sabato 7 marzo 2015

BIRDMAN: LA REGIA, LA MUSICA, LA TECNICA.



Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza)





Spesso non è la regia ciò che la maggior parte del pubblico nota in un film. Si guarda agli attori, si segue la storia. Non sempre, in fondo, la regia deve essere protagonista o estremamente significativa, ma a volte, per necessità, per scelta o per mancanza di abilità, si limita ad essere "operaia". In Birdman è impossibile per chiunque non notare la regia di Iñárritu : l’idea è quella di usare la tecnica del piano sequenza, in cui l’azione, anziché essere ripresa e suddivisa in diversi quadri, si svolge con continuità, senza stacchi di montaggio (anche se qui sono utilizzati alcuni "trucchi", come il ciclo notte/giorno). La particolarità del film è che tale idea si protrae per tutta la pellicola, con la macchina da presa che di volta in volta segue i diversi attori, spostandosi fluidamente dall’uno all’altro e gestendo meravigliosamente lo scorrere del tempo.




Tuttavia anche la storia in sé non è certamente di secondo piano: un attore di Hollywood in disgrazia, Riggan Thomson, divenuto famoso più di vent’anni prima per aver interpretato il supereroe Birdman, cerca di rifarsi un nome e di ricostruirsi una dignità artistica dirigendo ed interpretando un dramma teatrale.

Dovrà destreggiarsi nel caos delle anteprime, fra un attore incontrollabile e una figlia in disintossicazione, tormentato dalla costante voce del suo alter ego Birdman e dalla paura del giudizio della più spietata critica teatrale newyorchese. Iñárritu tratta tutti allo stesso modo e non risparmia frecciate allo star system hollywoodiano, all’industria dei moderni blockbusters ed alla presunta autorità della critica. In ogni personaggio, si leggono stereotipi e maschere quasi pirandelliane: da Edward Norton/Mike Shiner, attore sopra le righe capace di esprimersi veramente solo sulla scena e che "recita" continuamente la propria vita reale; ad Emma Stone/Sam, figlia di Riggan che cerca di cucirsi addosso una maschera di invisibilità quando invece è costantemente presente in mezzo agli altri attori del teatro.
Lo stesso protagonista è di per sé una maschera, un ego smisurato a caccia di una notorietà perduta fra l’indifferenza del mondo che invece lo vuole ricordare solo come "Birdman". E l’attore perfetto per questo ruolo non poteva che essere Michael Keaton: inizialmente specializzato in ruoli da commedia, divenuto famoso negli anni ’90 proprio per essere stato uno dei primi supereroi cinematografici nel Batman di Tim Burton.

Ironia a parte, Iñárritu ha dichiarato che ha in realtà scelto Keaton per la sua capacità, essenziale per il ruolo, di saper interpretare agilmente sia la commedia sia il dramma, utilizzando una grande varietà di toni.

 
Per la seconda, il regista si affida ad un batterista messicano, Antonio Sánchez, che crea un costante accompagnamento jazz formidabile, comparendo spesso anche fisicamente fra le scene. Tuttavia, fra i vari riconoscimenti che Birdman ha ricevuto, (4 Oscar, fra cui migliore regia e miglior film, 2 Golden Globe ed un Premio BAFTA alla fotografia), manca l’Oscar alla colonna sonora per cui non è stato neppure nominato a causa di un clamoroso disguido con l’Academy, che non considera valide colonne sonore in cui le tracce sono mischiate a quelle di altri artisti.




In conclusione non posso che dire che è sicuramente uno dei migliori film dell’anno e mi ha decisamente spinto ad approfondire il resto della produzione di Iñárritu, di cui avevo già sentito decantare le lodi in passato. Non posso che aggiungermi a coloro che hanno elogiato quest’opera, e invito chiunque l’abbia sfortunatamente persa a recuperarla.
                                                                                                                           Gabriele Vannini Parenti



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