giovedì 8 agosto 2013


IL PROCESSO


di Franz Kafka


"L'unica cosa giusta è quella di contentarsi della situazione esistente. Anche se fosse possibile migliorare alcuni particolari - ma è un pregiudizio insensato -, nella migliore delle ipotesi si potrebbe ottenere qualcosa per casi futuri, mentre si danneggia se stessi smisuratamente perché si è attirata la particolare attenzione della burocrazia, sempre vendicativa. Mai attirare l'attenzione! Starsene tranquilli, anche se si va contro ragione ! Cercare di capire che questo grande organismo in un certo senso resta sempre in sospeso e che, se si muta qualcosa in modo autonomo, ci si scava il terreno sotto i piedi e si rischia di precipitare, mentre il grande organismo anche per il piccolo incomodo trova facilmente la soluzione - poiché tutto è collegato - e resta immutato, quando non diventa, ciò che è probabile, ancora più chiuso, ancora più attento, ancora più forte, ancora più malvagio."


Un procuratore che lavora in banca, una persona come tutte le altre, e il processo. Un binomio indissolubile attraverso il quale si può leggere questa storia tanto angosciosa, quanto familiare.

La storia inizia una mattina come tutte le altre, quando Josef K., un impiegato in banca, viene sorpreso a letto, nel suo appartamento in affitto, da 2 guardie che gli comunicano che è in arresto. Josef K. rimane attonito dinanzi ad un evento del genere, soprattutto perché le 2 guardie sono entrate nel suo appartamento senza una mandato e senza la cognizione dell'accusa. Il romanzo prosegue descrivendo gli eventi che portano Josef dapprima in un grigio e ambiguo tribunale, poi dalla sua vicina e dall'avvocato Huld, fino alla sua misteriosa fine.
"Qualcuno doveva aver diffamato Josef K. perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato."

Il romanzo sicuramente si presta a una miriade di interpretazioni per la sua complessità e il suo carattere di indefinitezza e ambivalenza, tuttavia si può individuare un nucleo centrale di significato: Kafka vuole rendere letterariamente la condizione alienante dell'uomo del suo tempo, assimilabile alla nostra, che si caratterizza per l'incapacità e l'impossibilità di avere piena e vera consapevolezza e conoscenza del meccanismo di potere e di razionale organizzazione che si cela dietro le nostre vite quotidiane e le mistificazioni di cui esso si serve. All'inizio del romanzo viene subito chiarito che Josef è innocente, in 2 righe, pertanto Kafka non vuole raccontare un giallo, sarebbe riduttivo intenderlo in questo modo, bensì vuole sottolineare come nella nostra società si possa essere oggetto di eventi al di fuori della nostra portata e cognizione che regolano la nostra vita, senza che noi ce ne avvediamo. Josef è indignato sin dall'inizio da quell' aggressione, tuttavia mantiene la calma e, dopo aver appreso che può recarsi regolarmente a lavoro, si accinge a imbastire una difesa, il suo atteggiamento dinanzi alla sventura che lo coinvolge è di aperta ribellione, però è importante notare come la sua vigorosa opposizione perda progressivamente determinazione. Josef rimane sempre frustrato dall' impossibilità di capire i meccanismi del processo, si sente impotente e questo suo senso di oppressione e annichilimento promana verso l'ambiente circostante, come si nota nella scena degli uffici del tribunale in cui ha un capogiro perché gli manca l'aria per il caldo asfissiante.

Verso la seconda metà del romanzo già si avvertono la sua incosciente sfiducia e la sua rassegnata prostrazione al processo, sempre più chiaro nella sua ineluttabilità. Josef è un borghese, un inetto, una rotella nell'imponente meccanismo della "Legge", la sua monotona esistenza viene turbata all'improvviso da un evento che assume i contorni sfumati di un processo alla sua fedeltà al sistema: si vuole verificare che Josef sia ad esso prono, infatti non è un caso che il pittore Titorelli e l'avvocato Huld si preoccupino di precisare che chi si uniforma ai meccanismi e ai metodi d'azione prescritti dal processo ha la possibilità di incorrere in un' "assoluzione fittizia" o in un "differimento" (mai un' "assoluzione effettiva"). In altre parole, può essergli risparmiata la condanna, per il suo rifiuto di adattarsi passivamente, permettendogli di condurre una vita anonima e "tranquilla", seppur controllata da un processo costante ed eterno che agisce come un'eminenza grigia, al fine di obbligare l' "imputato", ancor prima che "persona", ad essere "diligente", "muto", impaurito come l'uomo che Josef incontra agli uffici e che non ha il coraggio di rispondergli, perché non vuole tradire il processo, o remissivo e servile come il commerciante Block che è costretto a baciare le mani del suo avvocato Huld, pur di usufruire dei suoi servigi.

