venerdì 23 gennaio 2015

Lotta alle disuguaglianze

Obama sfida i ricchi in nome della giustizia sociale

"Non possiamo accettare un'economia che dia vantaggi enormi solo a pochi"

Rieccolo all'attacco, l'anatra zoppa continua l'offensiva ai Repubblicani con il semplice pilastro ormai dimenticato della socialdemocrazia: la redistribuzione della ricchezza. Il Presidente Obama è riuscito nei suoi due mandati Presidenziali a far uscire gli Stati Uniti dalla crisi, ha sfidato le ricette dell'austerità (come non ha fatto l'Europa) attraverso un piano di investimenti pubblici di keynesiana memoria. Oggi gli Stati Uniti continuano a crescere , otto milioni di posti di lavoro creati negli ultimi 5 anni, la disoccupazione più bassa da 6, ma qualcosa ancora non funziona. <<Non possiamo accettare un'economia che dia vantaggi enormi solo a pochi, ma bisogna impegnarsi per un'economia che generi un aumento dei redditi e delle possibilità per tutti>> queste le parole di Obama alla conferenza annuale sullo stato dell'Unione. Il problema centrale insito nel corso (comunque positivo) degli Stati Uniti è che, nonostante la forte ripresa, siano aumentate le disuguaglianze. Infatti i lavoratori riassorbiti dopo la crisi hanno assistito al calare del proprio salario a fronte di maggiori ore di lavoro, e la classe media ha continuato a impoverirsi senza essere partecipe della nuova rinascita a stelle e strisce. Grandi imprese, finanza e banca hanno invece continuato a veder aumentare i propri introiti a discapito dei cittadini e la forbice delle disuguaglianze ha continuato ad espandersi. Sempre maggiori moniti in tal senso arrivano dagli economisti, prima Krugman e Stiglitz e ora Piketty, economista francese che nella sua opera il Capitale nel ventunesimo secolo delinea una realtà oscura e ingiusta in cui sempre meno persone possiedono la ricchezza più ampia.

L'ultima analisi dell'Oxfam afferma che nel 2016 l'1% della popolazione mondiale sarà più ricco del restante 99%. Con scenari così disastrosi Barack Obama ha deciso in questi giorni di lanciare la sua risposta in nome della giustizia sociale. Il piano prevede introiti per 320 miliardi di dollari in 10 anni (circa 27 miliardi di euro l'anno) da utilizzare per finanziare scuola, sanità pubblica più sgravi e aiuti fiscali a famiglie e lavoratori. Si avrà: 1) l'aumento, dal 23 al 28 per cento, della tassa sui dividendi e <<capital gain>> di chi ha un reddito superiore al mezzo milione di dollari l'anno; 2) l'estensione del prelievo fiscale ai <<trust>> che oggi vengono usati dalle famiglie più facoltose per trasmettere la loro ricchezza agli eredi evitando ogni tributo; 3) un maggior prelievo su banche e finanziarie di grandi dimensioni (oltre 50 miliardi di dollari di patrimonio) concepito in modo da colpire chi fa un ricorso maggiore all'indebitamento. Con la manovra sarà reso gratuito il "Community College" per i primi 2 anni, saranno aumentati i crediti fiscali per le famiglie, aspettativa pagata per i padri e sarà aumentato di 3 mila dollari il contributo annuo erogato per ogni figlio fino all'età di 5 anni. "La crisi e' superata. L'America e' risorta dalla recessione". Barack Obama lo scandisce a chiare lettere nel suo sesto discorso sullo stato dell'Unione e annuncia: "E' ora di voltare pagina" e di "aprire un nuovo capitolo". Perché vinta la sfida più difficile, per il presidente americano e' necessario che tutti godano della ripresa, a partire dalla classe media che più ha sofferto negli ultimi anni. Difficilmente i Repubblicani lasceranno la strada spianata al Presidente e tenteranno di bloccare la manovra come l'anno precedente fecero, con successo, con l'aumento del salario minimo da 7 a 10 dollari l'ora. Il Presidente ha lanciato la sua sfida e non ha alcuna intenzione di indietreggiare. Non ha più ne il Congresso ne il Senato, ora Repubblicani, ma l'anatra zoppa, anziché rimanere in un angolo ad aspettare la fine, si rialza e con determinazione vuole agire.  Essendo il suo ultimo mandato, Obama non ha nulla da perdere ed è intenzionato a lasciare il suo segno nella storia.

Giorgio Mineo 

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