mercoledì 25 febbraio 2015

Podemos: genesi della rivolta

Dal movimento al partito, la nuova sinistra che rompe gli schemi


Pablo Iglesias Turriòn leader di Podemos
Populisti, qualunquisti, comunisti, fascisti, questi alcuni dei termini usati dalla vecchia politica spagnola per descrivere il loro incubo peggiore, Podemos. Il partito è stato fondato il 17 gennaio 2014, erede politico degli indignados, in qualche mese è stato capace di ottenere 5 seggi all'europarlamento con l'8% dei voti. Oggi Podemos oscilla tra il 23% e il 25% divenendo il secondo partito spagnolo,  ma è in crescita giorno dopo giorno a differenza dei suoi avversari in pieno affanno quali PP (Partito Popolare al governo con Rajoy) 27% e PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo, opposizione) tra 21% e 18%. Il fenomeno Podemos sta sbaragliando in brevissimo tempo tutte le oligarchie politiche, catalizzando il malcontento e offrendo una nuova alternativa all'austerità e al neoliberismo; parole d'ordine sono sovranità, democrazia e solidarietà. Si comprende già ora che in futuro (elezioni a dicembre) toccherà alla neonata formazione e al suo esuberante leader e fondatore Pablo Iglesias governare la Spagna. Per queste ragioni è importante analizzare il fenomeno: la sua genesi, le sue evoluzioni, il programma, l'ideologia, la vena populistica e le innovazioni del web.

Indignados 

Era il 2011, l'anno della svolta, l'anno della rivolta, l'anno degli indignati. La crisi economica era iniziata nel 2008, portando con se fallimenti disperazione e povertà. In Spagna fu l'esplosione della bolla edilizia a causare i danni maggiori, gettando su una strada la povera gente. Iniziano le proteste e la mobilitazione per il diritto alla casa, ma esse si intrecciano in un percorso più largo e partecipato. Il movimento si inserisce in quella protesta globale contro il potere e il neoliberismo, come era stata Occupy Wall Street o la rivolta in Grecia. Il popolo in marcia che reclama democrazia e giustizia sociale. La novità che fa comprendere maggiormente il nuovo disagio sociale è rappresentata dalla modalità della protesta. Non più marce e manifestazioni che a fine giornata cessano di esistere, si sceglie invece un altra via, ovvero il presidio di piazze e luoghi strategici. Inizia così l'acampada o riconquista dello spazio pubblico. L'intento è organizzare un assedio allo Stato, occupando piazze per poi passare alla costruzione di un luogo centrale stabile in cui i contestatori possano stabilirsi in maniera essenzialmente pacifica e continuare a restare fino al momento in cui le loro richieste saranno soddisfatte. L'indignazione è diffusa e trasversale, permea diverse fasce della popolazione, non importa essere di sinistra o di destra, questa è la marcia della rabbia contro il potere e le oligarchie, il popolo contro i tiranni. In risposta alla mobilitazione il governo del PP di Rajoy schiera le forze dell'ordine optando per la repressione forzata e lo sgombero delle piazze. 

Gli errori della politica

La rivolta non è solo dovuta allo scoppiare della crisi economica e al dilagare della povertà, un importante contributo è arrivato soprattutto dalla classe dirigente degli ultimi anni. Il sistema politico spagnolo si basa sull'alternanza tra socialisti e popolari, partiti che hanno sempre catalizzato ciascuno il 40% dell'elettorato. Gli ultimi governi, Zapatero a sinistra prima e Rajoy a destra dopo, hanno lasciato alla popolazione l'idea che l'alternativa di governo non sia reale e che PP e PSOE siano in realtà due facce di una stessa medaglia, segnati da un neoliberismo "hard" il primo ed uno "soft" il secondo. Ma la più grande macchia ed anche il maggiore spot elettorale per Podemos è l'incessante dilagare della corruzione in entrambi i partiti ed in ogni sfera istituzionale. E' lampante l'affresco consegnato al popolo con la foto di gruppo del governo Aznar del PP nel 2002, in cui su 16 persone immortalate, 12 hanno oggi seri problemi con la giustizia. Ma no ci si ferma qui, le indagini, gli arresti e i processi non segnano solo i due partiti del bipolarismo PP e PSOE, ma anche i sindacati maggioritari e i partiti minori come il post-comunista Izquierda Unida. Di fronte al crescere di disoccupazione e disperazione lo spettacolo offerto dalle istituzioni è trasmesso da dietro le sbarre.
La Marcia del Cambiamento, 31 Gennaio 2015 comizio Podemos