Josef, verso la fine del romanzo, mostra disinteresse verso il processo, trascura volutamente chi gli vuole offrire "aiuto", per cui è spesso assente nelle discussioni del suo avvocato Huld col cancelliere capo e lo zio e lascia trapelare una voluta repellenza e uno stanco distacco nei confronti delle sue vicende giudiziarie, sembra continuare a vivere come se non fosse accaduto nulla. Quando il pittore Titorelli gli confida che il processo è destinato a non terminare mai, Josef ha già deciso: vuole lasciarsi trasportare dagli eventi fino alla tragica fine.

L'ambiente descritto da Kafka è indefinito, sfumato nei suoi tratti, silente e squallido. La desolante e anonima struttura del tribunale, grigio e impossibile da trovare, riflette il carattere del sistema e lo stato d'animo di chi vi lavora dentro, negli uffici collocati nel solaio, in un ambiente angusto e poco areato in cui si assembrano, seduti su delle panche, tutti gli imputati in attesa di novità riguardo al loro processo. Il processo è ovunque: nelle orecchie degli impiegati della banca che sentono e ascoltano tutto e dalle quali Josef rifugge per poter parlare in privato con suo zio, negli occhi dei vicini di Josef che si affacciano dalle finestre del loro palazzo prospiciente per poter vedere cosa sta succedendo in casa sua, nello zio di Josef che non vuole intaccare "il buon nome" della famiglia, nei commissari della banca, sempre vigili, negli avvocati che sanno di tutti i processi, persino nelle bambine che abitano nel palazzo di Titorelli e origliano dietro la porta il suo discorso con Josef K.

L'ultimo elemento degno di nota è il racconto del prete riguardo al custode e all'uomo. Si narra infatti di un custode, che sta sempre a controllare la porta dietro la quale si staglia il mondo della "Legge",  che un giorno incontra un uomo che chiede di entrare e al quale viene sempre risposto che non è il momento adatto. Alla fine l'uomo muore senza aver avuto la possibilità di entrare.
"Dal momento che il portone della Legge è aperto come sempre e che il custode si fa da parte, l'uomo si china per guardare all'interno attraverso il portone. Quando il custode se ne accorge, ride e dice: 'Se ti alletta tanto, prova pure ad entrare nonostante il mio divieto. Ma bada: io sono potente. E sono solo il custode di grado più basso.' "


"Der Prozess" ("Il processo") non è solo un'invenzione letteraria, anzi è qualcosa di molto reale, infatti  siamo tutti coinvolti, anche il "custode", che è invischiato, se vogliamo, in misura maggiore rispetto all'uomo. Quello infatti dichiara di non essere riuscito, una volta varcata quella porta, a superare il terzo custode di grado superiore: chi gestisce, a qualsiasi livello nella gerarchia burocratica, la macchina processuale, come il custode, è altrettanto all'oscuro del fulcro del sistema cui tutto fa capo. I promotori di quest'immenso e complesso organismo che si identifica con la nostra società, dalla più piccola unità (città) alla più grande (comunità internazionali e transnazionali, mondiali), sono ignoti e operano nel buio. Siamo 7 miliardi circa sulla terra, abbiamo sempre meno spazio d'azione e di pensiero, basta un elemento perturbante nel sistema e subito questo si mette in allerta per sopprimerlo.  Potrebbe finire ad ognuno di noi come Josef K.: borghese, solerte lavoratore, vita abitudinaria, eppure subito accantonato dal suo collega, il vicedirettore, pronto a mettere in ombra i suoi passati successi per via del suo processo, emblema di un sistema che ti isola se non sei funzionale al Tutto.

Ugo Giarratano

"Il tribunale non vuole nulla da te. Ti accetta quando vieni e ti lascia andare quando vai."

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