domenica 3 agosto 2014

L'eredità di Keynes

Investimenti e supporto statale, la soluzione è sempre esistita

Paul Krugman e il suo monito ai governi, "Dedicato ai disoccupati che meritano di meglio"

Paul Krugman Premio Nobel per l'economia nel 2008
Un incubo che non ha mai fine, un tunnel buio senza uscita, ogni speranza spazzata via dalla cinica realtà. Tutto questo potrebbe essere riassunto in un singolo essere, la crisi economica. Se davvero fosse così, allora perché andare avanti? Non c'è soluzione, non c'è speranza, rassegnamoci, la crisi è più grande di noi. Sbagliato! L'uomo è sempre stato in grado di sopravvivere a qualunque ostacolo, di rialzarsi dopo la caduta, di immaginare nuove soluzioni, di evolversi e migliorarsi, facendo grandi cose, puntando in alto. Forse oggi abbiamo solo dimenticato tutto questo, abbiamo dimenticato lo spirito che da sempre ci ha contraddistinto, abbiamo dimenticato l'eredità dei nostri avi; alcune volte per andare avanti bisogna guardarsi alle spalle e sapere chi si è stati. Guardando al passato possiamo comprendere come la crisi economica iniziata nel 2008 non sia un essere mostruoso e imbattibile, non è un evento naturale e inevitabile come molti esperti vogliono farci credere. La crisi come l'economia è solo un prodotto umano con regole create da noi stessi, abbiamo solo perso il controllo e pertanto bisogna immediatamente riprendere in mano la creatura da noi creata. Deve tornare il primato della politica sull'economia, bisogna compiere delle scelte e non restare a guardare, per riappropriarci del nostro futuro. La soluzione non è lontana, anzi esiste già, ed è stata trovata da uno dei più (se non il più) grandi economisti della storia, John Maynard Keynes. Oggi la sua eredità sembrava essere scomparsa, con governi tecnici e politici imprigionati dalla paura, immobili sulla strada dell'austerità e riduzione del debito. Il pensiero di Keynes non è però defunto, grazie a una fronda di economisti (ora in aumento visto l'evidente fallimento dell'austerità) neo-keynesiani guidati dal celebre economista Paul Krugman, Premio Nobel per l'economia nel 2008. 
Nel suo libro "Fuori da questa crisi, adesso" del 2012, il professor Krugman svela le menzogne del debito pubblico, del deficit e del "laissez faire". La soluzione, come detto, esiste già ed è rappresentata dal finanziamento statale volto a riconvertire il ciclo economico negativo. Analizziamo ora nel dettaglio i punti finora espressi e dimostriamo la loro validità. Partiamo dalla prima constatazione compiuta dall'economista: vi è una sostanziale inerzia della politica, che non sembra trovare la determinazione, la forza, la fantasia per mettere in campo misure che determinino un inversione di tendenza, quasi accettando l'assioma che non resti altro che attendere la fisiologica evoluzione di un ciclo economico. La politica ha ignorato la tesi principale di Keynes secondo la quale l'austerità va praticata nelle fasi di espansione, non in quelle di crisi. Il governo dovrebbe spendere di più, non di meno, fino al momento in cui il settore privato non sarà nuovamente in grado di rilanciare l'economia. Al contrario l'austerità non fa altro che distruggere posti di lavoro. Senza questo intervento crollano i consumi, la produzione e si genera un incremento esponenziale della disoccupazione, soprattutto quella giovanile. I grandi esperti dell'ideologia economica egemone affermano invece che ciò non è auspicabile, in quanto bisogna avere una visione a lungo termine e attendere anziché aumentare debito e deficit nel breve. Questo è un grave errore al quale obbiettava già John Maynard Keynes:<<Questo lungo termine è una guida fallace per gli affari correnti. Nel lungo termine saremo tutti morti. Gli economisti si danno un compito troppo facile e troppo inutile se nelle stagioni tempestose sono in grado di dirci soltanto che quando la tempesta è passata da un pezzo il mare torna calmo>>. Ed aggiunge:<< Concentrarsi sul lungo termine significa ignorare l'enorme sofferenza che sta causando l'attuale depressione, le vite che sta distruggendo irreparabilmente>>.
John Maynard Keynes
Secondo Krugman un altro errore è dovuto allo spostamento d'attenzione, da parte dei governi, dalla disoccupazione al debito pubblico e al deficit di bilancio. Se il danno provocato dalla mancanza dei posti di lavoro è reale e gravissimo, non si può dire altrettanto del danno provocato dal deficit. Il punto fondamentale è che non conta l'entità del debito, 60-100-200% del Pil, ma la sua sostenibilità. Lo dimostra il Giappone, Paese nel quale il debito pubblico si attesta intorno al 236% del Pil e con un deficit al 10%, che ha optato per una espansione della spesa pubblica stanziando 170 miliardi di euro in un programma finalizzato a incentivi per investimenti in tecnologie avanzate, energia e ambiente, welfare, sostegno alle imprese, ricostruzione infrastrutturale post-tsunami, sicurezza anti-sismica. La sostenibilità del debito è quindi  fondamentale per non essere vulnerabili alle speculazioni finanziarie, questo è il motivo per cui Paesi come Italia, Grecia, Spagna sono più a rischio di Stati Uniti e Giappone. Ciò è dovuto all'assenza di una moneta sovrana con la quale è possibile comprare il proprio debito. Con questo non si vuole auspicare al ritorno ad una moneta sovrana poiché debito e deficit rimarrebbero insostenibili; la soluzione risiede nella riforma della Banca Centrale Europea in maniera tale che essa possa comprare i titoli di stato e quindi il debito dei Paesi UE, come la Federal Reserve negli Stati Uniti, sostenendo la spesa e innalzando l'inflazione al 4% per rilanciare consumi, investimenti e posti di lavoro. Arriviamo ora alla menzogna dell'austerità. Essa è una politica economica volta a ricreare la fiducia degli investitori, con tagli e diminuzione dei debiti per dimostrare la sostenibilità delle finanze pubbliche. In questo modo si innesca un circolo vizioso che produce effetti contrari a quelli prospettati. In un clima già privo di fiducia, dovuto alla crisi, l'austerità non produce investimenti poiché famiglie e imprese tendono al risparmio per paura di perdere il patrimonio nel corso della crisi e senza un incentivo questa paura non può mutare e la scelta più ragionevole rimarrebbe il risparmio. In questo modo crollano i consumi e di conseguenza la produzione, generando disoccupazione e impoverimento; lo Stato tagliando le spese per diminuire il debito contribuisce paradossalmente a farlo aumentare, poiché le sue entrate sono inferiori e la crisi economica non fa che aggravarsi, insomma un cane che si morde la coda. Tale tesi non viene volutamente accettata dalle alte sfere perché una politica monetaria espansiva manterrebbe i tassi di interesse al minimo e ridurrebbe gli introiti bancari e della finanza, la quale ha ormai un'egemonia non solo economica ma anche politica, impedendo una equa distribuzione della ricchezza. Ripartire dagli investimenti, questa l'eredità di Keynes che i suoi successori come Paul Krugman cercano di far rivivere. Non si può voltar le spalle alla sofferenza generata dalla crisi, alle disuguaglianze e alle ingiustizie; la soluzione a tutto questo è sempre esistita. E' necessaria solo la volontà di applicarla, per costruire il nostro futuro e tornare a puntare in alto.

Giorgio Mineo          

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