L'intuizione

Novembre 2013, un giovedì, molto freddo, una piccola libreria di Madrid si riempie di una trentina di persone. Perché si trovano lì? Chi li ha raccolti? Ma ovviamente l'esuberante Pablo Iglesias. Il giovane ha 36 anni, un passato nella gioventù comunista e un presente segnato da talk show politici. La sua figura pubblica nasce nella televisione in cui si impone come conduttore e opinionista. Forte e deciso, esuberante e un po' sbruffone ribatte sempre punto su punto grazie alla sua parlantina capace di innervosire anche gli interlocutori più navigati; il suo segno distintivo è il codino che gli ha consegnato il soprannome di "el coleta". Iglesias è conscio che i tempi sono cambiati, che il sistema sta crollando su se stesso creando uno spazio politico, uno spazio che bisogna colmare, serve qualcosa che catalizzi la rabbia e la trasformi in speranza, in cambiamento, in alternativa politica. Podemos si genera nel momento di massima  crisi della politica e si configura come il più grande atto di insubordinazione a chi pensava di ricattare il paese con la paura della crisi. Podemos non è la diretta emanazione degli indignados ma senza di essi non sarebbe mai nato, e la stessa cosa può dirsi del suo leader Iglesias senza il quale niente sarebbe stato possibile. El coleta riunisce a se i suoi contatti costruiti durante il periodo delle proteste per costruire il nuovo partito. Il punto è sfidare l'austerità, la precarietà, riappropriarsi della sovranità contro la troika, restaurare la democrazia. Il programma è chiaramente di sinistra con obbiettivi in favore del sindacato, del reddito di cittadinanza, per non parlare dell'abbassamento dell'età pensionabile e dell'orario di lavoro, e l'aumento delle tasse sui capitali. Iglesias è però consapevole che per vincere serve di più, serve essere maggioranza e non costruire steccati; bisogna essere aperti, chiunque deve poter votare Podemos. Per questo il partito si definisce né di destra né di sinistra, scelta di marketing per non identificarsi con una delle attuali formazioni. Iglesias, da animale politico qual'è, costruisce ad hoc l'immagine pubblica del partito, nei primi mesi emanazione diretta della sua persona. Retorica anti-casta, populista, di rottura, di ribellione contro un sistema ingiusto. L'intuizione è che oggi lo schema da seguire per vincere è basso contro alto, popolo contro oligarchia, il 99% della popolazione contro l'1%. Grazie alla massiccia presenza in televisione ed alla comunicazione politica congegnata ad arte, Podemos alle europee conquista 5 seggi e l'8% dei voti a pochi mesi dalla fondazione, ma la gente non vota il partito, non vota gli indignati, vota Pablo Iglesias.

L'organizzazione

Per designare i candidati alle europee si è optato per le primarie online, con le quali è stato possibile eleggere nel sito, e poi anche all'europarlamento, Pablo Echenique, costretto sulla sedia a rotelle dalla distrofia muscolare. Potevano votare tutti coloro che si fossero iscritti al sito fino al momento prima la votazione; voto quindi aperto a chiunque senza limitazioni. Il congresso vero e proprio avviene tra il 15 settembre e il 15 novembre, due mesi ricolmi di assemblee e dibattiti. In poco tempo Podemos ha collegato sul territorio tutte quelle realtà connesse alla stagione degli indignados: movimenti popolari, collettivi studenteschi, orti urbani, centri di eco-scambio ecc. In questo modo ha costituito una pesante presenza sul territorio con la creazione di innumerevoli circoli. Essi hanno prodotto più di 80 proposte sull'organizzazione del partito, collegati ad una delle due liste, la prima di Iglesias "Claro que podemos" e la seconda "Sumando Podemos". Qui inizia il vero scontro in cui risulta lampante l'egemonia culturale di Iglesias. El coleta vuole una organizzazione leggera, un partito liquido in cui chiunque possa iscriversi al sito e votare tutte le mozioni indistintamente; inoltre vi dovrà essere un unico segretario che guidi il tutto. L'altra mozione congressuale vuole invece un partito pesante, strutturato sul territorio, in cui sia dato più peso ai circoli differenziandoli, anche a livello di potere decisionale, dai semplici iscritti al sito; si chiede inoltre un nuovo tipo di vertice, più democratico con tre portavoce. Iglesias controbatterà a quest'ultimo punto affermando che l'obbiettivo è vincere e contro il Presidente Rajoy tre portavoce  non possono, ma uno solo si (lui ovviamente). Non c'è partita, la lista (bloccata tra l'altro) vincente è quella di Iglesias con l'80%  (90 mila voti). Il leader costruirà la segreteria e i vertici territoriali attraverso primarie online. 

Il futuro

L'obbiettivo di Podemos è realizzare un utopia di sinistra, innumerevoli sono i richiami alle esperienze socialiste sudamericane come il chavismo e il bolivarismo. Tutto mascherato in tv dalla scelta di marketing politico, dichiaratamente populista. Ma attenzione Podemos non è semplicemente il Movimento 5 Stelle spagnolo, vi sono delle similitudini ma maggiori sono le divergenze. Il programma è sicuramente di sinistra, il sito è gestito da una società esterna e non è di Iglesias come invece avviene con Grillo in Italia, Podemos è un partito con il suo congresso il suo segretario e i suoi dirigenti eletti; Iglesias ha oggi l'egemonia sul partito ma un domani, quando la sua luce si affievolirà, potrà essere scalzato. Senza di lui non ci sarebbe Podemos, ma dopo di lui Podemos rimarrà. In Europa si è scelto di sedere nel Gue (la Sinistra Europea) e il parente e alleato politico è Syriza guidata da Tsipras in Grecia. Presto Podemos dovrà fare i conti con la responsabilità di governare, le promesse e gli impegni spesso demagogici dovranno fare i conti con la realtà, come purtroppo le sta facendo il nuovo governo greco di Alexis Tsipras. Un ulteriore rischio è che Podemos sia solo una meteora, cresciuta a dismisura in breve tempo potrà un domani spegnersi alla stessa velocità. Quando si arriverà al governo bisognerà cambiare carta di identità, da partito di rivolta a partito di governo, e tutte le contraddizioni rischiano di esplodere. Con chiunque che da un giorno all'altro può iscriversi al sito e modificare la linea politica del partito, cosa accadrà quando si sarà maggioranza? Quando inizieranno le infiltrazioni, quando bisognerà prendere una scelta chiara evitando giochi retorici, cosa accadrà? Come sempre al tempo l'ardua sentenza. Oggi possiamo dire che nonostante le contraddizioni, Podemos è una risposta democratica di sinistra alla crisi, contro l'austerità e l'oppressione della troika, un partito capace di rimettere in moto pensieri e ideologie, sfidando le statuarie posizioni della sinistra governativa dei socialisti europei, per riscoprire solidarietà e giustizia sociale. 

Giorgio Mineo

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