i sostenitori di Corbyn. Come si affronta la crescita delle disuguaglianze, come si affronta il potere crescente della finanza e delle multinazionali, come si migliorano le condizioni dei lavoratori in un mondo diverso dal passato. E' necessario, per il bene del partito laburista e per il Regno Unito intero, che i due schieramenti si parlino, si confrontino, imparino l'uno dall'altro. Servono insieme ragione e sentimento, un piano concreto per lo sviluppo e uno per renderlo equo lottando contro l'ingiustizia della società. Una visione di sinistra nel mondo che cambia e che risponda alle sfide del nostro secolo. Solo così il Labour tornerà a vincere e a trasformare in meglio la società.

Giorgio Mineo 

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