lunedì 10 giugno 2013

LA QUESTIONE MORALE, BERLINGUER E LA PARTITOCRAZIA

 
A 32 ANNI DALL'INTERVISTA DI SCALFARI AL SEGRETARIO DEL PCI BERLINGUER, UNA CHIAVE DI LETTURA PER LA CRISI DEI PARTITI DI OGGI


 
Il 28 luglio del 1981 Eugenio Scalfari intervistava Enrico Berlinguer ed era lungi dal pensare che le sue domande, e in maggior misura le risposte, avrebbero avuto il peso storico che oggi viene loro attribuito.
Ma che anno è il 1981 ? Siamo all'inizio dei "ruggenti" e fecondi anni '80 che ancora risentono delle svolte epocali dei referendum del 1974 sul divorzio e del 1981 sull'aborto, ma anche dei cosiddetti "anni di piombo" (dal 1969 al 1980), inoltre bisogna considerare che il PCI, nella fattispecie, capeggiato da Berlinguer era reduce dagli esperimenti del "compromesso storico" del 1973 e del "governo di solidarietà nazionale" del 1978. Gli anni '80 sono contrassegnati dall'ascesa di Bettino Craxi, che non lesinava mai critiche al PCI, dalla progressiva e temporanea ripresa dell'Italia sul piano economico, che la collocherà al 5° posto nella classifica dei paesi più industrializzati al mondo, dalla continua lotta Stato-Cosa Nostra, nonostante le ingerenze di quest'ultima negli apparati statali, e soprattutto dalla ripresa del partito comunista che aveva migliorato nettamente i risultati alle urne.
" «I partiti non fanno più politica» mi dice Enrico Berlinguer, e ha una piega amara sulla bocca e, nella voce, come un velo di rimpianto...". Questa è l'impressione di Scalfari che rimane sbigottito, visto che in televisione e sui giornali lo spazio era interamente dedicato alla politica, ma questo non importa, perché, per Berlinguer, "I partiti non fanno più politica". Qual è il significato di questa pungente e amara affermazione ? Ce lo spiega lui stesso: " I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente; idee, ideali, programmi pochi o vaghi; sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune." e ancora "Sono macchine di potere che si muovono soltanto quando è in gioco il potere".
Inutile precisare che oggi la situazione non è per nulla mutata, anzi è persino peggiorata, perciò, a buon diritto, Berlinguer ritiene che i partiti occupino in maniera eccessivamente pervasiva ogni struttura pubblica, per esempio gli enti locali e di previdenza, le banche (Monte dei Paschi docet), le aziende pubbliche, gli istituti culturali, le università, gli ospedali, la Rai tv e alcuni grandi giornali che non nascondono di essere totalmente di parte, proponendosi come strumenti di propaganda politica. 
Ancora Berlinguer tornerà sul tema della morale, infatti la problematica della degenerazione dei partiti non è posta più, come avviene anche oggi di consueto, solo in termini di diritto, nel senso che le storture che i partiti causavano (e causano) nella concezione del metodo di governo, del rapporto con i cittadini e della condotta morale erano ritenute esclusiva competenza della magistratura che da sola doveva occuparsi di vigilare su di esse. Berlinguer pone la "questione morale", per riprendere l'intervista, e non la "questione legale", guardando la problematica da un punto di vista differente, più strettamente legato alla responsabilità dei partiti e ad una soluzione etica che imperniasse nuovamente la politica partitica sul perseguimento del bene comune.
"La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, secondo noi comunisti, fa tutt'uno con l'occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle correnti, fa tutt' uno con la guerra per bande, fa tutt' uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati."
In un secondo momento Scalfari chiede a Berlinguer quale sia la causa della "questione morale" che, secondo il segretario del PCI, è da identificarsi con la discriminazione verso il partito comunista, avversato da un linciaggio continuo della Democrazia Cristiana che, nella seconda metà del '900, gli riserverà al massimo la possibilità del "compromesso storico" e del "governo di solidarietà nazionale", sempre in una posizione di netto svantaggio.
Ma torniamo alla sopra citata "discriminazione", Berlinguer critica il cosiddetto "preambolo", ovvero la preclusione dal governo perpetrata dalla Dc a danno del PCI, ma anche la demonizzazione del comunismo che è stata propinata agli italiani: "E' la questione morale che oggi divora la Dc, come divora le istituzioni. E, andando più al fondo, è l'insuperata discriminazione contro di noi, sulla quale ha finora retto il sistema politico e di potere della Dc, che oggi si sgretola...".
Berlinguer ribadisce le diversità che hanno contraddistinto il PCI fino a quel momento: la svolta democratica, il cui obiettivo era di valorizzare al massimo la Costituzione, rendendola un retroterra comune a tutti gli scontri ideologici che in quegli anni non avevano esitato a sacrificare il messaggio della Carta, e il contatto con il "sottoproletariato" di emarginati e indigenti che sempre di più veniva trascurato dalle politiche dei partiti.
"I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ho detto che i partiti hanno degenerato, quale più quale meno, da questa funzione costituzionale loro propria, recando così danni gravissimi allo Stato e a se stessi. Ebbene, il Partito comunista italiano non li ha seguiti in questa degenerazione.". E' importante sottolineare che il mutamento radicale di linea (democratica) impresso da Berlinguer al partito è propugnato non senza frequenti dissidi, vista anche la sua novità, inoltre aggiunge di voler "costruire su un socialismo reale", senza l'etichetta della socialdemocrazia. 
Inutile dire che queste diversità sono del tutto estranee al PD, la "nuova sinistra", che si trova sempre più invischiata in scandali finanziari o di altro genere e che dovrebbe imparare dalla storia, invece di pensare ai propri privilegi di casta.
Infine Scalfari chiede a Berlinguer: "Debbo riconoscere, signor segretario, che in gran parte è un quadro realistico (in riferimento all'invasione delle strutture pubbliche da parte dei partiti). Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono ?"
Secondo Berlinguer, gli italiani si accorgono del "mercimonio che si fa dello Stato", ma gran parte di loro è sotto ricatto, tuttavia, volendo attualizzare, è vero che la maggior parte di loro è ricattata dal sistema, ma è inutile sottovalutare l'assenza di consistenti movimenti di protesta o di iniziative di contestazione pubblica a livello nazionale che estrinsechino l'indignazione verso una ghettizzazione dei partiti e una crisi morale insostenibili. Si manifesta in tutta la sua forza una completa inattività della società civile e le reazioni sono diverse: chi ritiene che nulla possa cambiare, chi si adegua, chi vorrebbe cambiare lo status quo sebbene rimanga sempre deluso e inibito da un sistema fondamentalmente chiuso, chi sceglie la strada dell'opportunismo e della corruzione tutelando esclusivamente i propri interessi e chi sceglie l'indifferenza e la disinformazione, ottundendosi la mente con fiction squallide e vizi vari quali il fumo e l'alcol. Non resta che appellarsi alla storia nella speranza che un giorno l'ordine precostituito delle cose possa essere sconvolto. 
 
 
 
 
                                                                                                                               Ugo Giarratano
 
 
 
 
 
 
     

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